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La Stampa Rassegna Stampa
13.02.2016 Iran: la polizia religiosa controlla la vita privata dei cittadini
Lo racconta Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 13 febbraio 2016
Pagina: 11
Autore: Francesca Paci
Titolo: «In Iran nasce (e viene subito chiusa) l'app per aggirare la polizia religiosa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/02/2016, a pag.11, con il titolo " In Iran nasce (e viene subito chiusa) l'app per aggirare la polizia religiosa", la cronaca di Francesca Paci.

Immagine correlata
La polizia religiosa all'opera

Che in Iran ci sia una 'polizia religiosa' che controlla i comportamenti privati dei cittadini fa capire quale mostruosità sia uscita dalla mente criminale di quel tiranno chiamato Khomeini, impadronitosi della Persia nel 1979.
 Un aspetto della teocrazia iraniana che non viene mai ricordato dagli esperti occidentali, tutti intenti a calcolare prima di ogni altra cosa gli interessi economici.
Il pezzo di Francesca Paci ci fa  conoscere un'altra realtà di quel paese che piace tanto alle varie Mogherini & Co.. Da leggere e far circolare !

Ecco l'articolo:

Francesca Paci
Chi abbia usato almeno una volta Waze si sarà chiesto come faccia quel programma per cellulari a mappare tutti gli ingorghi della zona in cui si sta guidando e a suggerire l'alternativa Facile (ma non troppo): l'app israeliana Waze lavora sul principio della condivisione delle informazioni e gli automobilisti traffico-fobici rappresentano la comunità di utenti più numerosa al mondo. Qualcosa di analogo è stato tentato in questi giorni a Teheran (dove i giovani creativi sono culturalmente molto vicini a Tel Aviv): solo che l'app Gershad, chiusa dalle autorità iraniane dopo ventiquattr'ore di attività, indicava come evitare le camionette della polizia religiosa, che in persiano si chiama per l'appunto Ershad. I posti di blocco dei custodi della morale, che per dire controllano e sanzionano le donne irriducibili alla modestia, non sono uno scherzo a Teheran e nelle altre città della Repubblica Islamica. E si spostano a caso da una strada all'altra, uomini barbuti e poliziotte in chador nero pronti a segnalare e perfino arrestare le ribelli con velo non regolamentare (ma anche quelle troppo truccate o in compagnie «promiscue»).
Secondo gli ideatori di Gershad (un gioco di parole) solo nel 2014 la Ershad, che risponde al ministero della Cultura e della Guida Islamica, ha fermato e bacchettato circa 3 milioni di persone, 207 mila si sono dovute "scusare" e 18 mila sono finite in tribunale. Nonostante le aperture all'esterno del presidente Rohani, dentro al Paese il regime non allenta la morsa. Così, sono intervenuti i vendicatori della Rete. Nelle settimane scorse un team anonimo di sviluppatori ha creato l'applicazione Android gratuita Gershad che, basandosi sulle mappe arricchite dalla condivisione di informazioni da parte degli utenti, suggerisce la disobbedienza civile ai giovani, i meno rassegnati e i più tecnologici. La motivazione è online: «Perché dobbiamo continuare a essere umiliati per come ci vestiamo?». Nel girodi poche ore la app era stata scaricata da migliaia di persone e altrettante avevano iniziato a segnalare i blocchi. Il sabotaggio delle autorità è cominciato subito, già giovedì tal Mohammad Reza avvisava il sito IranWire di problemi nell'utilizzo di Gershad ,dicendo che dopo aver funzionato brillantemente per ore il suo schermo visualizzava caratteri senza senso. Nel momento in cui scriviamo il download di Gershad non è possibile, almeno non per un utente poco "smanettone" perché sembra che i più pratici si siano già attivanti con filtri o proxy server (come per altro i ragazzi iraniani fanno per Facebook e altre app). «Non ci arrendiamo» scrivono sui social. E ancora: «Anche se Gershad non funziona, ogni download è una protesta».

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direttore@lastampa.it

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