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La Stampa Rassegna Stampa
17.01.2017 Velo o non velo: sono libere le donne musulmane in Italia ?
Commento parziale di Karima Moual

Testata: La Stampa
Data: 17 gennaio 2017
Pagina: 25
Autore: Karima Moual
Titolo: «'Ci vogliono solo velate': le giovani musulmane italiane boicottano la Tv italiana»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/01/2017, a pag. 25, con il titolo " 'Ci vogliono solo velate': le giovani musulmane italiane boicottano la Tv italiana", il commento di Karima Moual.

L'articolo di Karima Moual dà voce a una realtà, quella delle musulmane non estremiste, ma tralascia completamente la questione dell'imposizione della sharia e del terrorismo islamico. Il velo è segno di sottomissione, anche se non tutte le donne musulmane lo indossano. Inoltre Moual non chiede alle musulmane che portano il velo il motivo della loro scelta - sempre che di scelta libera si tratti - e di conseguenza l'articolo è parziale, come sempre negli articoli di questa collaboratrice della Stampa. Quale differenza di qualità e contenuto con Souad Sbai, presidente della Associazione donne musulmane in Italia.

Ecco l'articolo:

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Karima Moual

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Nella trappola del grande schermo i giovani musulmani non ci vogliono più cadere. E’ una consapevolezza che si è fatta sempre più forte in questi ultimi anni e che con le seconde generazioni sta velocemente passando dalla protesta all’azione. Proprio in questi giorni girano sui social network - con una punta di orgoglio - gli screenshot della messaggistica tra giornalisti di programmi - diventati famosi più per andare giù pesante sulle questioni «islamiche» che per gli ascolti - e il rifiuto, soprattutto da parte delle giovani musulmane, a parteciparvi. Il motivo? Li considerano «teatrini» preparati ad hoc, per mettere in cattiva luce gli immigrati, l’islam e i musulmani.

Al via dunque il boicottaggio, come a dire: «Non nel mio nome». La frustrazione di questi giovani, musulmani e figli dell’immigrazione, che ancora non si sentono raccontati o rappresentati dal grande schermo italiano, è forte e non più disponibile al compromesso. Sara Ahmad, giovane musulmana, racconta sul suo profilo Facebook, con tanto di prova dello scambio di messaggi: «Ieri sono stata contattata dalla redazione di un noto programma televisivo. Prima di me sono state contattate tante altre ragazze e, fortunatamente, hanno rifiutato tutte la proposta della redazione. Di quale proposta così importante e ben retribuita si tratta?

«Una donna musulmana deve indossare il burqa (retaggio culturale afghano e non prescrizione islamica) e recitare la parte della musulmana che discute con il preside della scuola frequentata dai figli. Le solite cose insomma, le solite messe in scena per fare polemica, per creare più disinformazione e più astio tra le persone”.

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Fatima El Allali risponde a una discussione sull’ennesimo format che ha mandato in pasto la comunità islamica ai peggiori istinti dell’odio: «Io mi meraviglio di alcuni musulmani che accettano di essere umiliati gratuitamente. Per favore state a casa vostra e non parlate di Islam e di musulmani, lasciate che siano le vostre azioni a parlare di voi». Shereen Mohammed, classe 1993, pubblica la messaggistica tra lei e una redattrice del programma «Quinta colonna», che la invita a partecipare come donna, musulmana e velata per parlare della sua scelta e delle difficoltà. Lei risponde, come se fosse stata in attesa da anni di quell’invito, sfogando tutto il dissenso e la frustrazione provati durante la visione delle puntate di quell’arena: «Purtroppo conosco la vostra trasmissione, credo che come tutte le ragazze che avete invitato questi giorni, rifiuterò anche io. Non sono disposta a farmi trattare da burattino in una trasmissione dove gli ospiti vengono buttati in pasto ai leoni (..) Inoltre non vedo questa necessità di ricorrere a stereotipi. Sì, sono musulmana, porto il velo per scelta, ma sono molto altro».

E’ infatti quel «molto altro» che manca nella tv italiana e che viene denunciato in discussioni pubbliche come una vera discriminazione. Un’altra ragazza musulmana racconta di essere stata chiamata da un noto programma di La7, che però aveva l’esigenza di avere un’ospite velata. Il fatto che la donna musulmana in questione fosse affermata nel lavoro ma non portasse il velo si è rivelato un problema.

A Shaimaa Fatihi, che invita i suoi numerosi fun su Fb a boicottare queste trasmissioni, è arrivata tra le altre la risposta di Fouad Roueiha: «È fondamentale non prestarsi a partecipare in qualità di punching ball o belle statuine alle trasmissioni televisive, perché far partecipare dei musulmani o degli “immigrati” (nel caso mio, un siriano) aumenta la credibilità e l’autorevolezza di una trasmissione che si occupi di tematiche connesse, anche se poi l’ospite non viene messo in grado di esprimersi o ha meno spazio della “controparte”. Dobbiamo allora vincere il narcisismo e la voglia di apparire e dire “no” a trasmissioni note per l’atteggiamento scorretto, lasciamo che parlino in maniera autoreferenziale piuttosto che accreditarli. Bisognerebbe lasciare che quella gente sia da sola a parlarsi addosso.».

Insomma, il nostro grande schermo con i suoi programmi e il suo palinsesto - ancora orfano di un racconto e di uno sguardo approfondito sul pluralismo etnico e religioso, che ha anche la cittadinanza italiana - inizia ad essere analizzato dai più giovani, che ne individuano la dinamica scorretta al punto da proporne il boicottaggio. Sarà dunque il caso di cambiare schema, inventarsi qualcosa di nuovo, o semplicemente, aprirsi a un vero dibattito con i musulmani, non contro di essi.

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direttore@lastampa.it

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