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La Stampa Rassegna Stampa
19.04.2018 Siria: una brigata arabo-sunnita per fermare le milizie sciite di Assad?
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 19 aprile 2018
Pagina: 12
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «L’ultima opzione contro Assad. Una brigata arabo-sunnita per fermare l’esercito del raiss»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/04/2018, a pag. 12, con il titolo "L’ultima opzione contro Assad. Una brigata arabo-sunnita per fermare l’esercito del raiss", il commento di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

America e Arabia Saudita preparano un’armata arabo-sunnita per contrastare le milizie sciite e impedire a Bashar al-Assad di riprendersi tutta la Siria, mentre l’esercito siriano si lancia alla conquista delle ultime sacche ribelli e spari misteriosi costringono gli ispettori dell’Opac a rinviare le indagini sull’attacco chimico a Douma. Ieri l’Onu ha rivelato che la sua squadra sulla sicurezza lunedì è finita sotto il fuoco mentre verificava le condizioni nel sobborgo della capitale, ripreso dai governativi pochi giorni fa. «Non ci sono stati feriti» ma l’episodio è destinato ad alimentare le tensioni e i sospetti fra Russia e le potenze occidentali che sabato hanno condotto raid per «punire» l’uso di armi proibite.

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Assad tinge di sangue la Siria

Una verifica da parte dell’Onu serve anche a dare legittimità all’azione di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. La «triplice alleanza» pensa anche a dare un seguito sul terreno al blitz missilistico. Washington vuole disimpegnarsi, senza però lasciare il campo libero a russi e iraniani. Ed è riemersa con forza l’ipotesi di un intervento militare dei Paesi del Golfo. Martedì è arrivata la conferma da parte del ministro degli Esteri di Riad Adel al-Jubeir. Sauditi e alleati sono disponibili e un loro contingente renderebbe possibile il ritiro delle truppe a stelle e strisce, magari entro quest’anno come vorrebbe Donald Trump.

Usa e Arabia Saudita hanno aggiornato un’idea soppesata fin dal 2015, quando l’intervento russo ha salvato il raiss. Alla fine Barack Obama scelse di appoggiare i guerriglieri curdi dello Ypg, in modo da fermare l’Isis ma senza rovesciare il regime. Come in una partita a scacchi, però, l’appoggio allo Ypg ha spinto la Turchia al fianco della Russia e dell’Iran. E ora Washington si trova davanti a un altro dilemma. Se lascia mano libera a Erdogan lo Ypg verrà distrutto e la Siria spartita fra le tre potenze del «patto di Astana». Se non cede deve restare in un angolo di Siria per anni. L’armata sunnita può risolvere il dilemma.

Già nel febbraio del 2016 l’Arabia Saudita aveva ammassato migliaia di uomini di 20 nazioni nell’esercitazione Tuono del Nord. Era l’abbozzo dell’alleanza che ha coinvolto Egitto e Pakistan e ha avuto il suo banco di prova nella guerra in Yemen, dando scarsa prova di sé. Un’operazione in Siria presenta molti più ostacoli legali e logistici. Si tratta di entrare nel territorio di uno Stato sovrano senza mandato Onu, in quanto la Russia porrà il veto. L’idea iniziale, nel 2015, era di un’offensiva dalla Giordania che avrebbe portato le truppe sunnite a congiungersi con i ribelli alla periferia di Damasco, in quella Ghouta orientale schiacciata da Assad proprio per evitare rischi di questo tipo. A completare l’opera di messa in sicurezza della capitale ieri l’esercito siriano ha lanciato l’assalto anche al campo di Yarmouk, controllato ancora dall’Isis, e all’enclave sui Monti Qalamoun.

Per «l’armata sunnita» ora l’unica via di accesso è attraverso l’Iraq, un Paese dove le milizie sciite hanno già minacciato azioni contro le truppe Usa. Teheran non intende arretrare. Ieri il presidente Hassan Rohani ha rilanciato il piano di riarmo, che prevede anche l’operatività del sistema anti-aereo S-300. Sistemi russi sono stati trasferiti anche dall’Iran alla Siria. Indiscrezioni israeliane hanno precisato che l’obiettivo del raid del 9 aprile sulla base T4 era anche una batteria anti-aerea Tor. Gli iraniani dispongono già di dozzine di batterie più piccole e c’è il sospetto che abbiamo partecipato all’abbattimento di un F-16 con la Stella di David lo scorso 10 febbraio.

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