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La Stampa Rassegna Stampa
15.12.2017 Siria: verso una nuova guerra?
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 15 dicembre 2017
Pagina: 14
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «'Elezioni e nuova costituzione in Siria': De Mistura rilancia il processo di pace»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/12/2017, a pag. 14, con il titolo "'Elezioni e nuova costituzione in Siria': De Mistura rilancia il processo di pace", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

C’è ancora una possibilità per evitare che la Siria «diventi come la Libia». Ma bisogna «fare presto» e il governo siriano deve capire «che non c’è più tempo» e rendersi disponibile a colloqui diretti con l’opposizione. A lanciare l’appello è l’Inviato speciale dell’Onu Staffan de Mistura, mentre si è chiusa l’ottava tornata di negoziati a Ginevra e dalle due parti arrivano soltanto messaggi da «muro contro muro». De Mistura ha parlato con la televisione svizzera Rts. L’idea è di convocare un nono round a metà gennaio e riunire questa volta tutti attorno allo stesso tavolo.
Il tempo stringe perché se l’esercito di Bashar al-Assad sta prevalendo sul terreno la sola vittoria militare «non è sufficiente» a salvare il Paese. È necessario indire elezioni che permettano di «vincere la pace». «Serve un processo politico che includa tutti e che porti a una nuova Costituzione e al voto» ma per arrivarci, sottolinea de Mistura, la Russia deve «convincere il governo siriano». Il diplomatico italo-svedese ricorda come in un lungo colloquio, un anno fa, lo stesso Vladimir Putin gli avesse detto quanto era stato scosso dalla situazione in Libia: «Le operazioni militari non bastano».

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Damasco


A Ginevra però non ci sono stati progressi. E anche le reazioni alle dichiarazioni di de Mistura sono state negative. L’inviato di Damasco Bashar al-Jaafari, ha detto che le sue parole «sono un errore» e potrebbero far saltare il suo ruolo di mediatore. Al-Jaafari ha puntato il dito contro l’opposizione e il comunicato finale redatto a Riad prima dei colloqui a Ginevra, che sottolineava come una transizione politica «non è possibile senza che Assad e la sua cricca» lascino il potere.

Anche le rigidità dell’opposizione cominciano però a innervosire gli alleati occidentali. Fonti citate dal «New Yorker» sostengono che la Casa Bianca è rassegnata a una transizione «con Assad al potere» e che la situazione sul campo indica che il processo potrebbe durare fino alle presidenziali nel 2021. Questa ipotesi sarebbe l’offerta russa agli Stati Uniti, e comunicata anche al governo siriano e ai suoi alleati sciiti. Il ragionamento di Mosca parte dal fatto che Assad ora controlla circa il 60 per cento del territorio, e il 70 per cento della popolazione. La ricostruzione, certo, sarà lunga, ma i segnali di un lento ritorno alla normalità si moltiplicano: ieri è stato riaperto il valico di frontiera di Al-Qaa fra Siria e Libano, chiuso da 5 anni, lungo l’importate via commerciale Tripoli-Homs.

Un accordo fra Damasco e l’opposizione permetterebbe di evitare uno scenario «balcanico». Come sottolinea de Mistura la cartina della Siria mostra «quattro o cinque colori», i governativi, i curdi, i gruppi jihadisti, i ribelli filo-turchi. E le tensioni restano alte. Mercoledì due cacciabombardieri Su-25 russi sono entrati nella «zona cuscinetto» sotto controllo americano a Est dell’Eufrate e sono stati intercettati da una coppia di F-22 che hanno sparato proiettili illuminanti come avvertimento. Mosca comunque ha cominciato il ritiro delle sue forze armate.
Ieri video su siti filo-governativi hanno mostrato i primi aerei russi che partivano dalla base di Hmeimim. Dei 35 cacciabombardieri in servizio in Siria, 23 saranno ritirati. Le forze aeree russe saranno ridotte a uno squadrone.

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