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La Stampa Rassegna Stampa
01.12.2017 Usa: aperta la successione a Rex Tillerson, tra i candidati Nikki Haley, Mike Pompeo
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 01 dicembre 2017
Pagina: 12
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Guerra di potere a Washington. Traballa la poltrona di Tillerson»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/12/2017 a pag.12 con il titolo "Guerra di potere a Washington. Traballa la poltrona di Tillerson" la cronaca di Paolo Mastrolilli.

Ci auguriamo che Rex Tillerson, le cui posizioni non sono in linea con l'Amministrazione, sia presto sostituito. Tra i candidati possibili il profilo migliore è quello di Nikki Haley, attualmente ambasciatrice Usa all'Onu. Ottime le sue posizioni sulla politica internazionale, il Medio Oriente, Israele. Mike Pompeo lo è altrettanto.

Ecco l'articolo:

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Paolo Mastrolilli

Il presidente Trump si prepara a sostituire il segretario di Stato Tillerson con il capo della Cia Pompeo. Questa voce girava da tempo, perché i due non si erano mai presi sul piano personale, e avevano divergenze anche sulla linea politica. Ieri però è stata rilanciata da diversi media americani, dopo che fonti anonime della Casa Bianca hanno spiegato il piano per la successione, forse proprio per segnalare al capo della diplomazia che è venuto il momento di farsi da parte. Tillerson ha così cancellato la sua partecipazione a un evento sull’Aids e si è recato alla Casa Bianca per la visita del principe del Bahrein. Forse quella è stata l’occasione per un chiarimento con il presidente, che ha liquidato i cronisti con un secco: «Sta qui. Rex sta qui». La sua portavoce qualche ora dopo ha provato a chiudere la questione con un secco: «Se Trump avesse perso la fiducia in Tillerson, sarebbe già fuori». Anche la portavoce del dipartimento di Stato, Heather Nauert, ha cercato di allontanare le voci della successione spiegando che a Tillerson «piace il suo lavoro e ha molti impegni per cui intende restare».

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Nikki Haley


Rex Tillerson era il potente capo della Exxon, e Trump lo aveva scelto proprio perché non veniva dalla politica, ma la guida della più grande compagnia petrolifera mondiale gli aveva portato molta esperienza e forti rapporti personali nelle relazioni internazionali, a partire dall’amicizia con Putin e con la monarchia saudita. Il segretario di Stato era entrato nell’amministrazione come membro del gruppo dei «responsabili», insieme al capo del Pentagono Mattis e al capo di gabinetto della Casa Bianca Kelly, sostenuto dal leader della Commissione Esteri del Senato Corker. Sul piano personale, però, il suo stile riservato si era presto scontrato con quello più emotivo di Trump, e le divergenze si erano allargate anche alla linea politica. Tillerson si era opposto alla denuncia dell’accordo di Parigi su clima, e a quello nucleare con l’Iran. Aveva contribuito a rilanciare l’alleanza con l’Arabia Saudita, sostenendo la componente sunnita nella sfida per il controllo del Medio Oriente contro gli sciiti legati a Teheran, in cambio dell’impegno di Riad contro l’Isis e il terrorismo in generale. Però non aveva condiviso l’iniziativa dei sauditi per isolare il Qatar, ed era stato quasi completamente escluso dal dossier israelo-palestinese.

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Mike Pompeo


Anche sulla Corea del Nord c’erano state divergenze, perché mentre il segretario di Stato aveva tenuto aperta la porta del dialogo con Pyongyang, il presidente lo aveva accusato di «perdere il suo tempo». Quando veniva messo in minoranza, Tillerson rispondeva a Trump con una frase che lo irritava molto: «It is your deal», sono affari tuoi. Dopo una riunione avvenuta nel luglio scorso al Pentagono, Rex era arrivato a definire Donald un «moron», un idiota. Nello stesso tempo il segretario aveva incrinato il rapporto con i suoi dipendenti, accettando la riduzione del bilancio del dipartimento di Stato e l’uscita di circa 2000 diplomatici. Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations, lo aveva accusato di non avere una visione sulla politica estera e di non saperla comunicare.

Tillerson aveva scritto più volte la lettera di dimissioni, ma i suoi alleati lo avevano convinto a lasciarla nel cassetto, e il vicepresidente Pence gli aveva dato consigli su come ricostruire il rapporto personale con Trump. Ora però lo stesso generale Kelly, capo di gabinetto della Casa Bianca, si sarebbe convinto che la frattura non è più sanabile. Perciò ha lasciato filtrare il piano per sostituirlo, sperando che si faccia da parte.

L’ambasciatrice all’Onu Nikki Haley era stata considerata a lungo come la candidata a sostituirlo, ma il presidente si sta orientando sul capo della Cia Mike Pompeo, ex deputato del Kansas con cui ha stabilito una forte alleanza, a partire dal briefing quotidiano sulle minacce mondiali. Pompeo è originario dell’Abruzzo, che ha visitato durante una recente visita in Italia. È considerato un falco. Il suo posto alla Cia andrebbe al senatore dell’Arkansas Cotton. Anche lui passa per falco, in particolare sull’Iran. Il cambio non è deciso, ma dovrebbe avvenire tra la fine dell’anno in corso e l’inizio del prossimo.

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direttore@lastampa.it

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