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La Stampa Rassegna Stampa
27.03.2018 Parigi: altro musulmano che uccide 85enne sopravvissuta alla Shoah, pugnalata a morte e bruciata in casa
Cronache di Leonardo Martinelli, Paolo Levi

Testata: La Stampa
Data: 27 marzo 2018
Pagina: 16
Autore: Leonardo Martinelli - Paolo Levi
Titolo: «Parigi, reduce della Shoah bruciata in casa - Aggressioni e tombe profanate. La Francia nell’incubo antisemitismo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/03/2018, a pag. 16, con il titolo "Parigi, reduce della Shoah bruciata in casa", la cronaca di Leonardo Martinelli; con il titolo "Aggressioni e tombe profanate. La Francia nell’incubo antisemitismo", la cronaca di Paolo Levi.

Ecco gli articoli:

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Mireille Knoll

Leonardo Martinelli: "Parigi, reduce della Shoah bruciata in casa"

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Leonardo Martinelli

Era una bambina di appena dieci anni Mireille Knoll in quell’estate 1942. A Parigi sventolavano le bandiere naziste. Ma furono i poliziotti francesi, con la collaborazione delle autorità tedesche, a effettuare un rastrellamento di ebrei, nelle prime ore del giorno, il 16 luglio. Più di 13 mila furono catturati e inviati ad Auschwitz: appena qualche decina ritornarono a casa dopo la guerra.
Mireille riuscì a fuggire prima che la polizia facesse irruzione a casa sua, perché la madre se lo sentiva che sarebbe successo. E lei era ebrea, ma aveva un passaporto brasiliano. Fuggirono in Portogallo: scamparono alla retata del Vel’ d’Hiv, il Velodromo d’inverno, dove radunarono gran parte di quei disperati, tanti vecchi e bambini, prima d’infilarli nei convogli diretti in Germania.

Ecco, a 85 anni Mireille viveva ormai in un palazzo di case popolari in piena Parigi. Lì l’orrore, al quale si era sottratta tanti anni prima, l’ha travolta all’improvviso: pugnalata undici volte. Due persone sono state fermate e sono accusate dell’omicidio. La Procura di Parigi sospetta come movente l’antisemitismo.
I figli e i nipoti di Mireille sono subito arrivati da Israele, dove vivono. Hanno raccontato che, dopo essersi salvata in Portogallo, alla fine del conflitto, la donna era ritornata a Parigi. Aveva conosciuto un giovane, sopravvissuto ad Auschwitz, e si erano sposati. Suo marito era morto agli inizi degli anni Duemila. Mireille è stata uccisa venerdì, lo stesso giorno dell’attentato di un islamista nel Sud della Francia.

Nel tardo pomeriggio i suoi vicini hanno chiamato i pompieri, dopo che le fiamme uscivano dal portone del suo appartamento. Il corpo della donna è stato ritrovato martoriato e in parte carbonizzato. Chi l’ha ammazzata ha appiccato il fuoco, subito dopo. Ma perché prendersela con Mireille? Francis Kalifat, presidente del Crif - il Consiglio rappresentativo delle organizzazioni ebraiche di Francia -, ha ricordato che «non c’era niente da rubare a casa di quest’anziana signora. Viveva in condizioni modeste lì da sessant’anni e non aveva soldi, né gioielli». Sabato è stato fermato un suo vicino, un giovane di 29 anni, con precedenti penali per violenze sessuali. Secondo quanto ha scritto la nipote su Facebook il giovane è un musulmano e Mireille lo conosceva da quando ne aveva sette. «Lo considerava come un figlio», ha detto un parente della donna. Ieri anche un amico 21enne del giovane è stato catturato.

La Procura ha aperto un’inchiesta per furto aggravato e anche «per assassinio collegato all’appartenenza della vittima a una religione», sospettando come movente l’antisemitismo. Ovviamente l’inchiesta è solo cominciata. Ma è già emerso che lei aveva da poco denunciato altri vicini che l’avevano minacciata di bruciarla viva. Sì, qualcosa cominciava ad andare davvero storto in quel palazzo.
La tragedia di venerdì ne ricorda terribilmente un’altra. Era la sera del 4 aprile del 2017, praticamente un anno fa. Sarah Halimi, 65 anni, una signora ebrea, viveva a Parigi in un piccolo appartamento di un complesso di case popolari. All’improvviso un vicino, di origini africane e musulmano, fece irruzione da lei, gridando Allah Akbar. La picchiò, dicendole che era il diavolo, per poi gettarla giù dal terzo piano. Ci sono voluti undici mesi perché i magistrati abbiano riconosciuto per quell’omicidio il movente antisemita. Sia Sarah che Mireille vivevano non lontano una dall’altra, nell’undicesimo arrondissement, strano mosaico di vecchie tradizioni popolari, di immigrati e di «bobo», i «bourgeois bohème», tribù urbana fra i fricchettoni e i radical chic. Ma proprio lì negli ultimi tempi sono stati segnalati casi d’intolleranza antisemita. E la presenza di una moschea salafita non ha migliorato di certo le cose.

