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La Stampa Rassegna Stampa
25.04.2016 Stallo in Siria, in Iraq (forse) qualcosa si muove
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 25 aprile 2016
Pagina: 7
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Passi avanti in Iraq e stallo in siria, ma Obama non vuole truppe di terra»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/04/2016, a pag. 7, con il titolo "Passi avanti in Iraq e stallo in siria, ma Obama non vuole truppe di terra", il commento di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Barack Obama: in politica estera un fallimento dopo l'altro

Come in Libia, anche in Siria sarebbe «un errore» inviare truppe di terra. Barack Obama mantiene la linea «basta scarponi sul terreno» che ha caratterizzato la sua presidenza e insiste su una «soluzione politica». Da concordare con la Russia di Vladimir Putin, a cominciare dal «ripristino» della tregua, che non esiste più. Un compromesso con i russi e, di fatto, con Bashar al-Assad, dove anche l’instaurazione di «zone di sicurezza» per i civili è vista come «problematica».

Dalle parole del presidente americano, prima in una intervista alla Bbc poi nell’incontro con Angela Merkel, si capisce che la spallata decisiva al Califfato non arriverà dal fronte siriano ma da quello iracheno. In Siria la lotta all’Isis continuerà, come da due anni a questa parte, con raid e blitz delle forze speciali per eliminare i capi.

La frenata curda
L’armata arabo-curda creata nel Nord (30 mila uomini) è impelagata in lotte settarie, con i curdi dello Ypg di nuovo in conflitto con le milizie arabe filo-Assad. Raqqa è a portata di cannone, è vero, ma è stata fortificata e a difenderla sono le migliori unità a disposizione di Abu Bakr al-Baghdadi, Jaysh al-Khilafa e Jaysh al-Badiya (armata del deserto).
Il Pentagono ha inviato 200 uomini delle forze speciali con i curdi, e una tv francese li ha anche ripresi nella battaglia di Shaddadi a febbraio. Altri 50 sono in arrivo. Lo slancio però si è fermato dopo la presa della cittadina sulla strada che collega la capitale siriana dell’Isis, Raqqa, a quella irachena, Mosul.

Anche l’offensiva a nord di Aleppo dimostra che in Siria l’Isis non è ancora sull’orlo del collasso. In Siria ci sono i due terzi dei suoi 70 mila uomini, secondo l’analista Hassan Hassan. Le brigate composte solo da foreign fighter, come la famigerata Al-Battar dei libici, sono state sciolte e sostituite da unità miste, più adatte a difendere il territorio. Al-Baghdadi ha dato ordine ai maghrebini di «essere più discreti», per recuperare consenso fra la popolazione locale.

Mosul in vista
In Iraq è invece la crisi politica, con il premier Haider al-Abadi che ha perso la maggioranza, a impedire l’immediato assalto a Mosul. Ma qui la situazione sul terreno è lineare. Stati Uniti e alleati (550 istruttori italiani) stanno ricostruendo l’esercito iracheno da zero e i primi risultati si sono visti con la liberazione di Ramadi nell’Anbar, seguita da quella di Hit. L’Isis è spinto verso il confine siriano e non è in grado di reagire.
Verso Mosul procede la messa in sicurezza delle linee di rifornimento. Con l’arrivo di altri 200 uomini le forze di supporto Usa sono salite ufficialmente a 4100, in realtà sarebbero 6mila. I Marines hanno basi avanzate e artiglieria pesante a 60 km dalla città. Duecento Sas britannici agiscono già nei sobborghi. I Peshmerga curdi sono alleati affidabili.
L’ultimo ostacolo è la messa ai margini delle milizie sciite, come già nell’Anbar. Nei giorni scorsi hanno subito una dura sconfitta contro l’Isis a Bashir, vicino a Kirkuk. A differenza che in Siria, dove combattono inquadrati da Hezbollah e Pasdaran, i volontari sciiti finora sono stati più di intralcio che altro. Serve una soluzione politica e un compromesso con le forze sciite oltranziste di Moqtada al-Sadr a Baghdad.

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