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La Stampa Rassegna Stampa
11.05.2017 La 'stabilità' secondo Federica Moghrerini
La intervista Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 11 maggio 2017
Pagina: 1
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «'Ue forte anche dopo Brexit e populismi. Ora avanti con l’adesione dei Balcani'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/05/2017, a pag. 1-10, con il titolo "Ue forte anche dopo Brexit e populismi. Ora avanti con l’adesione dei Balcani", l'intervista di Paolo Mastrolilli a Federica Mogherini.

Secondo Federica Mogherini l'Europa è "un modello di stabilità". Perché Mogherini non spiega invece come funziona - o meglio, come non funziona - la lotta al terrorismo islamico in Europa? Parlando di "stabilità" si riferisce all'accordo con l'Iran sul nucleare? Oppure alla linea costantemente contro Israele nell'arena internazionale?

Ecco l'articolo:

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Paolo Mastrolilli

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Federica Mogherini, velata

 

 

L’Unione europea non solo non arretra, ma rilancia, guardando in particolare all’ingresso dei Paesi balcanici.
A dirlo è l’Alto rappresentante della Ue per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, parlando dopo il suo intervento di martedì all’Onu.

Macron ha vinto le presidenziali francesi con un esplicito messaggio filo europeo. Cosa significa per il futuro della Ue?
«Dopo il referendum sulla Brexit molti avevano previsto che quel voto sarebbe stato l’inizio della fine, ma tutte le recenti elezioni, non solo in Francia, hanno dimostrato il contrario. Naturalmente ci sono problemi da affrontare, perché il disagio dei cittadini è reale. Ma gli europei stanno iniziando a rendersi conto di cosa hanno da perdere. E i francesi hanno detto con chiarezza che sostengono il progetto europeo, vogliono rilanciarlo perché lo considerano parte della soluzione».

Dopo l’ondata populista, gli europei cominciano a capire cosa hanno costruito proprio mentre rischiano di perderlo?
«Questo è evidente soprattutto a chi ci vede dal di fuori, ai non europei. Quando viaggio in Asia, Africa, America settentrionale e meridionale, tutti mi chiedono se ci rendiamo conto di cosa abbiamo costruito. Il mondo vive un periodo di grande instabilità, che richiede soluzioni multilaterali. Gli altri continenti vedono la Ue come un modello e un fattore di stabilità, e invidiano la pace e la prosperità che abbiamo costruito negli ultimi sessant’anni. L’instabilità riguarda tutti nel mondo, e le difficoltà e le disuguaglianze toccano anche noi. Ma mi sembra che tanti europei abbiano capito che la Ue è uno strumento per superare i problemi e darci più forza per affrontare la globalizzazione. C’è una forte determinazione ad andare avanti, uniti. Lo abbiamo visto molto bene anche a Roma, alle celebrazioni dei 60 anni del trattato di Roma. Anche perché l’Ue, pure dopo l’uscita della Gran Bretagna, continuerà ad essere il primo mercato al mondo, il primo donatore internazionale di aiuti umanitari, il primo partner commerciale per la maggior parte dei Paesi, la seconda economia globale: insieme siamo più forti».

L’uscita della Gran Bretagna non indebolirà la Ue?
«Io sono certa che il futuro dell’Unione non sarà a 27 perché avremo nuovi Stati membri. Penso ai Paesi dei Balcani con i quali stiamo negoziando l’ingresso nell’Ue. Molti si riferiscono a questo processo come “allargamento”, io preferisco invece parlare di riunificazione dell’Europa».

Serbia, Montenegro, Kosovo, puntano ad entrare nell’Unione europea anche per diluire i loro contrasti nella Ue e così superarli. A che punto sono le trattative per il loro ingresso?
«È grazie al rapporto di ognuno di questi Paesi con l’Ue che si è riusciti in gran parte a curare le ferite di guerre avvenute solo vent’anni fa. Il cammino e ancora lungo e faticoso, e non sempre lineare. Ma sono convinta che continuerà, anche grazie al fatto che ciascuno di questi Paesi ha una prospettiva comune nell’Unione europea».

Durante la campagna presidenziale, Donald Trump aveva detto di aspettarsi che altri Paesi avrebbero seguito l’esempio della Brexit. Diventato Presidente, ha dichiarato che l’Unione sta facendo un buon lavoro e ora l’appoggia. Come sono i rapporti con Washington?
«Buoni. Io ho incontrato diverse volte, a Washington e a Bruxelles, il vice presidente Pence, il segretario di Stato Tillerson, il consigliere per la Sicurezza nazionale McMaster, e il segretario alla Difesa Mattis. E qui a New York ho visto Nikki Haley. Abbiamo ottimi canali di comunicazione sempre aperti».

Un tema su cui potreste avere divergenze è il trattato nucleare con l’Iran, che Trump sta valutando di abbandonare.
«Noi abbiamo chiarito molto bene a tutti che siamo determinati a garantire la piena applicazione dell’accordo. La Ue è ferma nel sostenere l’intesa raggiunta, anche perché per ben cinque volte l’Aiea ha certificato che l’Iran ha pienamente rispettato i suoi impegni di non proliferazione nucleare. E questo è fondamentale per la sicurezza della regione, dell’Europa e del mondo».

Come può contribuire l’Unione a fermare la guerra in Siria?
«Sosteniamo la decisione dell’inviato dell’Onu De Mistura di riprendere i colloqui a Ginevra la prossima settimana, e lavoriamo in strettissimo coordinamento. Vogliamo aiutare i siriani nella transizione politica, non solo con il supporto umanitario, ma anche accompagnando i negoziati a Ginevra. Alla conferenza internazionale sulla Siria che ho presieduto a Bruxelles il mese scorso abbiamo cominciato a ragionare con le Nazioni Unite e con tutta la comunità internazionale su come poter sostenere la ricostruzione e la riconciliazione del Paese, una volta che la transizione politica sarà avviata. I dividendi della pace sono chiari per tutti: i siriani, la regione, e l’intera comunità internazionale».

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direttore@lastampa.it

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