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La Stampa Rassegna Stampa
10.05.2018 Islam in Italia: rifiuta il matrimonio imposto dai parenti, uccisa. Scontro di civiltà? Nooooo!
Cronaca di Federico Gervasoni

Testata: La Stampa
Data: 10 maggio 2018
Pagina: 16
Autore: Federico Gervasoni
Titolo: «L’autopsia in Pakistan: 'Sana è stata strangolata'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/05/2018 a pag.16 con il titolo "L’autopsia in Pakistan: 'Sana è stata strangolata' ", la cronaca di Federico Gervasoni.

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Sana Cheema

Sana Cheema non è morta per cause naturali. Ora non ci sono più dubbi. La conferma è giunta ieri mattina attraverso il rapporto dell’autopsia della 25enne italo-pachistana che da diversi anni viveva a Brescia. Il laboratorio forense indiano ha riscontrato fratture all’osso del collo compatibili con uno strangolamento.

Perfettamente integrata nel nostro Paese e cittadina italiana dallo scorso settembre, Sana aveva rifiutato un matrimonio combinato con un parente più grande e alcune ore prima del rientro in Italia previsto il 19 aprile era improvvisamente deceduta. Uccisa, seconda l’accusa, perché ribellatasi a una «regola» che in certi villaggi del Pakistan obbliga le ragazze a un amore imposto. I familiari hanno sempre sostenuto che il decesso fosse avvenuto per cause naturali, condizioni ritenute però dubbie e poco credibili sin da subito. Nel frattempo, sempre ieri, il papà di Sana, Ghulam Mustafa, il fratello Adnan e lo zio Mazhar Iqbal sono stati arrestati dalle forze dell’ordine pachistane poiché ritenuti responsabili della morte. Padre e fratello di Sana rischiano la pena di morte o l’ergastolo.

Fermati nelle scorse settimane dopo una prima scarcerazione, i tre si erano sempre difesi nonostante i gravi indizi di colpevolezza a loro carico. Il padre aveva consegnato documenti falsificati all’ambasciata italiana, nei quali si parlava di un presunto ricovero della figlia in ospedale per problemi di bassa pressione. Sana era stata inoltre seppellita dai parenti in tutta fretta e senza autorizzazione lontano da Mangowal nel distretto di Gujrat, villaggio d’origine della famiglia. «Siamo sconvolti, condanniamo l’atroce delitto», ha dichiarato Jabran Fazal, presidente dell’associazione culturale Pak di Brescia, che organizzerà una manifestazione in ricordo della giovane.

La notizia della morte violenta di Sana Cheema era stata riportata dal Giornale di Brescia il 21 aprile. Eppure, dopo lo sgomento iniziale, dal Pakistan erano arrivate versioni contrastanti che imputavano il decesso a un infarto. Di conseguenza, i famigliari erano stati liberati e ricevuti da alcune autorità politiche locali. Grazie però alla pressione mediatica e all’appello degli amici italiani della ragazza, a Islamabad è stata successivamente aperta un’inchiesta per far luce su quanto fosse realmente successo. L’esito di ieri ha portato inevitabilmente all’arresto dei tre sospetti.

Si tratterebbe perciò di un delitto d’onore, il cui triste epilogo riporta alla mente l’omicidio di Hina Saleem, anche lei pachistana, uccisa nell’agosto 2006 dai familiari a Ponte Zanano nel Bresciano. Sana Cheema era partita per il Paese d’origine a metà gennaio, accompagnata all’aeroporto di Malpensa dall’amico, italiano di seconda generazione che da diverso tempo frequentava. A Brescia ci era giunta nel 2003, abitando prima a Verolanuova nella Bassa Bresciana e poi in città nel quartiere Fiumicello. Insieme a lei i genitori e due fratelli più grandi. Negli scorsi mesi la famiglia si era spostata in Germania per motivi di lavoro, decisione non condivisa dalla ragazza che invece aveva continuato ad occuparsi di pratiche automobilistiche nella città d’adozione. Quello stesso luogo che oggi chiede fortemente il rientro della sua salma così da conferirle una degna sepoltura.

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