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La Stampa Rassegna Stampa
26.11.2015 Siria: ecco il risiko delle alleanze
Due analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 26 novembre 2015
Pagina: 2
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Bombe sui ribelli e accuse a Erdogan: offensiva di Putin per il caccia distrutto - Quel groviglio di interessi e jet che affolla i cieli della Siria»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/11/2015, a pag. 2-3, con i titoli "Bombe sui ribelli e accuse a Erdogan: offensiva di Putin per il caccia distrutto", "Quel groviglio di interessi e jet che affolla i cieli della Siria", due servizi di Maurizio Molinari.

Ecco gli articoli:

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Maurizio Molinari


La situazione oggi: governo iracheno sciita (rosso), Stato islamico (grigio), curdi (giallo), Assad (rosa), ribelli (verde), Libano (arancione)

"Bombe sui ribelli e accuse a Erdogan: offensiva di Putin per il caccia distrutto"

Diluvio di fuoco sui ribelli filo-turchi, un ombrello anti-aereo per tenere alla larga i jet di Ankara, accuse ad Erdogan di aver ospitato sul proprio territorio «l’organizzazione di attacchi terroristici» e il blitz per liberare il pilota russo abbattuto che, appena tornato in libertà, assicura: «Gli F-16 ci hanno sparato contro senza alcun tipo di avvertimento».

La Russia di Vladimir Putin va all’offensiva su più fronti contro la Turchia nell’intento di trasformare l’abbattimento del proprio Sukhoi-24 in un momento di svolta del conflitto in Siria, capace di far venire alla luce le «complicità turche con i terroristi». Le prime mosse sono militari. Il Cremlino posiziona l’incrociatore antimissile «Moskva» davanti alla costa alawita e schiera a Latakia gli S-400, ovvero il suo sistema antiaereo più efficiente, entrato in servizio nel 2007: ciò significa creare un ombrello di protezione per i propri jet. Se gli F-16 di Ankara dovessero portare nuove minacce, sarebbero bersagliati da un’antiaerea studiata per evadere i sistemi di difesa Nato.

Diluvio di fuoco
È il diluvio di bombe sul Jabel Turkman a dare il polso della rabbia di Mosca: fonti siriane parlano di «terra tremante per ore» nell’area dove si trovano le basi dei ribelli turcomanni alleati di Ankara. Il portavoce dell’Esercito di liberazione siriano, Jahed Ahmad, parla di «vendetta russa». È la stessa area infatti dove il Sukhoi-24 è caduto. Mosca non usa bombe intelligenti teleguidate ma «bombe stupide» - come le definiscono gli ufficiali russi - perché l’intento è far sentire al nemico tutta la potenza delle forze di Mosca.

L’attacco dal cielo coincide anche con il blitz dei commando siriani che in 12 ore porta alla liberazione del capitano Konstantin Murakhtin - il pilota sopravvissuto all’abbattimento - che una volta in salvo nella base di Latakia incontra i reporter russi per dare la propria ricostruzione su quanto avvenuto: «Stavamo volando in territorio siriano, non abbiamo ricevuto alcun avvertimento, ci hanno sparato addosso». Come dire: la versione turca sui «dieci avvertimenti audio in cinque minuti» è falsa.

Il corpo del co-pilota Oleg Peshkov, ucciso, è forse ancora in mano ai ribelli: Putin gli assegna la «Stella dell’eroe di Russia» per sottolineare che è caduto in combattimento sotto il fuoco nemico. «Non siamo in guerra con il popolo turco - spiega il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov - ma abbiamo dei problemi con la sua leadership perché riteniamo che l’attacco sia stato una provocazione voluta».

La replica del Sultano
La risposta di Ankara arriva da Erdogan: «Bisogna essere onesti, chi sostiene un oppressore è lui stesso a opprimere». Come dire: Putin appoggiando Assad è complice dei suoi crimini contro il popolo siriano. La contromossa di Lavrov è l’affondo politico più duro contro Ankara: «I terroristi hanno usato il territorio turco per organizzare attentati contro altri Paesi». Significa dire ad alta voce ciò che gran parte dei diplomatici stranieri ad Ankara e Istanbul scrive da tempo nei propri cablo riservati: c’è il forte sospetto che Erdogan abbia aiutato lo Stato Islamico. Affermarlo alla vigilia dell’arrivo del presidente francese Hollande al Cremlino significa porre la Nato davanti alla necessità di isolare Erdogan per poter battere Isis.

