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La Stampa Rassegna Stampa
06.09.2017 Corea del Nord, Cronache: Russia e Cina contro gli Usa, mentre Kim schiera nuovi missili
di Giuseppe Agliastro, Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 06 settembre 2017
Pagina: 10
Autore: Giuseppe Agliastro - Paolo Mastrolilli
Titolo: «Corea del Nord, la sfida di Putin: 'Sanzioni inutili e inefficaci' - Trump vuole l’embargo sul petrolio di Pyongyang. Ma Pechino non cede»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/09/2017, a pag. 10, con il titolo "Corea del Nord, la sfida di Putin: 'Sanzioni inutili e inefficaci' ", la cronaca di Giuseppe Agliastro; con il titolo "Trump vuole l’embargo sul petrolio di Pyongyang. Ma Pechino non cede", la cronaca di Paolo Mastrolilli.

Giuseppe Agliastro: "Corea del Nord, la sfida di Putin: 'Sanzioni inutili e inefficaci' "

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Vladimir Putin

Sulla Corea Vladimir Putin sfida gli Usa e si allinea a Pechino. Il presidente russo ha definito «inutili e inefficaci» eventuali ulteriori sanzioni contro il regime di Pyongyang per i suoi test nucleari e missilistici che stanno facendo tremare il mondo. «Se non si sentiranno sicuri - ha detto il leader del Cremlino - i nordcoreani mangeranno erba piuttosto che abbandonare il loro programma nucleare».

Parole che cozzano platealmente con l’intenzione di Washington di inasprire le misure restrittive contro la Corea del Nord con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ma vanno a braccetto con le dichiarazioni del principale partner di Pyongyang, la Cina, che preme invece per la ripresa del «dialogo» con Kim Jong-un.

Putin ha condannato come «provocazione» l’ultimo esperimento nucleare della Corea del Nord, che domenica ha rivendicato il collaudo di una bomba H. Ma dal vertice Brics nella città cinese di Xiamen il leader russo ha anche messo in guardia dai rischi dell’«isteria militare»: visto che Pyongyang «ha armi atomiche - ha sottolineato - un conflitto potrebbe portare a una catastrofe globale». Chiaramente una risposta agli Usa, la cui ambasciatrice all’Onu, Nikki Haley, lunedì ha affermato che gli Stati Uniti non vogliono la guerra, ma che «la pazienza ha un limite».

Ma per Putin le sanzioni sono «una strada che non porta a nulla», anche se - fanno sapere dal ministero degli Esteri di Mosca - la Russia «è disposta a considerare la bozza di risoluzione» presentata da Rex Tillerson. Usa, Germania e Giappone puntano invece a far scendere Kim a più miti consigli tagliando i legami commerciali internazionali del regime nordcoreano: ciò significa innanzitutto bloccare le forniture di petrolio dalla Russia e soprattutto dalla Cina. Ma le nuove sanzioni potrebbero comportare per Mosca anche l’interruzione dei flussi di lavoratori nordcoreani, presenti in Russia a decine di migliaia.

Putin sposa quindi appieno la posizione di Pechino del «doppio congelamento», secondo cui gli Usa devono interrompere le manovre militari con le truppe di Seul e il dispiegamento di uno scudo missilistico in Corea del Sud e in Giappone, mentre Pyongyang deve in cambio mettere fine ai lanci di razzi e ai test nucleari. Più facile a dirsi che a farsi. La Corea del Nord starebbe infatti trasportando verso la costa occidentale un missile intercontinentale: forse il prossimo a finire sulla rampa di lancio gettando ulteriore benzina sul fuoco. Seul mostra invece i muscoli simulando un attacco missilistico contro il sito nordcoreano di Punggye-ri per gli esperimenti nucleari e lanciando delle maxi esercitazioni navali con munizioni vere. Mentre Parigi teme che i missili nordcoreani possano raggiungere l’Europa «prima del previsto».

Gli esperti sono divisi su quanto l’arma nucleare sia per Pyongyang un deterrente per far sopravvivere il regime e quanto un potenziale strumento di aggressione. Ma l’impressione è che con la bomba atomica Kim Jong-un sia convinto di non essere attaccabile dagli Usa e poter quindi sviluppare il suo arsenale senza temere di fare la fine di Saddam o Gheddafi. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres però avverte: le guerre mondiali «non sono iniziate in un solo momento, ma a causa di una serie di decisioni prese da vari Paesi». Meglio insomma trarre insegnamento dalla storia.

