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La Stampa Rassegna Stampa
16.01.2018 Erdogan annuncia la 'distruzione' dei kurdi
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 16 gennaio 2018
Pagina: 15
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Erdogan: distruggeremo i curdi in Siria»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/01/2018, a pag.15 con il titolo "Erdogan: distruggeremo i curdi in Siria" la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Recep Tayyip Erdogan

Recep Tayyip Erdogan minaccia i curdi siriani, «esercito di terroristi da strangolare nella culla», e, pur senza nominarle, anche le truppe americane al loro fianco in Siria, che rischiano di essere «seppellite» dalle forze armate turche se si metteranno di mezzo. Il presidente turco usa sempre una retorica di fuoco quando parla ai suoi sostenitori ma il discorso di ieri ad Ankara è andato oltre. La decisione di Washington di addestrare una «forza di frontiera» curda, forte di 30 mila uomini, a garanzia di un Kurdistan siriano che marcia verso una indipendenza di fatto, ha scatenato una reazione incontrollabile.

Erdogan ha precisato che può «attaccare in qualsiasi momento» anche se sul terreno Ankara per ora si è limitata a un massiccio bombardamento con pezzi di artiglieria, nel cantone curdo-siriano di Afrin, come ha fatto già in passato. Ma l’operazione di terra, annunciata, minacciata almeno una dozzina di volte dall’autunno scorso, è ormai «questione di giorni» e le forze armate turche continuano ad ammassare carri armati, blindati, soldati. Ieri altri 24 veicoli corazzati sono arrivati nella provincia di Hatay, che confina con quella siriana di Idlib, a completare uno schieramento lungo tutta la frontiera.

La Turchia ha già inviato in Siria, nel Nord della provincia di Aleppo, circa 4 mila uomini, entrati nell’estate del 2016 per l’operazione Scudo sull’Eufrate, volta a espellere l’Isis dal confine. Ma ora l’obiettivo dichiarato è allargare l’operazione alle aree controllate dai curdi inquadrati nelle Forze democratiche siriane, addestrati e armati dagli Stati Uniti d’America. Il Pentagono vuole trasformare questa milizia anti-Isis, capace di cacciare lo Stato islamico da Raqqa, in un esercito stanziale, primo pilastro di una nazione che sta venendo alla luce sotto gli occhi atterriti dei turchi e pure di Damasco che ha definito l’operazione «una clamorosa violazione della sovranità» della Siria.

Per la Turchia il problema è un altro perché, e in questo c’è del vero, la spina dorsale delle Forze democratiche siriane restano i guerriglieri curdi dello Ypg, «cugini siriani» del Pkk. Quindi per Erdogan gli Stati Uniti stanno «formando un esercito di terroristi ai nostri confini». E continua: «Che potrà fare questo esercito se non colpire la Turchia? La nostra missione è strangolarlo prima ancora che nasca. E dobbiamo dire ai nostri alleati: non mettetevi fra noi e questa organizzazione terroristica o non saremo responsabili delle conseguenze, non costringeteci a seppellirvi assieme ai terroristi».

Ankara però ancora esita a passare all’azione. Nel Nord-Est della Siria ci sono duemila soldati americani, sette basi, tre aeroporti per i rifornimenti con i C-130, uno a Kobane, a due passi dal confine turco. Entrare nella zona di Kobane o Qamishlo è di fatto un atto di guerra contro gli Usa. Più facile un’operazione ad Afrin, dove non ci sono truppe statunitensi. Ieri i cannoni da 155 mm hanno martellato le cittadine di Basufan e Al-Ghazawiyah. Le forze curde sono riuscite a far affluire rinforzi e «sono pronte a reagire contro obiettivi militari turchi», come ha detto il dirigente curdo Fawza Youssef. Ma la vera partita ora è tra Ankara e Washington.

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direttore@lastampa.it

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