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La Stampa Rassegna Stampa
10.03.2017 Guerra allo Stato islamico: assalto finale a Raqqa, sarà la volta buona?
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 10 marzo 2017
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Washington invia i marines per l'assalto finale a Raqqa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/03/2017, a pag. 11, con il titolo "Washington invia i marines per l'assalto finale a Raqqa", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Un'esecuzione dello Stato islamico

Saranno i marines americani ad aprire la strada per l’assalto finale a Raqqa. Un battaglione di artiglieria, 400 uomini, è arrivato nei giorni scorsi nel Nord della Siria e si prepara a disintegrare le fortificazioni islamiste attorno alla capitale del Califfato. Le truppe speciali, già presenti da mesi, si infiltreranno invece dietro le linee nemiche e guideranno le avanguardie delle «Syrian democratic forces», la coalizione curdo-araba che ha il compito di assestare il colpo mortale dell’Isis.

Washington prende le redini della battaglia con il consenso di Mosca, e qui sta la novità nella strategia dell’amministrazione Trump. L’operazione è stata discussa in un summit tre giorni fa ad Antalya, Turchia, fra i capi di Stato maggiore americano, russo e turco e dovrebbe scattare «nelle prossime settimane». Mai si erano visti i vertici dei due più potenti eserciti Nato e della Russia pianificare qualcosa del genere.

I numeri in campo
Raqqa, 500 mila abitanti prima della guerra, resta l’unica grande città nelle mani dello Stato islamico. Come a Mosul, le forze alleate dispongono di un massiccio vantaggio numerico e di potenza di fuoco. Gli islamisti rimasti in città sono da 4 a 8 mila. Un nucleo duro di combattenti ceceni e dell’Asia centrale reggerà l’urto e cercherà contrattacchi tattici come mezzi kamikaze e commandos fatti filtrare attraverso i tunnel. A Raqqa si dovrebbe trovare anche l’unità d’élite Liwa al-Khilafa, o quel che ne resta. I jihadisti si trovano davanti un migliaio di militari americani e i 30-40 mila uomini delle Syrian democratic forces, per tre quarti guerriglieri curdi Ypg.

I curdi hanno ricevuto un mese fa i primi mezzi blindati leggeri, Gurkha di fabbricazione canadese, ma non hanno armi pesanti. A sopperire ci penseranno i reparti di artiglieria dei Marines. Hanno a disposizione i potenti cannoni da 155 millimetri M777, dotati di proiettili a guida Gps Excalibur, con un margine di errore di pochi metri. Il battaglione si trova nella zona di Ain Issa, 40 chilometri a Nord di Raqqa e a circa 25 dalla prima linea difensiva fortificata. Una volta demolita, la cavalleria leggera curda potrà dilagare. È successo così anche a Sud di Mosul.

Verso Raqqa si stanno dirigendo anche le forze governative siriane, appoggiate da reparti speciali russi. Il governo di Assad non ha finora protestato per la presenza di truppe americane sul suo territorio. L’accordo di Antalya prevede anche questo e Mosca ha i mezzi per convincere l’alleato a non ostacolare la prima collaborazione concreta con Washington. Anche perché nel Nord della Siria c’è ora una convergenza fra interessi russi, americani e siriani. I governativi avevano bisogno di impossessarsi della centrale dell’acqua che rifornisce Aleppo, vicino all’Eufrate, e sono avanzati nella zona di Manbij. In questo modo hanno «tagliato la strada» a una possibile avanzata turca verso Raqqa che avrebbe innervosito i curdi e ostacolato i piani Usa.

Ingorgo a Manbij
Attorno a Manbij si è formato un ingorgo. Il presidente turco Erdogan ha detto più volte di voler sloggiare i curdi dello Ypg, un movimento che considera «terrorista». Sul terreno ha messo 4 mila uomini, un centinaio fra tank e blindati, più altri 4000 uomini del «Free Syrian Army». La mossa di Assad e Putin lo ha stoppato e a rincarare la dose ci hanno pensato le truppe speciali Usa che si sono messe a pattugliare le vie della città. A questo punto su Raqqa possono convergere solo i curdi, già vicinissimi, e forse le truppe siriane accompagnate dagli Spetsnaz russi. Il raiss ha inviato in zona alcune delle sue migliori unità, come i Souqour al-Sahar, i Falchi del Deserto. I numeri sono ancora limitati, circa 10 mila soldati, ma potrebbero essere rimpolpati una volta terminate le operazioni attorno a Palmira.

L’architettura dell’operazione Raqqa è ben ordinata. Non è però chiaro quale merce di scambio abbia ottenuto la Turchia. Il nervosismo dei ribelli siriani suoi alleati, che ieri si sono scontrati di nuovo con le truppe di Assad vicino a Manbij, indica che l’equilibrio è precario. Ma se l’intesa Washington-Mosca regge, questi incidenti di percorso non potranno cambiare il destino della battaglia.

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direttore@lastampa.it

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