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La Stampa Rassegna Stampa
17.02.2018 Turchia: ergastolo per i giornalisti scomodi
Cronache e intervista a Yavuz Baydar di Marta Ottaviani

Testata: La Stampa
Data: 17 febbraio 2018
Pagina: 14
Autore: Marta Ottaviani
Titolo: «Turchia, ergastolo allo scrittore Altan: è un terrorista-Siamo sulla strada sdella dittatura, la magistratura è in mano a Erdogan»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/02/2018, a pag.14, due servizi di Marta Ottaviani sul regime sempre più dittatoriale di Erdogan.  Evidentemente può permetterselo, a Roma è stato ricevuto con tuti gli onori da Gentiloni e dal Papa in Vaticano, perchè dovrebbe preoccuparsi?


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Marta Ottaviani

Ecco i due pezzi:

Turchia, ergastolo allo scrittore Altan: "è un terrorista"

Un anno fa, a La Stampa, dalla prigione dove era recluso, aveva detto «non so che ne sarà di me». E ieri la magistratura turca ha deciso che le porte del carcere per Ahmet Altan e altri cinque giornalisti, fra cui suo fratello, Mehmet, devono rimanere chiuse per sempre. Il tribunale di Istanbul ha riconosciuto i sei reporter colpevoli di aver cercato di sovvertire l’ordine costituzionale e di essere membri di Feto, il network di Fethullah Gülen, ex imam in autoesilio negli Usa, un tempo alleato di Erdogan e oggi considerato il nemico numero uno da buona parte del Paese, il mandante del golpe del luglio 2016 a cui è seguita la caccia alle streghe del presidente della Repubblica. I fratelli Altan sono figli di Cetin Altan, uno dei maggiori intellettuali turchi e adesso molti pensano che la stessa sorte possa toccare agli altri 140 giornalisti che si trovano in carcere con accuse gravi come adesione a organizzazione terroristica e golpismo. Ahmet, in particolare, era noto nel Paese per le sue posizioni controcorrente. Fortemente critico nei confronti degli apparati ultralaici prima, prudente all’inizio e - in seguito alla sua virata autoritaria - grande oppositore di Recep Tayyip Erdogan dal 2009 aveva diretto il quotidiano Taraf, da cui spesso aveva attaccato le forze armate per le loro posizioni anti curde. La giornata ieri si era aperta con un filo di speranza, alla notizia della liberazione, dopo un anno di carcere, del giornalista turco-tedesco Deniz Yücel resa possibile, però, dalle grandi pressioni portate avanti da Berlino per mesi. Lo stesso ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, ha fatto intendere sulla decisione dei giudici possono avere influito considerazioni politiche. La Germania, dal canto suo, nelle scorse settimane aveva annunciato un «cambio di rotta» nei confronti di Ankara, nonostante gli oltre tre milioni di immigrati turchi che vivono sul suo territorio nazionale. In Turchia ci sono ancora 51mila persone dietro le sbarre, fra cui migliaia di magistrati, militari e docenti universitari, nonché 13 deputati dell’Hdp, il partito curdo, dietro le sbarre non per legami con Gülen, ma con il Pkk. A queste vanno aggiunte le 134mila persone che hanno perso il posto di lavoro in seguito al contro-golpe del presidente. Le persone che hanno lasciato il Paese si contano a centinaia. Di fatto, Recep Tayyip Erdogan tiene in scacco un Paese intero, lo stesso che il 16 aprile dell’anno scorso gli ha consegnato un potere pressoché illimitato approvando una riforma della costituzione in senso presidenzialista. Un potere enorme, ma che non basta al presidente della Repubblica, che sta cercando di consolidare il suo primato mettendo a tacere tutti i potenziali oppositori, a partire dai più pericolosi, come giornalisti autorevoli del calibro di Altan e di dare vita a un Paese nuovo, con un’identità nazionale sempre più improntata alla matrice turca e al conservatorismo religioso, aggressivo in politica estera e sempre meno in sintonia con l’Occidente.

