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La Stampa Rassegna Stampa
21.05.2018 Malattia e ipocrisia di Abu Mazen
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 21 maggio 2018
Pagina: 12
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Terzo ricovero per Abu Mazen. Rischio islamista per i palestinesi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/05/2018, a pag. 12, con il titolo "Terzo ricovero per Abu Mazen. Rischio islamista per i palestinesi", il commento di Giordano Stabile.

Le condizioni di salute di Abu Mazen peggiorano e si avvicina il momento in cui sarà inevitabile una successione. Nel frattempo il "dittatore moderato" arabo palestinese si fa curare negli ospedali israeliani, i più efficienti del Medio Oriente, "dimenticando" - quando si tratta della propria pelle - di boicottare lo Stato ebraico.

Ecco l'articolo:

 

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Giordano Stabile

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Abu Mazen

Abu Mazen viene ricoverato per la terza volta in una settimana e la salute sempre più vacillante del leader palestinese rischia di innescare una nuova crisi in Medio Oriente. La successione alla carica di presidente è ancora tutta da definire e Israele teme l’ascesa di una leadership più radicale. L’82enne raiss è stato portato ieri in ospedale con una «febbre molto alta», dovuta a una infezione all’orecchio. Martedì aveva subito un piccolo intervento e venerdì era stato ricoverato per un controllo al cuore. Abu Mazen ha problemi cardiaci seri, è stato già sottoposto a una cateterizzazione nell’ottobre del 2016 per controllare la funzionalità del muscolo. A fine febbraio il presidente palestinese era stato ricoverato per alcune ore a Baltimora, durante la sua visita negli Stati Uniti. Gli attivisti palestinesi che si oppongono alla sua leadership sostengono che sia affetto da una malattia «grave», forse un «cancro al sistema digestivo», ma non ci sono conferme.

La variante decisiva
Secondo i servizi israeliani le condizioni di Abu Mazen sono comunque «in costante peggioramento da marzo». La sua salute è una variante politica decisiva, perché non c’è ancora un erede definito alla successione. Il mandato presidenziale è scaduto nel 2009. Nei Territori non si tengono elezioni generali dal 2006. I sondaggi non ufficiali danno Hamas in forte crescita in Cisgiordania, dove vivono 2,5 milioni di palestinesi, e in calo nella Striscia di Gaza, che ha 1,8 milioni di abitanti. Il rischio di una vittoria del movimento islamista non è quindi da escludere. Abu Mazen è finito nella bufera all’inizio di maggio, quando, durante il suo discorso al Consiglio nazionale palestinese (Pnc), ha indicato nelle «attività di usura» degli ebrei la causa della Shoah. Poi si è scusato ma il governo di Netanyahu lo ha accusato di antisemitismo. Nonostante alcuni passi falsi, però, l’erede di Arafat ha mantenuto la rotta lungo il percorso tracciato dagli accordi di Oslo ed è sempre stato ostile al rilancio della lotta armata.

Anche dopo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico da parte di Trump, il raiss ha preferito la via diplomatica e ha tenuto sotto controllo gli incidenti in Cisgiordania, mentre sulla frontiera fra Gaza e Israele ci sono stati oltre cento morti. Ora però dovrà dare indicazioni più chiare sulla sua successione. Dalla riunione del Pnc sono emersi soprattutto due nomi. Uno della vecchia guardia, il suo ex braccio destro Nabil Shaath, e uno della «nuova generazione», il 55enne Nasser al-Qudwa, nipote di Arafat e teorico di una «Intifada diplomatica» per arrivare all’indipendenza della Palestina.

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direttore@lastampa.it

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