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La Stampa Rassegna Stampa
27.11.2017 Luce sul caso dei due giornalisti italiani scomparsi in Libano nel 1980: indagavano sui campi di addestramento dei terroristi palestinesi
Analisi di Massimo Numa

Testata: La Stampa
Data: 27 novembre 2017
Pagina: 8
Autore: Massimo Numa
Titolo: «'Tocca alla Commissione Moro fare luce sulla morte di De Palo'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/11/2017, a pag. 8, con il titolo 'Tocca alla Commissione Moro fare luce sulla morte di De Palo', l'analisi di Massimo Numa.

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Massimo Numa

Ecco un ottimo esempio di giornalismo investigativo:

«La speranza della mia famiglia è oramai solo quella di trovare i resti di mia sorella, trasferirli in Italia, portare un fiore sulla sua tomba e recitarle una preghiera». Parla Fabio De Palo, il fratello minore di Graziella De Palo, la giornalista freelance allora 24enne, sparita nel nulla assieme al collega Italo Toni, 50 anni, il 2 settembre 1980, mentre si trovavano in Libano per un reportage sui campi-profughi palestinesi organizzati dall’Olp.

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Graziella De Palo


È un appello, quello dei familiari di Graziella, dai toni misurati, senza odio, e anche il desiderio di conoscere ogni dettaglio di quella lontana missione finita nel modo più tragico s’è affievolito con il trascorrere inesorabile del tempo. E forse c’è ancora un uomo che sa qualcosa di quel lontano e tragico episodio. È un settantenne dall’aspetto giovanile, si chiama Bassam Abu Sharif. È stato il braccio destro di Yasser Arafat per decenni, ha fatto stabilmente parte degli organismi dirigenti del Fronte di Liberazione Nazionale della Palestina in ruoli di vertice. Un personaggio chiave negli intricati rapporti tra Palestina e governo italiano in quegli anni cruciali, quando si era appena consumato, nel ’72, il sequestro e l’omicidio degli atleti israeliani da parte di terroristi palestinesi durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera.

Bassam Abu Sharif è stato recentemente in Italia per testimoniare, in merito al caso Moro, davanti alla commissione parlamentare. «Ci siamo rivolti a tutte le fonti possibili - rievoca Fabio De Palo, magistrato nel Tribunale di Roma - e ora ci rivolgiamo anche a lui». È possibile che, negli anni successivi alla strage di Monaco del ’72 e cinque anni prima del sanguinoso raid di Fiumicino e del sequestro in Mediterraneo della nave da crociera Achille Lauro, con (23 morti in aeroporto, un attentatore palestinese catturato e ora all’ergastolo mentre sulla Achille Lauro fu ucciso un invalido di origine ebrea gettato in mare dai terroristi), il dossier su Graziella De Palo e Italo Toni sia stato esaminato anche dalla ristretta cerchia di collaboratori di Arafat. E Bassam Abu Sharif era uno di loro. «A lui vorremmo chiedere - concludono i familiari di Graziella De Palo - di aiutarci a trovare il luogo dove furono sepolti Graziella e Italo Toni». Non una parola di più.

Secondo una recente testimonianza di un ex collaboratore del Sismi che prestò servizio sotto il comando del colonnello Stefano Giovannone, capocentro in Libano, la nostra Intelligence già nelle prime ore dopo la scomparsa dei due giornalisti era perfettamente a conoscenza di cosa era realmente avvenuto. L’allora ambasciatore a Beirut, Stefano D’Andrea, aveva infatti inviato un rapporto riservato alla Farnesina in cui erano indicati, in modo preciso e circostanziato, gli scenari di quello che veniva definito un sequestro concluso con una doppia «esecuzione». Rapporto volutamente archiviato in uno dei tanti «armadi della vergogna», in una istituzione allora infiltrata da elementi della P2 di Licio Gelli, ma acquisito nell’indagine giudiziaria del pubblico ministero Giancarlo Armati che aveva poi condotto all’arresto per depistaggio nelle ricerche dei due giornalisti dello stesso Giovannone.

De Palo e Toni, una volta arrivati a Beirut il 28 agosto con un volo messo a disposizione dall’agenzia romana dell’Olp, avevano informato l’ambasciata che sarebbero andati a visitare un presidio avanzato dell’Olp e che, se non fossero rientrati entro l’ora convenuta, l’ambasciata avrebbe dovuto attivarsi per ritrovarli. Entrambi ospiti dell’albergo Triumph, che faceva parte della rete logistica dell’Olp, erano consapevoli dei pericoli che stavano correndo in seguito ai servizi pubblicati nei mesi precedenti su traffico d’armi dal Medio Oriente all’Europa e sull’esistenza di campi di addestramento di terroristi, tra gli altri, anche di Eta, Ira, Rote Armee Fraktion e Brigate Rosse. Si temeva avessero rapporti con i Servizi Usa e britannici. Il loro contatto, un addetto alla reception, si rivelò un miliziano del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (Fplp), il gruppo terrorista guidato da George Habbash.

Tra le ipotesi in campo, la più probabile è che i rapitori fossero gli stessi miliziani che erano andati a prelevarli quella mattina, all’hotel Triumph. Furono trasferiti in un fabbricato che faceva da base alle frange militarizzate ed estremiste palestinesi, probabilmente interrogati e quindi uccisi. I loro corpi infine sepolti, secondo un’ipotesi recentemente confermata anche nella testimonianza dell’ex collaboratore del Sismi, in uno dei tanti cantieri edili che sorgevano a decine ogni giorno in quella città devastata da attentati e bombardamenti. Ma dove esattamente? «Nessuno è stato mai in grado di dirlo - commenta amaro Fabio De Palo - adesso, 37 anni dopo, con il probabile smantellamento di quelle formazioni, chi sa qualcosa del luogo di sepoltura di Graziella e Italo Toni, potrebbe finalmente rivelarlo, anche in forma anonima, attraverso ogni forma di comunicazione protetta. Nostra madre vive nella speranza di portare un fiore sulla tomba di Graziella e di riportarne i resti in Italia. Non vogliamo altro che questo».

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direttore@lastampa.it

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