Siamo sulla strada della dittatura, la magistratura è in mano a Erdogan

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Yavuz Baydar
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Magistrati e avvocati italiani manifestano a Bari
a sostegno dei colleghi turchi imprigionati

Un Paese ormai sulla strada della dittatura, una sentenza che è in primo luogo politica. Yavuz Baydar è un giornalista e uno scrittore turco che il giorno dopo il golpe è riuscito a scappare dalla Turchia. Oggi vive all’estero e ha fondato un giornale online, chiamato Ahval, in inglese, arabo e turco, che vuole rappresentare un mezzo di informazione libero e indipendente. A La Stampa ha spiegato cosa sta succedendo nel suo Paese e cosa significa l’ergastolo inflitto ad Altan e altri cinque reporter. Yavuz Baydar, qual è la sua opinione su questa sentenza? «Diciamolo subito e senza remore: questa è una sentenza farsa arrivata dopo un processo farsa. Sono stato in contatto con gli avvocati di Ahmet Altan durante tutta la durata del processo. Era una condanna già scritta e con un preciso messaggio politico». Già scritta da chi? «Dal presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, che ormai ha trasformato la magistratura in uno strumento del potere politico. Le vittime non sono solo le persone che sono state condannate, ma l’intera Turchia, che pagherà carissimo questo periodo della sua storia». Però, la magistratura ieri ha preso anche una decisione positiva, ossia la scarcerazione di DenizYucel... «Pensi, che coincidenza. Prima hanno annunciato la scarcerazione di Yucel e poi l’ergastolo ai sei colleghi. Così la stampa, soprattutto quella tedesca, si concentrerà maggiormente sulla prima...». Che colpa hanno, almeno agli occhi di Erdogan, Ahmet Altan e gli altri condannati? «Nessuna. Perché il loro arresto e la loro detenzione si basano su una trasmissione televisiva. Sono andati in carcere per aver partecipato a un dibattito televisivo su un’emittente che poi è stata chiusa nel quale si erano detti preoccupati per il futuro del Paese e aggiunto che c’erano tutti gli estremi perché si verificasse un golpe. Cosa che è successa pochi giorni dopo. Gli hanno dato un ergastolo solo per questo. In Italia sarebbe mai possibile una cosa del genere?». Com’è la situazione all’interno del Paese? «La Turchia è in Stato di Emergenza da oltre un anno e mezzo. L’opposizione è debole, frammentata ed Erdogan ha messo le diverse parti l’una contro l’altra. Non possiamo nemmeno contare sull’aiuto dell’Europa, un po’ perché all’Europa non interessa, un po’ perché Erdogan, che è un politico molto intelligente, gestisce le sue alleanze anche a seconda di quanto possano fargli pressione». Che cosa succederà adesso? «Erdogan continuerà a governare senza problemi. Ci sono ancora due sentenze molto importanti: quella sui giornalisti di Cumhuriyet e quella del deputato dell’opposizione, Enis Berberoglu. Se, come temo, anche questi verranno condannati, il colpo a livello psicologico sarà mortale». Cosa mi dice della libertà di stampa? «Che non esiste più da tempo. Tutti i giornalisti che si sono permessi di criticare Erdogan e la sua famiglia sono stati messi in carcere. Lui ne fa una questione anche personale. Chi lo critica diventa un nemico. Ormai siamo al livello dell’Azerbaigian e di altri Paesi autoritari». Lei conosce personalmente Ahmet Altan da molti anni, cosa può dirci di lui? «Che è una delle migliori penne che esistano. Una persona per bene, trasparente, che ha sempre detto quello che pensava. L’onestà intellettuale e la trasparenza per lui sono sempre venuti prima di tutto. In Turchia l’indipendenza si paga. Lo hanno sempre visto tutti come un nemico perché lui non faceva l’amico con nessuno. Per un turco non c’è niente di peggio. Credo che lui e il leader curdo, Selahattin Demirtas (anche lui sotto processo e in carcere, ndr) siano stati quelli in questo Paese ad avere avuto più coraggio di tutti».

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