"Quel groviglio di interessi e jet che affolla i cieli della Siria"

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Dove si posizionano le forze russe in Siria

Lo spazio aereo siriano è congestionato dalle operazioni militari condotte da 14 nazioni di coalizioni differenti che realizzano missioni a volte congiunte ma spesso contrapposte se non in lampante contrasto. Quanto avviene nei cieli descrive il groviglio di interessi nazionali che rende possibili incidenti gravi come l’abbattimento del Sukhoi russo da degli F-16 turchi.

L’aviazione di Damasco
Ciò che resta dell’aviazione di Bashar al Assad opera dalle basi attorno a Damasco. Si tratta di Mig di fabbricazione russa impiegati contro unità ribelli e aree civili considerate nemiche in missioni di bombardamento con il lancio di barili di esplosivo che causano numerose vittime. Per il regime l’aviazione è una sorte di artiglieria dall’aria.

I Sukhoi russi
Dalla principale base aerea, Khmeimim a Latakia, gli squadroni di jet Su-27S e Su-30, e di bombardieri tattici Su-34 e Su-24, decollano per colpire obiettivi nelle provincie di Idlib, Homs, Hama e la stessa Latakia al fine di aprire la strada alle forze di terra siriana. Il posizionamento a Khmeimim dei missili terra-aria S-400 consente di avere un ombrello aereo sull’intera Siria del Nord-Ovest rendendo proibitive lo svolgimento di operazioni di altri Paesi. Gli S-400 proteggono la raccolta di intelligence con droni e anche aerei simili a quello abbattuto.

Il ponte aereo dell’Iran
I comandi iraniani gestiscono un ponte aereo militare da Teheran verso Damasco e Latakia. Sono aerei quasi sempre civili a portare truppe e uomini dislocate a difesa della capitale o in sostegno dell’esercito siriano. Gli spostamenti di velivoli avvengono usando le rotte civili che attraversano il territorio iracheno.

Le operazioni Usa
Le zona di operazioni americana è l’intera Siria ma si concentra nel Nord-Est. A-10, AC-130 «Spectre», F-22. F-15C, F-15Es, bombardieri B-1 e un’infinità di tipi di droni decollano da Turchia, Giordania, Qatar e dalle portaerei per colpire obiettivi di Isis. Il numero delle missioni concluse senza attacchi è scesa da settembre dal 75 al 50 per cento perché è migliorato l’uso di unità di ribelli curdi e arabi nell’identificazione degli obiettivi nell’area di Raqqa e lungo le vie di comunicazione. Assieme agli Usa operano gli aerei francesi, canadesi ed australiani. I britannici svolgono per ora solo ricognizione. La settimana fra il 10 e il 17 novembre ha visto sganciare un numero record di bombe. Nella base turca di Djarbaikir gli Usa hanno la forza di estrazione rapida per soccorrere i piloti in zona nemica.

Il ruolo dei Paesi sunniti
Giordania, Qatar, Bahrein e Arabia Saudita decollano dalle rispettive basi per colpire obiettivi nell’area di Raqqa. La coalizione sfrutta i loro piloti per colpire obiettivi simbolo del Califfato. A Riad vi sono incertezze e malumori sull’efficacia degli attacchi: spesso gli aerei sauditi restano a terra.

La Turchia contro i curdi
Gli F-15 che decollano dalle basi nella Turchia del Sud cercano obiettivi della guerriglia curda e, più raramente, di Isis. Lungo la frontiera con la Siria i jet raccolgono intelligence sui movimenti di truppe considerate ostili ad Ankara, a cominciare da unità siriane e russe. La presenza degli S-400 russi è destinata ad ostacolare questo tipo di ricognizione.

Israele sul Golan
Gli F-15 israeliani operano nell’area delle Alture del Golan, lungo i confini libanesi-siriani e a ridosso dell’aeroporto di Damasco. Sono i droni a cercare obiettivi Hezbollah o iraniani da colpire per impedire che si avvicinino alle frontiere di Israele. Dall’inizio dell’intervento russo, Israele ha effettuato almeno cinque raid sfruttando una linea rossa di comunicazione con i comandi russi per evitare il rischio di incidenti. Israele dispone di un simile coordinamento anche con le forze americane.

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