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La Stampa Rassegna Stampa
11.12.2017 Sderot: la città sotto il fuoco di Hamas dove la vita è impossibile
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 11 dicembre 2017
Pagina: 13
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Tra la gente terrorizzata di Sderot dove piovono i missili di Hamas»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/12/2017, a pag. 13, con il titolo "Tra la gente terrorizzata di Sderot dove piovono i missili di Hamas", l'analisi di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Ci sono ancora i segni dell’impatto, fra l’asfalto e il bordo del marciapiede, il paraurti e le gomme di un’auto crivellati dalle schegge. Dall’altro lato della strada c’è la casa a due piani, con un giardinetto davanti, di Shay e Maia, una coppia sulla trentina con due figli di uno e due anni. Al piano di sopra si vede ancora il vetro sfondato di una finestra. Le schegge sono arrivate fin lì, a trenta metri di distanza. «Abbiamo sentito un botto tremendo - racconta Shay, operaio in una ditta che produce candele -. La casa tremava, per un momento ho pensato che il razzo l’avesse colpita». Shay è in tuta da ginnastica e pantofole, in una tranquilla domenica mattina, che sembra lontana secoli dalla terribile notte di venerdì. «Sderot è così - conferma -. Calma e silenziosa. Ma quando cominciano gli scontri, non si vive più». Il confine con Gaza dista appena tre chilometri e Sderot è la città in prima linea sul fronte Sud di Israele: 15 morti, e decine di feriti negli ultimi quindici anni. Dalla Striscia piovono colpi di mortaio e missili a ogni guerra o quando ci sono momenti di tensione, come questo scatenato dalla decisione di Donald Trump su Gerusalemme.

 

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Un missile di Hamas lanciato su Sderot


Venerdì «le sirene hanno cominciato a suonare alle sei», continua la moglie Maia, anche lei in tenuta casalinga, con le ciabatte infradito in una giornata sui venti gradi. «Abbiamo deciso di mettere i bambini nella stanza di sicurezza, ed è stata la loro salvezza». La stanza, nove metri quadrati, ha la porta e l’unica finestra blindate, i muri in cemento armato ed è piena di giocattoli, compreso il cavallino preferito dal figlioletto. Ed è pure insonorizzata, perché il papà la usa come stanza di registrazione. «Così quando alle dieci è arrivato il razzo - spiega Maia - i bambini non hanno sentito nulla, non si sono neppure svegliati». Sorride, ma è scossa. Quando è arrivata l’autoambulanza, rivela il marito, volevano ricoverarla perché era sotto choc. Quei minuti sono stati di panico. «Maia voleva portare i bambini a casa della madre, ha aperto la porta e siamo stati sommersi dal fumo, c’era il razzo in fiamme davanti alle case, le auto danneggiate».

Maia, anche se non lo dice, soffre di sindrome post-traumatica, come in migliaia a Sderot. «Non ci sono soltanto i feriti, i morti - conferma il sindaco Alon Davidi, un alleato di ferro del premier Benjamin Netanyahu -: ci sono anche i bambini che a ogni nuovo bombardamento stanno male. Per questo mandiamo subito un’ambulanza con lo psicologo». David ha sette figli e due soffrono di Ptsd. «Ma non è questo che ci fermerà: Sderot continua a crescere, siamo arrivati a 27 mila abitanti, fra nascite e arrivi la popolazione aumenta di mille persone ogni anno, abbiamo costruito duemila nuovi appartamenti. Attiriamo, nonostante le bombe». Come «Bibi», il sindaco ha parole di amore per Trump e approva in pieno la sua scelta. «Non credo che ci sarà una Terza Intifada, Gaza è uno Stato terrorista: devono capire che se attaccano fanno più male a loro stessi che a noi, rendono la loro vita miserabile. Che spendano i soldi che arrivano dalla Ue per costruire scuole e ospedali, non per comprare armi».

David ostenta ottimismo ma i segni della «guerra a bassa intensità» sono ovunque. A ogni fermata dell’autobus ci sono mini rifugi a prova di razzo, il mercato ha una copertura corazzata, gli abitanti seguono corsi per imparare a mettersi al riparo «entro quindici secondi» quando suonano le sirene. «Il pericolo vero però - spiega una signora, Layla alla fermata - è quando senti il fischio del proiettile: vuol dire che è vicino e non ti resta che buttarti a terra». Layla però non andrà via: «Ormai anche Tel Aviv e Gerusalemme sono a portata di tiro, cosa cambia?».

Ieri a Gerusalemme è tornata a salire la tensione. Una guardia di sicurezza è stata accoltellata; l’aggressore, un palestinese di 24 anni, ferito e arrestato. Nelle proteste nei Territori il numero dei feriti ha superato i 1250. La Terza Intifada non è scoppiata ma si respira aria d’assedio. E Israele teme di diventare come Sderot.

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