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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa Rassegna Stampa
02.10.2015 La Russia bombarda in Siria, Romano Prodi si schiera con il sanguinario dittatore Assad, gelo Renzi-Mogherini
Due servizi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 02 ottobre 2015
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Obiettivi mirati in zone non Isis, Assad prepara l'offensiva di terra - Diserzioni, fughe e sconfitte sul campo: il disastro dei ribelli moderati filo-Usa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/10/2015, a pag. 1-9, con il titolo "Obiettivi mirati in zone non Isis, Assad prepara l'offensiva di terra" e "Diserzioni, fughe e sconfitte sul campo: il disastro dei ribelli moderati filo-Usa", due servizi di Maurizio Molinari.

Sulla Repubblica, a pag. 8, Eugenio Scalfari intervista Romano Prodi su come fermare lo Stato islamico. Prodi afferma che "L'Is non si batte solo con i bombardamenti, anche Obama rafforzi l'esercito di Assad". Ecco con chi si schiera Prodi: con la Siria del macellaio Assad, e di conseguenza con l'Iran degli ayatollah e la Russia di Putin.

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Romano Prodi

Sul Corriere della Sera, a pag. 6, Paolo Valentino analizza le frizioni Renzi-Mogherini e scrive: "Italia esclusa dai vertici, poco lavoro di sponda: tra l'ex ministra e il premier che l'ha voluta a Bruxelles rapporti mai così tesi". Sarebbe ora di prendere provvedimenti contro Federica Mogherini, viste tutte le figuracce inanellate da quando è responsabile per la politica estera dell'Ue, per non citare quando è stata alla Farnesina. Anche Renzi, che pure l'ha voluta a Bruxelles, inizia ad accorgersi della sua scelta infelice. Era ora, anche se il danno ormai è fatto.

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Matteo Renzi e Federica Mogherini: mai prima d'ora così distanti

Ecco i due servizi di Maurizio Molinari:

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Maurizio Molinari

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Jet russi bombardano Talbiseh (Siria)

Jabal al-Akrad, Jisr al-Shughour, Mehardeh, Talbiseh: è la mappa degli obiettivi attaccati dai jet russi nelle ultime 48 ore a suggerire che il nemico del Cremlino è «Jaish al-Fatah», l’Esercito della Conquista. Si tratta di una coalizione di gruppi islamici ostili a Isis, nata in marzo e riuscita in breve tempo a catturare la provincia Nord-Occidentale di Idlib, incuneandosi fra Homs, Hama e Damasco - aree urbane ancora in mano al regime di Bashar Assad - e la costa alawita, dove si trovano le basi russe. La forza militare dell’Esercito della Conquista si deve al sostegno che la Turchia garantisce al suo gruppo meglio armato - «Ahrar al-Sham», Uomini liberi della Siria - ai missili anti-tank forniti da Arabia Saudita e Qatar, e alla convergenza tattica in molte aree con Jubhat al-Nusra, emanazione diretta di Al Qaeda.

Il campanello d’allarme
Se i miliziani dello Stato Islamico (Isis) controllano le regioni desertiche dell’Est attorno a Raqqa e i guerriglieri curdi dell’«Ypg» una fascia di territorio lungo il confine con la Turchia, l’Esercito della Conquista sta creando nella provincia di Idlib - 7000 kmq e 1,5 milioni di abitanti - un mini-Stato che inizia oltre il posto di confine di Bab al-Hawa, attraverso il quale la Turchia fa affluire ogni sorta di aiuti, e ha nella roccaforte di Jisr ash-Shugur la base avanzata da dove minaccia Latakia, ovvero la destinazione del ponte aereo russo. L’abilità con cui i miliziani dell’Esercito della Conquista hanno sfruttato la tempesta di sabbia di inizio settembre per impossessarsi dell’importante base aerea di Abu Zuhour - assediata da due anni - è stato il campanello d’allarme per il Cremlino. È infatti la mappa delle posizioni più avanzate di questi ribelli islamici a suggerirne la maggior pericolosità per il regime di Assad: da Jabal al-Akrad, nelle montagne attorno a Salma, minacciano Latakia, distante appena 30 km; da Talbiseh incombono sul centro di Homs; da Mehardeh, vicino Hama, bloccano l’autostrada che da Damasco porta ad Aleppo.

