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La Stampa Rassegna Stampa
30.05.2016 Iran-Arabia Saudita ai ferri corti anche per i pellegrinaggi, mentre a Teheran il nuovo presidente del Parlamento è un estremista
Cronache di Giordano Stabile, Claudio Gallo

Testata: La Stampa
Data: 30 maggio 2016
Pagina: 12
Autore: Giordano Stabile - Claudio Gallo
Titolo: «Iran, no al pellegrinaggio alla Mecca - E a Teheran moderati ko, presidente del Parlamento è il conservatore Larijani»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/05/2016, a pag. 12, con il titolo "Iran, no al pellegrinaggio alla Mecca", la cronaca di Giordani Stabile; con il titolo "E a Teheran moderati ko, presidente del Parlamento è il conservatore Larijani", la cronaca di Claudio Gallo.

Ecco gli articoli:

Giordano Stabile: "Iran, no al pellegrinaggio alla Mecca"

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Giordano Stabile

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La Mecca

Niente pellegrinaggio alla Mecca, almeno per quest’anno, per i musulmani iraniani. Le trattative fra Iran e Arabia Saudita sono fallite e Teheran ha annunciato ieri che non consentirà ai suoi cittadini di recarsi nei luoghi santi in quanto «non ci sono le condizioni di sicurezza». Prima era successo solo fra il 1987 e il 1989.

Le relazioni fra le più importanti potenze sciita e sunnita sono ai minimi termini dopo l’esecuzione, a gennaio, dell’imam Al-Nimr, leader religioso e politico della minoranza sciita nel regno saudita. Ma Teheran imputa a Riad di non garantire la sicurezza ai suoi pellegrini, dopo la strage per una calca lo scorso 24 settembre, quando morirono, secondo il bilancio ufficiale, 700 persone. Secondo fonti di agenzia occidentali, come l’Afp, le vittime furono in realtà tremila, comprese centinaia di iraniani.

L’hajj, o pellegrinaggio grande, è uno dei cinque pilastri dell’Islam, sia sunnita che sciita. Ogni fedele deve compierlo almeno una volta nella vita. Si svolge di solito due mesi dopo la fine del ramadan e quest’anno sarà fra l’8 e il 14 settembre. L’Iran ha accusato il governo saudita di «sabotaggio».

Riad sostiene di aver offerto al governo iraniano misure di sicurezza come il controllo con telecamere di sorveglianza, e la possibilità di ottenere visti all’ambasciata svizzera oltre che «via e-mail». L’ambasciata saudita a Teheran è stata assalita dalla folla dopo l’esecuzione dell’imam Al-Nimr ed è chiusa da allora.

Claudio Gallo: "E a Teheran moderati ko, presidente del Parlamento è il conservatore Larijani"

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Claudio Gallo

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Ali Larijani

Il parlamento iraniano ha rieletto ieri come speaker provvisorio Ali Larijani in quella che appare una nuova sconfitta dei moderati dopo l’elezione dell’ayatollah ultraconservatore Jannati alla guida dell’Assemblea degli Esperti, l’organo che elegge la Guida Suprema.
Il voto definitivo per il presidente del Parlamento si terrà tra qualche giorno, dopo l’approvazione delle credenziali dei deputati, ma la notizia che Aref ha deciso di non partecipare rende il risultato scontato. Ali Larijani, 59 anni tra pochi giorni, figlio di un noto ayatollah fa parte di una famiglia molto influente che occupa posti di rilievo nella Repubblica islamica. Conservatore pragmatico, già speaker uscente, è stato segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, l’istituzione che sotto gli occhi vigili della Guida Suprema Ali Khamenei decide la politica nucleare del paese.
La vittoria di Larijani arriva pochi giorni dopo la presentazione della sua coalizione parlamentare che ha avuto il sostegno del generale dei pasdaran Qasem Soleimani, capo dell’unità Quds per le azioni all’estero, uno degli uomini più popolari in Iran.

Nel nuovo Majles che conta 290 seggi, Larijani ha vinto con una maggioranza di 173 voti. Il leader riformista Mohammad Reza Aref, considerato il vincitore delle recenti elezioni, ha ottenuto soltanto 103 voti. Quando durante l’ultima campagna elettorale La Stampa aveva chiesto ad Aref se in caso di vittoria sarebbe divenuto presidente del Parlamento, lui rispose con un certo ottimismo negli occhi: «Dipende, se avremo la maggioranza». Ieri, nonostante la maggioranza relativa, non ce l’ha fatta.

Quando si parla di politica iraniana è tuttavia prudente diffidare delle interpretazioni troppo nette: la valutazione di sconfitti e vincitori spesso non tiene conto degli accordi sottobanco tra i vari poteri dello Stato e le forze politiche. In questo voto sullo speaker si è visto quanto possano contare gli indipendenti (una settantina), addirittura come alcune schede siano passate dallo schieramento moderato a quello conservatore. Aref, pur sconfitto, si è fatto un’idea realistica sulla sua base di potere. È possibile che Rohani invece non sia insoddisfatto del voto. I buoni rapporti con un conservatore come Larijani potrebbero essere importanti per varare un governo che sia incisivo. Cosa di cui il presidente ha assolutamente bisogno per ottenere quei risultati economici che la gente comincia a essere stufa di aspettare. Senza contare che il prossimo anno ci saranno le elezioni presidenziali e un sondaggio ha appena dato il 30 per cento dei voti al «vecchio», impresentabile Ahmadinejad.

Soltanto sabato Hassan Rohani aveva lodato Larijani per avere sostenuto l’accordo nucleare, chiedendo una maggiore interazione tra il governo e il Parlamento «per risolvere i problemi e le crisi del Paese».
In un messaggio per l’apertura del Parlamento, la Guida Suprema Khamenei ha messo in guardia i deputati: «Lo stato turbolento della regione e del mondo e l’avventurismo internazionale degli oppressori e dei loro vassalli mettono l’Iran islamico di fronte a scenari sempre più complicati».

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direttore@lastampa.it

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