Paolo Levi: "Aggressioni e tombe profanate. La Francia nell’incubo antisemitismo"

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Paolo Levi

«L’antisemitismo è l’onta della Francia»: nell’ultimo incontro con i responsabili del Crif - l’organo rappresentativo degli ebrei di Francia - Emmanuel Macron ha promesso una risposta «implacabile» contro quello che bolla come il «flagello» della République. Con circa mezzo milione di persone, la Francia è la prima comunità ebraica dell’Europa occidentale e gli atti antisemiti, tra insulti, tombe profanate e aggressioni segnano la cronaca locale e nazionale. Appena pochi giorni fa, Aurélien Enthoven, figlio di Carla Bruni-Sarkozy e del suo ex compagno filosofo Raphael Enthoven, è stato vittima del più cieco livore dei social, tra insulti antisemiti, minacce di morte, frasi irripetibili contro la madre, solo perché aveva detto in un video che «le razze non esistono».

A fine gennaio suscitò indignazione l’episodio di un bimbo ebreo di 8 anni aggredito in strada a Sarcelles, mentre si recava a lezione con in testa una kippah. Dopo un 2015 segnato dai primi attentati jihadisti a Parigi e da un numero record di azioni e minacce antisemite, il 2016 ha registrato un netto ripiegamento (-58,5%), pur rimanendo a un livello preoccupante. Impietoso il quadro descritto dal presidente del Crif, Francis Kalifat, che si appella al governo affinché «ovunque in Francia venga ripristinata l’autorità dello Stato», con una «politica di tolleranza zero e sanzioni esemplari per contrastare l’antisemitismo del quotidiano che - avverte - prospera nel nostro Paese». Anche perché, questa la sua riflessione, «siamo schiacciati tra l’antisemitismo tradizionale prevalentemente di estrema destra e l’antisemitismo antisionista prevalentemente di estrema sinistra», a cui si aggiunge «l’antisemitismo musulmano molto radicato tra i giovani di 15-25 anni». Con l’aumento degli attentati contro cittadini e simboli ebraici, il crescente antisemitismo in banlieue e le stragi dell’Isis, negli ultimi anni circa 5000 ebrei ogni dodici mesi hanno deciso di lasciare la Francia ed emigrare in Israele, la cosiddetta «Aliyah». Dopo il massacro al supermercato kasher di Porte de Vincennes (gennaio 2015, due giorni dopo l’attacco alla redazione del settimanale Charlie Hebdo), fu lo stesso premier israeliano Bibi Netanyahu a tendere la mano agli ebrei sotto shock: «Il vostro avvenire è in Israele, tornate nella vostra patria».

Un appello a cui quell’anno aderirono in 7900, un record assoluto nella recente storia del Paese. L’affermazione scatenò una polemica con Manuel Valls allora primo ministro. «La Francia non sarebbe più la stessa se i nostri connazionali ebrei dovessero abbandonarla perché hanno paura», ha detto di recente Macron, che due settimane fa ha presentato un nuovo piano contro il razzismo e l’antisemitismo per il biennio 2018-2020. La sua principale sfidante alle presidenziali, Marine Le Pen, invitò gli ebrei a non indossare in pubblico la kippah perché a suo parere «potrebbe essere pericoloso». Aggiunse che per «sconfiggere l’estremismo islamico ci vuole uno sforzo congiunto che richiede sacrifici da parte di tutti».

Parole che suscitarono proteste al veleno. In questi ultimi anni, la leader del Front National ha cercato di fare il possibile per cancellare la pesante eredità del padre Jean-Marie Le Pen, più volte condannato per le sue uscite antisemite e razziste, come quando considerò le camere a gas un «dettaglio della storia». A gennaio, il grande editore Gallimard ha invece rinunciato al contestato progetto di ripubblicare gli scritti antisemiti di Louis-Ferdinand Céline, ritenendo che non ci sono ancora le condizioni per sviluppare «serenamente» il progetto.

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