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La Stampa Rassegna Stampa
30.09.2015 La (pericolosa) agenda di Putin sulla Siria
Due servizi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 30 settembre 2015
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Spartizione della Siria e negoziati: così Putin costruisce la sua agenda - Assad ora vive sotto assedio con l'incubo di essere tradito»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/09/2015, a pag. 4, con i titoli "Spartizione della Siria e negoziati: così Putin costruisce la sua agenda" e "Assad ora vive sotto assedio con l'incubo di essere tradito", due servizi di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

"Spartizione della Siria e negoziati: così Putin costruisce la sua agenda"

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Vladimir Putin, Barack Obama

Rafforzata dal successo, politico e personale, di Vladimir Putin all’Onu, la diplomazia russa lavora a pieno regime per far debuttare in ottobre il nuovo Gruppo di Contatto sulla Siria. Ciò significa dover sciogliere in tempi stretti nodi assai difficili.

Le prossime tappe
Putin è convinto che la soluzione della guerra passa attraverso un accordo fra Teheran e Riad, i grandi rivali strategici del Golfo, rispettivi leader del fronte sciita e sunnita. Poiché Teheran condivide con Putin la difesa di Assad, il Cremlino deve creare un rapporto di fiducia con Riad. «Costruire un ponte fra Iran e Arabia Saudita è il compito più difficile - spiega Alexei Malashenko, esperto di Medioriente al Carnegie Center di Mosca - e Putin vuole riuscire facendo presente il caos che scaturirebbe dalla cattura di Damasco da parte di Isis». Consapevole che è la sorte di Assad a dividere iraniani e sauditi, Putin punta sul comune timore per l’espansione del Califfato. Fra le carte da giocare, ha il rapporto di fiducia con Muhammed Bin Nayef, principe ereditario ed ex ministro della Difesa, su cui scommette per coinvolgere re Salman. Sono fonti diplomatiche vicine a Mikhail Bogdanov, il viceministro degli Esteri russo che guida l’iniziativa sul Gruppo di Contatto, a suggerire che per avvicinare Teheran e Riad potrebbe spuntare una «spartizione della Siria» facendo sopravvivere il regime di Assad solo sulla costa alawita, dove ci sono le basi russe, per consentire l’intesa sulla transizione a Damasco.

L’agenda degli europei
L’accelerazione russa solleva perplessità a Bruxelles in quanto non include al momento Paesi europei e perché i ministri Ue hanno ipotizzato che a gestire la Siria sia un Gruppo di Contatto con formato «5+1» ovvero composto da Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania come avvenuto sull’Iran. Il ministro russo Sergei Lavrov ha incontrato ieri a New York Federica Mogherini, «ministro degli Esteri» Ue, e si è discusso di questo. I dubbi Ue sull’iniziativa russa riguardano inoltre la necessità che avvenga sotto l’egida dell’Onu.

Chi parla con i ribelli?
C’è poi la questione dei ribelli. Alla Conferenza «Ginevra II» sulla Siria, nel gennaio 2014, la delegazione dell’opposizione era guidata da esponenti filo-occidentali che ora, sul terreno, contano assai meno dell’«Esercito della Conquista» islamico, sostenuto da Riad ed Ankara. Senza contare che i gruppi armati sono almeno 5000. Da qui il nodo su quali gruppi invitare, anche perché l’«Esercito della Conquista» in alcune aree opera assieme ad Al Nusra, emanazione di Al Qaeda. Avere attorno al tavolo i gruppi islamici non-Isis è d’altra parte incompatibile con esponenti del regime di Assad. Ce n’è abbastanza per mettere a dura prova gli sforzi del Cremlino che vogliono non solo riuscire a definire i dettagli tecnici del Gruppo di Contatto - chi ne farà parte e con quale compito - ma ipotizzano anche una «riunione fra leader ribelli» a Mosca entro fine anno. Le difficoltà russe consentono al presidente americano, Barack Obama, di giocare di rimessa. Incontrando i Paesi della coalizione anti-Isis alla Conferenza contro il terrorismo, tenutasi a New York, ha parlato di «risultati importanti contro il nemico comune» ribadendo che «Assad non è la persona che può realizzare la transizione». Il presidente ha quindi detto che ormai i terroristi «sono circondati, li sconfiggeremo».

Assad ora vive sotto assedio con l'incubo di essere tradito

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Bashar al Assad

Rinchiuso nei suoi palazzi e minacciato dall’avanzata di Isis nelle periferie di Damasco, Bashar Assad vede nell’iniziativa del Cremlino per salvarlo un’arma a doppio taglio: può risuscitarlo politicamente ma anche costargli la vita, armando la mano di possibili traditori intenzionali a sacrificarlo per salvare il regime. A suggerire quanto sta avvenendo dentro ciò che resta del Baath è l’accentramento di potere di Maher Assad, fratello del raiss, alla guida dei reparti di fedelissimi che ancora sorreggono il regime: la IV divisione corazzata, la Guardia Repubblicana e la «Shabiha», ovvero le milizie popolari create - su suggerimento di Teheran - con gruppi etnici favorevoli a Bashar per aggredire ovunque la popolazione civile che sostiene i ribelli.

Il fratello Maher
Carattere brutale e spietato con i nemici, il 48enne Maher è stato bersagliato da attentati - in uno avrebbe perso la gamba sinistra - ma è rimasto l’unico vero garante della sicurezza del raiss dopo la morte in un attentato, lo scorso luglio, di Mohammed Nasif Kheirbek, ritenuto il regista della repressione violenta delle proteste del febbraio 2011.
La scelta di concentrare nelle mani di Maher la sicurezza propria e della sua famiglia, tradisce il timore di Assad di essere ucciso, in un attentato o da una congiura di palazzo. Ecco perché vive nascosto nei suoi bunker. Il pericolo del tradimento nasce dalla convergenza di eventi, militari e diplomatici. Sul terreno, a Damasco, i jihadisti del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi alla fine di agosto sono penetrati ad Asali, nel quartiere meridionale di Qadam, riuscendo ad avanzare da al-Hajar al-Aswad dove si sono insediati nel luglio 2014. Sebbene il tentativo di catturare il campo profughi palestinese di Yarmuk sia - per ora - fallito, la presenza di Isis dentro il perimetro della capitale evidenzia la vulnerabilità del regime. L’arrivo delle forze russe a Tartus, Latakia e Hama è dunque ossigeno prezioso per il Raiss - anche perché Teheran ha fatto coincidere una nuova linea di credito per 1 miliardo di dollari - consentendogli di sperare che il Cremlino manderà le truppe a Damasco, se necessario. Ma se l’iniziativa militare russa lo rassicura, quella diplomatica suggerisce l’aumento del pericolo di tradimenti interni: chi a Damasco vuole salvare il regime liberandosi di Assad potrebbe sfruttare questa fase per compiere un omicidio politico capace di sbloccare la trattativa fra potenze sulla fine della guerra civile siriana. Ciò significa che Assad non può fidarsi davvero di nessuno, neanche di coloro che professano di essere i suoi alleati più stretti.

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