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La Stampa Rassegna Stampa
22.11.2015 Siamo in guerra: origine e progetti del terrorismo islamico
Cronache/analisi in due servizi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 22 novembre 2015
Pagina: 2
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «'Non venite in Siria, colpite a casa': Al Baghdadi vuole nuove stragi-Chi è davvero al fianco di Isis ?»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/11/2015, a pag. 2 e 8, con i titoli " 'Non venite in Siria, colpite a casa': Al Baghdadi vuole nuove stragi", "Chi è davvero al fianco di Isis ?", due cronache/analisi di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari

'Non venite in Siria, colpite a casa': Al Baghdadi vuole nuove stragi

Immagine correlata
                                                                     Abu Bakr al- Baghdadi

«Restate in Gran Bretagna, combattere lì è più importante che venire nello Stato Islamico »: il messaggio del Califfo ai jihadisti britannici segna un cambio di tattica di Isis rispetto all’Europa, in coincidenza con nuovi video che promettono di abbattere la Torre Eiffel e dare alle fiamme Parigi. Sono state le forze di sicurezza britanniche a intercettare la comunicazione criptata che il quartier generale di Isis a Raqqa ha recapitato alle cellule del Regno Unito. «Non è il momento di venire in Siria a combattere, restate dove siete, aspettate un segnale per lanciare gli attacchi» sarebbe il contenuto del messaggio, secondo quanto trapelato sulla stampa londinese. Poiché la Gran Bretagna è uno dei Paesi europei da cui arriva il più alto numero di «foreign fighters» nel Califfato - almeno 700, solo nell’ultimo anno - l’ordine del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi appare teso a sfruttare tale potenza di fuoco contro «gli infedeli» in Europa e non più in Medio Oriente. «Uccidete solo infedeli» In un altro passaggio del messaggio, Isis specifica che «gli obiettivi degli attacchi dovranno essere i miscredenti e non musulmani»: ovvero i jihadisti dovranno fare attenzione a non uccidere correligionari. Ciò significa puntare proprio sulle comunità islamiche europee per cercare nuove reclute negli ambienti più estremisti. A confermarlo sono due nuovi video, postati da Isis su siti jihadisti nei quasi si preannunciano attacchi alla Francia facendo appello proprio ai musulmani locali. Nel video intitolato «Parigi crollata» si vedono le immagini di una Torre Eiffel caduta - tratte dal film «La nascita dei Cobra» - mentre un jihadista, parlando in francese, promette di lanciare contro la città «un attacco grande quanto quello contro il World Trade Center » a New York, l’11 settembre 2001. Più jihadisti, con il volto coperto, si riferiscono direttamente al presidente francese, François Hollande: «Promettiamo a lui e a chi gli sta vicino più attacchi come quello avvenuto a Parigi, che cosa altro possono aspettarsi dalla nazione dell’Islam?». Il video mostra le immagini del discorso di Hollande dopo il massacro di Parigi e si propone di essere la risposta da parte dello Stato Islamico: «Vi arrostiremo con cinture esplosive e autobombe, per grazia di Allah ». Nell’altro video, intitolato «Fate esplodere la Francia», i jihadisti promettono: «Avete portato la guerra in Siria per sostenere Assad e ora dovrete provare la stessa cosa». L’appello a «colpire» è rivolto ai «soldati del Califfato» che si trovano sul suolo francese con un finale diretto, ancora una volta, ai musulmani che vivono nell’Esagono, con toni questa volta di critica aspra al fine di incitarli a rivoltarsi, a combattere ed uccidere «gli infedeli». «Come fate a lavorare ancora per loro?» chiede un jihadista in tuta mimetica, con kalashnikov e volto coperto. «Dovete riporre la vostra fiducia in Allah, vedrete che tutto andrà bene» aggiunge un altro jihadista, a volto scoperto. Appello ai musulmani Ue Si tratta di un’offensiva di propaganda che punta a innescare una campagna di attacchi dentro la Francia e più in generale in Europa, chiedendo alle cellule jihadiste di attivarsi e colpire i nemici e auspicando al tempo stesso un aperto sostegno da parte di un crescente numero di musulmani residenti nel Vecchio Continente. Se finora il teatro di battaglia preferito dal Califfo sono stati Siria ed Iraq, ora il focus si sposta in Europa.