L’obiettivo di Abu Yahya al-Hamawi, 30enne comandante dell’Esercito della Conquista dopo l’uccisione in un attentato del fondatore Abu Khaled al-Soury, è di sfondare a Latakia e Homs, innescando la sollevazione delle popolazioni sunnite per creare un cuneo fra Damasco e la costa alawita capace di stritolare il regime. Gli Hezbollah, miliziani sciiti libanesi pro-Assad, hanno di fatto riconosciuto «Jaish al-Fatah» come interlocutore siglando in almeno tre occasioni accordi di cessate il fuoco a Zabadani, Fuaa e Kafraya, ovvero tre aree di feroci assedi nella stessa regione. La sospensione di ostilità è sempre durata solo poche ore ma si è trattato del primo reciproco riconoscimento fra le milizie sciite sostenute da Teheran e quelle sunnite appoggiate da Ankara-Riad-Doha, ovvero i Paesi della regione che combattono per procura in Siria, perseguendo disegni strategici contrastanti.

Arriva la fanteria
I raid russi puntano a rompere tale equilibrio di forze, schiacciando l’Esercito della Conquista nel ruolo di «gruppo terroristico», a causa della cooperazione con Al Nusra, per riconquistare la provincia di Idlib e blindare la continuità territoriale fra Damasco e Latakia. È dunque una sfida anzitutto ad Ankara e Riad. Per questo il premier turco Ahmet Davutoglu è il più aspro nel condannare l’intervento russo e il ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir si spinge a ipotizzare un’«opzione militare» se «Assad non lascerà il potere». Il Cremlino vuole sauditi e turchi dentro il nascente Gruppo di Contatto sulla Siria ma per Vladimir Putin non è una contraddizione: i raid aerei puntano a convincerli che i loro ribelli non hanno speranza di farcela e dunque è assai meglio negoziare sulla transizione.

E poiché la scuola militare russa crede nel ruolo di sfondamento della fanteria, dopo i raid è in arrivo l’offensiva di terra. Fonti militari parlano di «centinaia di soldati iraniani già a Damasco» che «assieme a siriani ed Hezbollah» si apprestano a intraprendere la «riconquista dei territori perduti». Grazie alla copertura aerea di Mosca.

Diserzioni, fughe e sconfitte sul campo: il disastro dei ribelli moderati filo-Usa

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Terroristi dello Stato islamico

«Nel loro primo raid in Siria, i russi hanno attaccato un gruppo di ribelli addestrato dalla Cia». È il senatore repubblicano John McCain a confermare quanto avvenuto a Talbiseh, a Nord di Homs, sulla base di «informazioni dirette che abbiamo nel posto» riportate da persone che hanno riferito di essersi trovate in una «situazione orwelliana».

Gruppi indipendenti
Talbiseh è un’area dove operano gruppi definiti «indipendenti» ed è verosimile che uno di questi sia quello che era legato alla Cia. Ciò spiega la brusca reazione di Ashton Carter, il capo del Pentagono, che ha definito i raid russi «benzina sul fuoco» imputando a Mosca anche «scarsa professionalità» nelle comunicazioni con Washington visto che l’avvertimento sugli attacchi in arrivo è stato dato con appena 60 minuti di anticipo da un diplomatico russo a Baghdad alla locale ambasciata Usa.

Il raid su Talbiseh è uno smacco per la Cia anche perché rivela che i gruppi ribelli sostenuti da Langley erano ben conosciuti tanto dal regime di Assad che dall’intelligence russa. Per gli 007 americani è un nuovo passo falso in Siria dopo il flop della «Divisione 30», l’unità addestrata e armata nelle basi della Turchia del Sud che appena inviata sul campo - a inizio settembre - è stata decimata da un agguato dei miliziani di Al Nusra, emanazione diretta di Al Qaeda, che hanno ucciso almeno 14 combattenti - incluso il comandante - sequestrandone altrettanti e catturando la loro base.

Il risultato di quel passo falso è stata l’ammissione da parte del generale Loyd Austin, capo del Comando Centrale delle truppe Usa a Tampa, in Florida, che «sono solo 4 o 5 i ribelli da noi addestrati al momento operativi in Siria». Un’affermazione, confermata nelle comunicazioni al Congresso Usa, che trasforma tali ribelli anti-Assad nei combattenti più cari di sempre in quanto l’amministrazione Obama ha stanziato 500 milioni di dollari, puntando ad addestrarne almeno 5400 nei primi 12 mesi. E non è finita qui perché, nell’ultima settimana, il comando di Tampa ha dovuto rivelare un altro passo falso: 70 ribelli addestrati dagli americani, appena trovatisi davanti ad Al Nusra hanno temuto di essere uccisi come quelli della «Divisione 30» e hanno scelto di non combattere, consegnando ai jihadisti 6 pick up con i relativi armamenti, ovvero il 25 per cento dell’equipaggiamento militare di cui erano in possesso.

Imbarazzo a Washington
Era dai tempi della Baia dei Porci a Cuba, la fallita invasione da parte degli esuli nel 1961, che la Cia non incorreva in simili passi falsi e la Casa Bianca si è trovata obbligata ad ammetterlo: «Il programma di addestramento dei ribelli anti-Assad non ha dato i risultati sperati dal presidente Obama».

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