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La Stampa Rassegna Stampa
23.12.2016 Berlino: gli errori della sicurezza
Commento di Alessandro Alviani

Testata: La Stampa
Data: 23 dicembre 2016
Pagina: 7
Autore: Alessandro Alviani
Titolo: «5 errori della sicurezza»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/12/2016, a pag. 7, con il titolo "5 errori della sicurezza", il commento di Alessandro Alviani.

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Alessandro Alviani

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Agenti di polizia tedeschi

La storia di Anis Amri mette in luce lacune ed errori che riportano in primo piano una questione, quella dell’efficienza dell’apparato di sicurezza tedesco, che era già emersa a ottobre, quando le forze speciali si erano fatte scappare sotto il naso a Chemnitz il 22enne siriano Jaber al-Bakr, sospettato di preparare un attentato a Berlino e suicidatosi poi in carcere.

1.Perché non è stato possibile fermare prima Anis Amri?
Le occasioni non sono mancate: in primavera gli agenti lo sottopongono a un controllo in una stazione degli autobus di Berlino, ma lo lasciano andare. A luglio lo fermano a Friedrichshafen con un documento italiano falso. Amri finisce a Ravensburg in un centro di detenzione in attesa dell’espulsione, ma viene rilasciato il giorno dopo, perché la Tunisia non ha inviato i suoi documenti.

2.Ma non era considerato un soggetto pericoloso?
Sì, ma il sistema non garantisce automaticamente l’arresto. In Germania ci sono 549 cosiddetti «soggetti pericolosi», persone che potrebbero in teoria commettere un attentato. Il problema: la polizia non può arrestarli, visto che non hanno compiuto nessun reato. E per tenerli sotto controllo tutti in modo capillare ci sarebbe bisogno di uno sforzo immenso: per sorvegliare 24 ore al giorno ogni singolo soggetto pericoloso servirebbero dai 20 ai 40 agenti.

3.Amri era sorvegliato, ma le autorità lo hanno perso di vista. Come è stato possibile?
Il 24enne tunisino resta sotto sorveglianza delle autorità berlinesi da marzo a settembre. In questo periodo il suo nome è già nel registro dei «soggetti pericolosi»: in una nota risalente a marzo si legge che sta cercando persone che vogliano «compiere con lui degli attentati di matrice islamica». Il Nordreno-Vestfalia avvia un’inchiesta contro di lui sulla base del paragrafo anti-terrorismo del codice penale. L’inchiesta passa a Berlino, dove Amri si è nel frattempo trasferito. Dall’estate le autorità sanno che ha parlato di compiere un attentato. Sempre in estate Amri si offre come attentatore suicida su alcune chat usate da radicali islamici. A settembre la Germania decide però di non tenerlo più sotto osservazione, perché, secondo la procura federale, non ci sarebbe «nessuna base per prolungare ulteriormente» le misure di sorveglianza. Da novembre le autorità lo perdono di vista.

4.Perché la polizia non si concentra subito su di lui?
Soltanto il pomeriggio del 20, cioè il giorno dopo l’attentato, gli inquirenti scoprono il documento col nome di Amri rimasto sul Tir. Fino a quel momento la cabina di guida non era stata passata al setaccio dagli esperti, che avevano dato la precedenza ai cani poliziotto, impiegati per individuare l’odore dell’attentatore.

5.Perché le perquisizioni sono avvenute solo giovedì?
La perquisizione al centro di accoglienza di Emmerich, dove Amri ha vissuto in estate, era prevista per mercoledì, ma gli agenti sono arrivati solo ieri mattina per colpa di un errore ortografico nel mandato di perquisizione. Un errore formale ha ritardato anche le perquisizioni avvenute ieri mattina presto a Berlino.

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direttore@lastampa.it

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