Chi è davvero al fianco di Isis ?

Erdogan accusa Assad, Putin chiama in causa Turchia, Qatar e Arabia Saudita, l’Iran punta l’indice su Israele e viceversa, nelle sedi diplomatiche di Istanbul e nei ristoranti di Amman non si parla di altro: chi sono i fiancheggiatori segreti dello Stato Islamico (Isis)? È una discussione disseminata di indiscrezioni e sospetti che dà il polso dell’atmosfera in Medio Oriente.
Il greggio di Assad
Il presidente turco Erdogan, intervenendo al summit sull’Energia a Istanbul, ha accusato Bashar al Assad di «acquistare sottobanco petrolio venduto da Isis, pagandolo a peso d’oro». Ciò significa che «Assad sfrutta il terrorismo per rimanere in piedi» sotto due aspetti: ottenere il greggio che manca al regime e rafforzare un nemico contro il quale sta costruendo una sua nuova legittimità politica. «Isis è sostenuto da Assad», assicura Erdogan.
I finanziatori privati
L’affondo di Erdogan è arrivato pochi giorni dopo la chiusura del G20, che ha visto il presidente russo Vladimir Putin autore di un colpo di teatro, consegnando ai leader presenti una lista di finanziatori privati di Isis: si tratta di cittadini di 40 Paesi, ma spiccano in particolare i turchi, sauditi e qatarini. Sono individui che il Dipartimento del Tesoro Usa segue sin dal 2013, quando al-Baghdadi iniziò a ricevere donazioni - attraverso il Kuwait - in precedenza destinate ad altri gruppi sunniti in Siria e Iraq.
Sospetti a Istanbul
Fra i diplomatici europei accreditati a Istanbul e Ankara circolano con insistenza sospetti su presunte complicità fra il governo turco e Isis. La tesi prevalente è che Ankara ha consentito a Isis di rafforzarsi al fine di rovesciare il regime di Assad. La prova, indicata da più voci, sarebbe l’«autostrada della Jihad» fra il Sud della Turchia e il Nord della Siria che vede passare non solo i foreign fighters, ma anche i commerci illeciti che alimentano le finanze di Isis.
Ospedali nella Galilea
La tv libanese Al Manar, espressione di Hezbollah, accusa Israele di curare nei propri ospedali in Galilea un «grande numero di takfiri», ovvero jihadisti sunniti. Si tratterebbe di miliziani islamici, feriti in combattimenti, che attraversano la frontiera del Golan, vengono raccolti da Israele, curati e rimandati indietro. Israele nega tali accuse, affermando che sono civili feriti gravi - circa 1200 finora - curati «per ragioni umanitarie». Hossein Shariatmadari, direttore di «Kayhan», vicino ai conservatori di Teheran, definisce Isis «uno strumento di Usa e Israele nel complotto occidentale contro Assad».
Raid iraniani
Negli ambienti militari israeliani è diffuso il sospetto che dietro le «false accuse» di Hezbollah ci sia in realtà una complicità di fatto fra Teheran e Isis. La dimostrazione verrebbe dai movimenti iraniani in Iraq: l’offensiva massiccia contro Isis nella provincia di Dyala ha avuto successo grazie al sostegno dei raid aerei di Teheran, ma dopo essere riusciti ad allontanare i jihadisti dalla propria frontiera sono stati sospesi, allentando la pressione militare. Lasciando supporre di voler usare Isis con più obiettivi: spaccare il fronte sunnita, guidato dalla rivale Arabia Saudita, e spingere Washington ad allearsi proprio con Teheran per combattere i jihadisti in Siria.
L’origine delle armi
Il Centro di ricerche sugli armamenti nei conflitti, di base a Londra, afferma in un rapporto che le armi in possesso di Isis sono prodotte in Cina, Russia, Stati Uniti, Sudan e Iran. Includono almeno 656,4 milioni di equipaggiamento militare che gli Stati Uniti avevano lasciato all’Iraq e Isis ha catturato nelle basi militari così come ingenti forniture russe trovate nelle installazioni del regime di Assad.

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