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La Stampa Rassegna Stampa
29.07.2016 Alla faccia dei 'lupi solitari': la verità viene fuori (anche) da Internet
Cronaca di Marco Bresolin

Testata: La Stampa
Data: 29 luglio 2016
Pagina: 4
Autore: Marco Bresolin
Titolo: «L'attentato anticipato su Internet: 'In cella ho conosciuto la mia guida'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/07/2016, a pag. 4, con il titolo "L'attentato anticipato su Internet: 'In cella ho conosciuto la mia guida'", la cronaca di Marco Bresolin.

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Marco Bresolin

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«In carcere ho conosciuto la mia guida spirituale, il mio sceicco. È lui che mi ha dato delle idee, mi ha consigliato come agire». La voce è quella di Adel Kermiche, il 19enne che martedì mattina ha sgozzato il prete del suo paese, Saint Etienne du Rouvray, con Abdel Malik Nabil Petitjean. Ed è in uno di quei messaggi, diffusi sul suo canale Telegram, che Adel ha svelato ciò che gli inquirenti sospettavano. Dieci mesi in carcere, dopo aver tentato per due volte di andare in Siria, sono stati un’ottima palestra di jihadismo.
Forse «lo sceicco» di cui parla è Amir, il detenuto saudita con cui ha condiviso la cella. Adel raccontava su Telegram di aver conosciuto dietro le sbarre anche «un emiro di Al Qaeda e altri fratelli. Ci siamo riuniti, ho preso delle lezioni». Le tecniche di cui gli parlavano «sono state poi messe in pratica a Sousse, in Tunisia, e al Bataclan». Ora voleva «creare un gruppo» nella zona di Rouen. Nel frattempo faceva proselitismo su Telegram con i suoi circa 200 seguaci. Parlava da leader, svela un’inchiesta de «L’Express», che ha ascoltato messaggi.

Il 19 luglio, sette giorni prima dell’attacco in chiesa, uno dei suoi contatti gli chiede: «Meglio partire o fare un attentato qui?». E lui consiglia: «È complicato raggiungere i territori dell’Isis, le frontiere sono chiuse». Adel ci aveva provato due volte, senza riuscirci. «Meglio attaccare qui». Come? «Prendi un coltello, vai in una chiesa e fa una carneficina. Tagli due o tre teste ed è fatta, tutto finito».

Il giorno prima dell’attentato aveva promesso «grandi cose» ai suoi seguaci. Voleva dimostrare di essere un vero jihadista a chi, su Telegram, criticava il suo «impegno da divano». Arriva la mattina del 26 luglio e alle 8.30 per Adel cominciano le quattro ore quotidiane di libertà. Prima di uscire di casa con Abdel Malik, che ha passato la notte da lui, lascia un altro messaggio. «Scaricate quello che sta per arrivare e condividetelo in massa». Poi i due vanno in chiesa e filmano la loro azione. Alle 9.46 Adel si riconnette su Telegram, ma non riesce a caricare il video. Scatta il blitz della polizia, i due vengono uccisi.

Restano da chiarire i legami tra i due jihadisti, come si erano conosciuti. Probabilmente in Rete, qualcuno li aveva messi in contatto. Adel era il leader, Abdel Malik la spalla. Prima di entrare in chiesa, il 19enne venuto dalla Savoia non aveva lasciato messaggi su Telegram. Solo un sms alla mamma. «Non ti preoccupare, va tutto bene. Ti voglio bene. Fai la nanna». Lei ancora oggi continua a chiamarlo «il mio bebé».

Abdel Malik era un insospettabile, sconosciuto all’anti-terrorismo. Ma solo fino a poche settimane fa. Sul suo conto erano arrivate ben due segnalazioni, eppure non sono bastate per fermarlo. Colpa di una serie di errori. Il 10 giugno le autorità turche lo avevano beccato mentre cercava di andare in Siria con un amico. Quest’ultimo, già schedato, era stato espulso. Lui no. Addirittura la segnalazione a Parigi era arrivata solo 15 giorni dopo: nel frattempo era riuscito a tornare a casa indisturbato già l’11 giugno. Risale invece al 29 giugno la sua schedatura sotto la lettera «S».

E poi c’è la soffiata ai Servizi arrivata dall’estero il 22 luglio. Sotto la sua foto, la scritta: «Quest’uomo è pronto a colpire in Francia». Ma l’anti-terrorismo non è riuscita ad associare il suo nome a quell’immagine, un fotogramma tratto da un video. E non c’è riuscita nemmeno quando, domenica scorsa, durante una perquisizione in casa di un sospetto terrorista, è spuntato proprio quel video, preso da una chat di Telegram. Si vede Abdel Malik con una maglia a righe che presta giuramento al Califfato. Era già schedato, ma non è stato identificato.

Intanto la comunità islamica ha iniziato a mobilitarsi. Ieri il Consiglio dei musulmani ha invitato i fedeli ad «andare a messa in una chiesa domenica per portare solidarietà» ai cristiani. Gli investigatori invece stanno mettendo sotto torchio le cinque persone fermate dopo l’attentato. Tra di loro c’è anche un certo Jean-Louis S., l’uomo che era con Abdel Malik in Turchia. Probabilmente potrà svelare cosa legava i due killer. Anche se ormai è troppo tardi.

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