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La Stampa Rassegna Stampa
12.12.2016 Addio a Paolo De Benedetti
Commento di Bruno Quaranta

Testata: La Stampa
Data: 12 dicembre 2016
Pagina: 39
Autore: Bruno Quaranta
Titolo: «De Benedetti, fedeltà ebraiche e convinzioni cristiane»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/12/2016, a pag. 39, con il titolo "De Benedetti, fedeltà ebraiche e convinzioni cristiane", il commento di Bruno Quaranta.

Ricordiamo l'ironia di Paolo De Benedetti: "fu fatto notare a De Benedetti che Giovanni Paolo II aveva mostrato una speciale considerazione verso i figli di Sara e di Abramo chiamandoli nella Sinagoga di Roma «fratelli maggiori». Con la sua voce metallica, quasi stridula, sfarinò ogni eventuale lusinga: «Di solito i fratelli minori divorano i fratelli maggiori»".

Ecco l'articolo:

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Bruno Quaranta

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Paolo De Benedetti

«I giorni del mondo chi potrà contarli?» domanda Siracide, un libro biblico. Ieri, ad Asti, dov’era nato nel 1927, è scomparso ottantanovenne Paolo De Benedetti, già docente di Giudaismo a Milano e di Antico testamento a Urbino e a Trento, tra i curatori dell’Enciclopedia Europea Garzanti, un alfiere dell’ecumenismo (correvano gli Anni Sessanta quando introdusse in Italia con Italo Mancini il Bonhoeffer di Resistenza e resa), non a caso in sintonia con un altro piemontese quale Carlo Maria Martini.
Non esitava a definirsi un «marrano», Paolo De Benedetti, che ricevette il battesimo a dieci anni. Ma sempre oscillando tra fedeltà ebraiche (ebreo era il padre) e convinzioni cristiane, considerate «egualmente irrinunciabili».

Una volta, a Bose, a tavola con il priore Enzo Bianchi, fu fatto notare a De Benedetti che Giovanni Paolo II aveva mostrato una speciale considerazione verso i figli di Sara e di Abramo chiamandoli nella Sinagoga di Roma «fratelli maggiori». Con la sua voce metallica, quasi stridula, sfarinò ogni eventuale lusinga: «Di solito i fratelli minori divorano i fratelli maggiori».

Asti cardinale nell’esistenza di Paolo De Benedetti, che vi faceva ritorno appena possibile, dove lo aspettava la sorella Maria, la sua ancella: «Nella frazione di Casabianca», era solito ricordare, «la mia famiglia giunse a fine Ottocento, da allora mai abbandonandola». Di Pasqua in Pasqua rinnovando l’augurio: «Un altr’anno a Gerusalemme».

Tra i numerosi libri che custodiscono la sapienza di Paolo De Benedetti, Quale Dio? e Introduzione al giudaismo (entrambi per Morcelliana), Ciò che tarda avverrà e E l’asina disse… (per Qiqajon), Il paradiso delle piccole cose (Imprimatur), un dialogo a cura di Piero Mariani Cerati e Luigi Rigazzi (con la prefazione di Umberto Eco: «A noi Paolo insegna il segreto nome di Dio»).

Quale il Dio di De Benedetti? «Noi cerchiamo», spiegava, «un Dio che non meni vanto di questo mondo così infelice, noi abbiamo bisogno di cambiare Dio per conservarlo (e perché lui conservi noi). Forse ciò vuol dire soltanto cambiare il nostro pensare Dio. O forse no?». Di interrogazione in interrogazione. Non a caso era l’Ecclesiaste il suo libro, il libro «di chi non riesce a credere in maniera tranquilla».

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