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La Stampa Rassegna Stampa
13.02.2017 Fratellanza musulmana: un piano del Congresso Usa per metterli fuori legge
Commento di Lorenzo Vidino

Testata: La Stampa
Data: 13 febbraio 2017
Pagina: 13
Autore: Lorenzo Vidino
Titolo: «E ora la Casa Bianca vuole mettere fuori legge i Fratelli musulmani»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/02/2017, a pag. 13, con il titolo "E ora la Casa Bianca vuole mettere fuori legge i Fratelli musulmani", il commento di Lorenzo Vidino.

A destra: il logo della Fratellanza musulmana: il Corano è l'obiettivo, le scimitarre, ovvero la violenza, lo strumento per imporlo.

La Fratellanza musulmana è un movimento che vuole ricostituire il Califfato e imporre la sharia. Per questo è tempo che anche in Occidente venga considerato come un movimento islamista da combattere, non da favorire.

Ecco l'articolo:

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Lorenzo Vidino, Center for Cyber and Homeland Security presso la George Washington University

Mediaticamente oscurata dal cosiddetto Muslim ban, un’altra iniziativa discussa in questi giorni dall’amministrazione Trump potrebbe portare ad importanti sviluppi nei rapporti tra l’America e il mondo islamico. Un disegno di legge recentemente presentato al Congresso da due repubblicani e supportato dalla Casa Bianca vorrebbe infatti far designare come organizzazione terroristica i Fratelli musulmani.
Un’eventuale designazione avrebbe enormi ripercussioni, visto che la Fratellanza è la più vecchia e diffusa organizzazione islamista del mondo, con ramificazioni in ogni Paese del mondo islamico e in Occidente (America inclusa).

L’idea è figlia di un manipolo di attivisti che da anni animano una vivace corrente di pensiero che vede islamismo e Islam, la cui differenza è per molti di essi spesso inesistente, come minacce supreme alla società americana, evidenziando a volte problematiche reali, ma spesso esagerandole e distorcendole con toni paranoici e complottistici. Tradizionalmente messi alla berlina dall’establishment di Washington, anche quello conservatore, i sostenitori della sharia come minaccia esistenziale all’America hanno trovato un’inaspettata visibilità nell’amministrazione Trump, nella quale molti di loro rivestono ruoli formali o informali.

Nonostante i promotori della designazione siano censurabili, l’idea non va accantonata in toto. Se la visione della Fratellanza dei trumpisti, che li vedono identici ai tagliagole dello Stato Islamico o costantemente affaccendati in attività sovversive, è fuorviante, la posizione opposta è altrettanto problematica. Vedere la Fratellanza, sia in Medio Oriente che nelle sue emanazioni in Occidente, come baluardo contro l’estremismo jihadista genuinamente devoto alla democrazia e ai diritti umani, come fanno alcuni accademici e politici, vuoi per ingenuità vuoi per motivi di convenienza personale o politica, è un errore dalle dimensioni macroscopiche.

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Donald Trump

La realtà è che i Fratelli Musulmani sono un movimento estremamente complesso ed opaco e che pertanto sfugge a facili etichette e categorizzazioni. Le sue ramificazioni a livello locale hanno un minimo comun denominatore ideologico, ma col tempo hanno adottato visioni e tattiche diverse. Non deve stupire pertanto che se la branca yemenita della Fratellanza opera storicamente come un tutt’uno con Al Qaeda, quella tunisina, al Nahda, ha partecipato con correttezza alla vita democratica del Paese dopo la caduta del regime di Ben Ali. O che mentre alcuni degli attivisti legati al movimento partecipino ad eventi della comunità Lgbt o a dialoghi interreligiosi, Yussuf al Qaradawi, il leader spirituale della Fratellanza a livello globale, dichiari su Al Jazeera che gli omosessuali vadano puniti, come i fornicatori, con le frustate e che coloro che lasciano l’Islam debbano subire la pena di morte per apostasia.

Come valutare e relazionarsi quindi con un movimento così complesso e ambiguo? Il problema è comune ad ogni Paese occidentale, dove le opinioni contrastanti sulla Fratellanza trascendono gli schieramenti politici. Il problema tocca anche l’Italia, sia in questioni di politica estera (come raffrontarsi, per esempio, con i Fratelli Musulmani in Libia? Insidiosi doppiogiochisti come dice Haftar o forze di stabilizzazione del Paese?) che interna (come rapportarsi con quelle sigle dell’Islam italiano che, seppur indipendenti, hanno forti legami storici, ideologici, organizzativi e finanziari con il network transnazionale dei Fratelli? Fautori di integrazione o promotori di un Islam che, anche se non violento, è intollerante e auto-ghettizzante?).

La risposta a questi complessi quesiti non si trova certo nelle analisi a 140 caratteri di Trump o nel complottismo islamofobo dei suoi consiglieri. Ma neanche in un’apertura cieca a un movimento che presenta molti lati oscuri.

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direttore@lastampa.it

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