Paolo Mastrolilli: "Trump vuole l’embargo sul petrolio di Pyongyang. Ma Pechino non cede"

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Paolo Mastrolilli

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Donald Trump

Gli Stati Uniti puntano sulle sanzioni petrolifere, per convincere la Corea del Nord a negoziare il congelamento del suo programma nucleare. Così però rischiano di dividere il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, aiutando i disegni di Kim, come ha avvertito ieri il segretario generale Guterres, che ha offerto la sua collaborazione per mediare.

L’ambasciatrice Nikki Haley vuole un voto sulle nuove misure entro lunedì, e la sua missione sta definendo il testo. Ci saranno altre sanzioni individuali, mirate contro i leader del regime, che però avranno soprattutto una valenza politica. La vera leva che Washington vorrebbe usare è quella petrolifera, e per questo Trump ieri voleva parlare al telefono con il collega Xi, che ha le mani sui rubinetti delle forniture energetiche di Pyongyang.

Le ultime misure contro il regime sono state approvate all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza il 6 agosto scorso, con la risoluzione 2371. Questo testo limita le esportazioni della Corea del Nord, che ammontano a circa 3 miliardi di dollari all’anno e riguardano soprattutto carbone, ferro e pesce. Le sanzioni colpiscono anche gli investimenti e le attività finanziarie nel Paese, come le joint ventures. La Casa Bianca stima che possano costare a Pyongyang fino ad un miliardo di dollari, cioè un terzo del totale delle sue esportazioni.

Questi provvedimenti però non sono bastati a fermare Kim, che il 3 settembre ha fatto esplodere la sua prima bomba all’idrogeno, perché considera il programma nucleare come la polizza di sopravvivenza del suo regime. Quando Saddam e Gheddafi hanno rinunciato alle armi di distruzione di massa sono caduti, e lui non vuole fare la stessa fine.

Washington intende colpire il settore energetico, pensando che ciò costringerà il regime a cambiare linea. Secondo le stime della US Energy Information Administration, la Corea del Nord consuma ogni giorno 15.000 barili di petrolio. Una quantità molto bassa, se confrontata con i 2,6 milioni della Corea del Sud e i 12,5 milioni della Cina. Per capirsi, Pyongyang brucia in un anno quello che la costa orientale degli Stati Uniti brucia in un solo giorno.

Le forniture arrivano quasi tutte dalla Cina, che è in generale il partner commerciale dominante del Paese. Nel 2016, il 90% degli scambi effettuati dalla Corea del Nord è avvenuto con la Repubblica popolare. Ogni giorno Pyongyang riceve da Pechino 10.000 barili di petrolio, che passano attraverso l’oleodotto della città di confine Dandong e vanno a Ponghwa, unica raffineria operativa nel Paese. Sempre la Cina invia 6000 barili al giorno di prodotti petroliferi come benzina, diesel e lubrificanti, che arrivano invece via mare nel porto di Nampo. Si tratta di uno scambio molto limitato che sarebbe facile bloccare, ma presenta problemi tecnici e politici.

Sul piano tecnico, alla lunga l’embargo petrolifero metterebbe in ginocchio Kim. Nel breve periodo, però, avrebbe scorte sufficienti per tirare avanti, con conseguenze imprevedibili sulla stabilità regionale. Sul piano politico, Pechino non vuole chiudere i rubinetti per almeno due motivi: primo, evitare una catastrofe umanitaria che spingerebbe milioni di profughi verso il suo territorio; secondo, tenere comunque in piedi il regime, che le serve come cuscinetto per impedire che l’intera penisola si riunifichi sotto la bandiera sudcoreana e americana.
La Russia ha già detto che è contraria a nuove sanzioni, ma non possiede le chiavi della crisi. Trump invece vuole mettere alla prova Xi, per ottenere quanto meno un embargo temporaneo, che spinga Kim a cambiare linea. Il capo della Casa Bianca potrebbe fare molto male alla Cina riducendo gli scambi bilaterali, e ha minacciato di bloccare i commerci con tutti i Paesi che continuano a fare affari con Pyongyang. Questa però è una linea difficile da attuare, perché oltre a Pechino, Mosca e Nuova Delhi, circa cento Paesi hanno scambi con la Corea del Nord, e quindi anche gli Usa subirebbero un contraccolpo insostenibile. Trump vorrebbe da Xi almeno un embargo parziale, ma Guterres ieri ha avvertito che «è indispensabile preservare l’unità del Consiglio di Sicurezza per affrontare questa crisi, che è la più grave del momento e rischia di ripercorrere i passi che portarono alla Prima guerra mondiale».

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