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La Stampa Rassegna Stampa
25.02.2018 Arrestati tre terroristi tunisini: troppi punti oscuri
Cronaca di Federico Genta, Massimo Numa

Testata: La Stampa
Data: 25 febbraio 2018
Pagina: 13
Autore: Federico Genta, Massimo Numa
Titolo: «Un anno di scontri tra giudici per arrestare tre studenti filo-Isis»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/02/2018, a pag.13, con il titolo "Un anno di scontri tra giudici per arrestare tre studenti filo-Isis" la cronaca di Federico Genta, Massimo Numa.

Molto approfondito il servizio dei due giornalisti della Stampa, un buon esempio di giornalismo investigativo.

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Individuati ma non  si potevano arrestare

 Perchè il gip aveva rigettato la richiesta di carcerazione pur confermando la necessità di "mantenere massimi controlli di pubblica sicurezza nei loro confronti" ? Eppure di prove ce n'erano a sufficienza, partendo sin dall'inizio quando hanno potuto iscriversi all'univeristà di Torino ottenendo persino le borse di studio !! Visti anche gli ultimi scandali che stanno coinvolgendo l'ateneo torinese, in mano alla propaganda anti-Israele, sarebbe opportuna una indagine per conoscere come viene gestito.
ornando ai tunisini, erano già conosciuti tramite i loro profili facebook, nei quali esaltavano lo stato islamico! Eppure niente,  sembra che da noi si debba compiere una strage per essere giudicati terroristi.
Sarebbe interessante anche conoscere le motivazioni di quel Gip (avrà un nome?) che si è opposto alla loro incarcerazione.


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Federico Genta          Massimo Numa

«Ho iniziato a chiedere di altre persone che conosco e che sono tutte morte da martiri». «Lui mi ha risposto: sono tutte qui, sono tutti davanti a me, li vedo e hanno i segni della grazia su loro viso e dai loro abiti promana la luce». «Ho detto che quelli che non fanno jihad verranno tormentati e torturati da Dio». «Annuncia loro che una fanciulla li aspetta in Paradiso». Scriveva così Marwen Ben Saad, 31 anni, parlando dell’ex studente di Filosofia Whael Labidi, coetaneo residente a Rivalta, nel Torinese, morto in combattimento al confine siro-iracheno poco tempo prima. Era fine luglio di due anni fa. Gli studenti tunisini, tutti iscritti all’ateneo di Torino, avevano costituito una cellula islamica collegata all’Isis, operativa tra il 2013 e il 2016. Ieri i carabinieri del Ros hanno arrestato Ben Saad, Nafaa Afli, 27 anni, Bilel Mejri, di 26. Sono accusati di associazione finalizzata al terrorismo internazionale. L’ordinanza di custodia in carcere è stata emessa dal tribunale del Riesame di Torino. Il provvedimento restrittivo scaturisce dagli elementi raccolti dal Ros e dal Nucleo informativo di Torino nell’ambito dell’indagine «Taliban», attività di prevenzione e contrasto del fenomeno dei cosiddetti foreign fighters e lupi solitari. I tre erano già stati ristretti in custodia cautelare, prima in carcere e poi agli arresti domiciliari nelle province di Pisa e Varese, per traffico di sostanze stupefacenti. È del maggio 2017 la richiesta della procura di Torino di emettere un provvedimento di custodia per il reato di associazione finalizzata al terrorismo internazionale. Il gip, però, l’aveva rigettata pur confermando la necessità di «mantenere massimi controlli di pubblica sicurezza nei loro confronti». Da qui il ricorso in Appello al tribunale del Riesame che, lo scorso 26 ottobre, ha ribaltato il rigetto. Il provvedimento cautelare, però, non può avere efficacia fino allo scadere dei termini per il ricorso in Cassazione. Ricorso respinto venerdì dalla VI sezione penale. È nell’autunno 2015 che viene individuato per la prima volta un gruppo di cittadini tunisini, arrivati a Torino con un permesso di soggiorno per motivi di studio, iscritti all’università e con relativa borsa di studio. Non frequentavano le lezioni, non sostenevano esami, ma erano dotati di profili Facebook i cui contenuti ne avevano fatto sospettare sin dall’inizio la vicinanza ad ambienti caratterizzati da ideologia dei gruppi terroristici islamisti. Dopo la fittizia iscrizione presso l’ateneo piemontese, gli indagati avevano iniziato a spostarsi tra Torino e Pisa per gestire il traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’indagine, coordinata dal pm Andrea Padalino e sviluppata attraverso intercettazioni e pedinamenti, è emersa l’esistenza di un gruppo criminale, composto dai tre tunisini, che era riuscito ad inserirsi nel tessuto sociale, specie tra le fasce dei più giovani, manifestando uno «spiccato sentimento anti occidentale e la condivisione dei più violenti propositi dell’Islam radicale», condividendo su internet materiale di propaganda. La pericolosità sociale degli indagati è emersa sia dalla partecipazione a un comizio di «Ansar Al-Shari’a», l’organizzazione terroristica di origine egiziana presente nell’area del Sinai collegata al leader Abu Ayad: leader dei salafiti della Tunisia, sospettato di essere la mente degli attentati al museo del Bardo e a Sousse, ucciso il 14 giugno 2015 dai bombardamenti dell’aeronautica americana, sia dal sostegno dei militanti morti nei teatri di guerra per la causa jihadista.

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