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La Stampa Rassegna Stampa
30.05.2018 Da Gaza pioggia di missili su Israele, che risponde all'attacco dei terroristi
Commento di Giordano Stabile + i titoli che disinformano

Testata: La Stampa
Data: 30 maggio 2018
Pagina: 17
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Pioggia di razzi e raid. A Gaza è scontro a jihadisti e Israele»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/05/2018, a pag. 17, con il titolo "Pioggia di razzi e raid. A Gaza è scontro a jihadisti e Israele", il commento di Giordano Stabile.

A destra: terroristi di Hamas sparano missili contro Israele

L'OSSERVATORE ROMANO/RAMALLAH NEWS titola a pag. 1 "Si riaccende la tensione tra Israele e la Striscia di Gaza". Secondo OR la responsabile delle violenze terroristiche è la "tensione" che, da sola, "si riaccende". Ancora una volta, la menzogna omissiva nasconde le azioni dei terroristi di Hamas.

Il MANIFESTO titola invece, a pag. 9, "Gaza sull'orlo di un nuovo conflitto". E poi spiega, nel catenaccio: "Spirale di attacchi del Jihad islamico dopo l'uccisione di tre militanti e pesanti rappresaglie di Israele". Anche se nel linguaggio fazioso e sempre contro Israele del quotidiano comunista, si capisce che la tensione e le violenze hanno preso il via con gli attacchi dei terroristi arabi palestinesi. A leggere il solo titolo, invece, il lettore pensa ai gazawi come alle solite "povere vittime di Israele".

Perfino Avvenire e Fatto Quotidiano, oggi, fanno meglio, titolando rispettivamente: "Gaza: Razzi iraniani su Israele" e "Gaza-Israele: razzi e raid. Resta soltanto la guerra".

Ecco l'articolo di Giordano Stabile:

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Giordano Stabile

Il più intenso lancio di colpi di mortaio e razzi, e la più massiccia rappresaglia israeliana, «dal 2014». Al confine fra la Striscia di Gaza e Israele ieri si è combattuta una battaglia che ha rischiato di essere il preludio di una nuova offensiva come quella di quattro anni fa, che costò la vita a 2.300 palestinesi e 73 israeliani. Alla fine della giornata non si sono contate vittime, anche se ci sono stati numerosi feriti. L’Egitto ha ripreso la sua mediazione con le fazioni palestinesi e cercato di stoppare il botta e risposta. Ma la situazione resta in bilico e dalle manifestazioni al confine – con 112 palestinesi uccisi dal fuoco israeliano dal 30 marzo – si sta passando al confronto militare aperto.

Prima ancora dell’alba la Jihad islamica ha cominciato a prendere di mira le cittadine israeliane a ridosso della Striscia. Colpi di mitragliatrice verso Sderot, poi mortai in azione sulle località nel Negev: Eshkol, Shaar Hanegev e Sdot. Sei proiettili superano la barriera di difesa Iron Dome, forse perché diretti verso zone non abitate, ma uno finisce nel giardino di un asilo a Eshkol. È un attacco annunciato, perché già due giorni fa il gruppo islamista aveva minacciato ritorsioni per l’uccisione di tre suoi miliziani in un raid. Ma anche Hamas parla di risposta «all’aggressione israeliana».

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"I nuovi missili anti-balistici?"
"No, i nuovi missili anti-semiti!"



La reazione dell’aviazione israeliana è immediata. Gli F-16 colpiscono postazioni militari, depositi di munizioni, imbarcazioni, comandi della Jihad islamica, ma anche di Hamas. Il ministro della Difesa Avigdor Lieberman precisa che i gruppi jihadisti «hanno pagato un prezzo molto alto». Ma la battaglia non finisce lì. Nel primo pomeriggio partono nuove raffiche di mortai e razzi, le sirene suonano per mezz’ora filata in tutto il Sud di Israele, mentre le esplosioni dei proiettili intercettati dall’Iron Dome scuotono il cielo.

Alcuni colpi di mortaio oltrepassano la barriera e le schegge feriscono tre civili a Sderot, poi tre soldati al ridosso del confine, altre dieci persone sono ricoverate sotto choc. Parte la seconda ondata di cacciabombardieri. Vengono distrutti due «tunnel di Hamas» vicino al valico di Kerem Shalom e Rafah e colpiti «oltre 35 obiettivi». Un portavoce militare precisa che i razzi lanciati dalla Jihad islamica sono «made in Iran» e che quella «è un’organizzazione terroristica che ha radici nell’ideologia iraniana».

È l’Egitto invece a cercare di prevenire l’escalation. I suoi emissari, fanno sapere i palestinesi, sono in contatto con Hamas, la Jihad islamica e Israele.
A sera la battaglia aerea si placa ma la Marina israeliana intercetta un peschereccio che cercava di forzare il blocco per unirsi a una flottiglia internazionale ora al largo di Cipro. Diciassette attivisti vengono arrestati. È un nuovo fronte. Anche perché Israele teme infiltrazioni di commando a bordo di gommoni, come quello che nel 2014 riuscì quasi ad attaccare il kibbutz di Zikim. Da allora Hamas ha addestrato 1.500 combattenti delle sue «unità navali», tanto che Lieberman ha annunciato la costruzione di una «barriera sottomarina unica al mondo nel suo genere», dotata di sensori sofisticati per individuare ogni movimento sospetto.

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direttore@lastampa.it

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