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La Stampa Rassegna Stampa
22.03.2015 New York: il Centro Primo Levi e adesso una libreria
Alain Elkann intervista Alessandro Cassin

Testata: La Stampa
Data: 22 marzo 2015
Pagina: 26
Autore: Alain Elkann
Titolo: «Una boutique di libri per far conoscere Primo Levi in Usa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/03/2015, a pag.26, con il titolo " Una boutique di libri per far conoscere Primo Levi in Usa " l'intervista di Alain Elkann a Alessandro Cassin.

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Alain Elkann     Alessandro Cassin

Alessandro Cassin è direttore del Centro Primo Levi a New York che ha riaperto la libreria S. F. Vanni al West Village di New York.
Qual è il legame tra il Centro Primo Levi di New York e la libreria S. F. Vanni?
«Negli ultimi 15 anni abbiamo organizzato rassegne sulla storia degli ebrei italiani e sull'eredità umana di Primo Levi. Come ogni altra istituzione avevamo bisogno di crescere e così, in controtendenza abbiamo deciso di iniziare l'avventura della pubblicazione. Credo che i libri continuino a essere uno strumento di conoscenza primario e formidabile. Cosi abbiamo creato le CO Editions per pubblicare libri sulla presenza ebraica in Italia, e sulla nuova pubblicistica riguardo a Primo Levi».
Mentre stanno chiudendo tante librerie non è una vera sfida riaprire una vecchia libreria come S. E. Vanni?
«A New York c'è una lunga tradizione di libri italiani. Noi sentiamo l'esigenza di condividere questa eredità iniziata con Lorenzo Da Ponte che diede i suoi libri alla Columbia University agli inizi del XIX secolo. Nel 1884 Sante Fortunato Vanni, originario di Caltagirone in Sicilia, apri la sua libreria, la prima italiana in Nord America. Gli immigrati italiani all'epoca erano braccianti agricoli e minatori che di tutto avevano bisogno meno che di libri dato che erano per lo più analfabeti».
E perché ha aperto una libreria in circostanze del genere?
«Per amore dei libri e del sapere e nella convinzione che gli italiani si sarebbero inseriti nel tessuto sociale statunitense con l'istruzione. Il colpo di genio di Vanni fu capire che gli immigrati potevano passare dall'agricoltura all'edilizia. Cosi pubblicò un manuale pratico che illustrava i fondamenti dell'edilizia con disegni, senza parole. Divenne un bestseller e la libreria diventò una specie di bazar, che vendeva anche cartoline e calendari. Vanni scriveva lettere a casa, polizze assicurative e documenti legali per gli emigranti analfabeti. Divenne una figura centrale della comunità italiana di New York».
E poi cosa è successo?
«Nel 1931 Andrea Ragusa, un altro siciliano, arrivò a New York per vendere l'Enciclopedia Italiana Treccani appena stampata. Ma, dopo la Depressione, non c'era un gran mercato per l'Enciclopedia, così comprò la libreria e anticipò Amazon. Importava libri dall'Italia e li vendeva fermo posta in Usa. Insieme a Giuseppe Prezzolini, che all'epoca dirigeva la Casa Italiana alla Columbia University, divenne un grande promotore della cultura italiana. Nel 1974 fu ucciso durante una rapina e la libreria fu presa in carico dalle due figlie, Olga e Isa, fino al 2005».
Perché il Centro Primo Levi l'ha riaperta?
«Ragusa si richiama a una lunga tradizione italiana di editori e librai indipendenti e io lo vedo come un visionario. Ha pubblicato solo 138 libri eppure ha creato a New York un punto focale per lo scambio di idee e di libri». Quali sono i suoi progetti?
«Non credo che i libri elettronici e cartacei siano in competizione. Vanno per mano. Li vendiamo entrambi e per lo più attraverso Amazon e la nostra App. Le grandi catene come Barnes e Noble sono diventate supermercati di libri. Noi cerchiamo di essere una boutique, un luogo dove la gente incontra l'autore e il traduttore e si fa un'idea di come nasce un libro».
Solo libri italiani?
«Si, libri italiani che reputiamo importanti e non sono ancora disponibili in inglese».
Scrittori ebrei?
«Scrittori ebrei o temi ebraici».
E il Centro Primo Levi, che tipo di attività svolge? Siete preoccupati per il crescente antisemitismo in Europa?
«Sì, l'Europa mi preoccupa. L'antisemitismo non è mai scomparso ma emerge in forme diverse in periodi diversi. Ogni Paese ha problemi e atteggiamenti diversi, qualsiasi generalizzazione in Europa è ingannevole. L'Italia è un po' un'eccezione per varie ragioni storiche e perché la comunità è piccola: gli ebrei italiani sono circa 35 mila. Il Centro di documentazione ebraica di Milano ha un progetto di monitoraggio dell'antisemitismo. I loro dati mostrano come l'antisemitismo in Italia cresca molto più lentamente rispetto agli altri Paesi europei»».
Primo Levi è uno scrittore italiano, ma un testimone per il mondo intero?
«Mio padre nel 1959 ha pubblicato la prima edizione inglese di Se questo è un uomo con la Orion Press. Quindi nella mia vita Primo Levi è stato una presenza e un esempio di grandissimo rilievo, come per molti ebrei italiani».
Qual è l'importanza oggi negli Usa di Primo Levi come scrittore, pensatore e testimone?
«Nel 2015 l'editore W. W. Norton pub blicherà l'opera integrale di Primo Levi in inglese, comprese molte nuove traduzioni dei lavori già disponibili. Mi pare sia un segnale del crescente interesse per il suo contributo alla cultura. Il suo maggior risultato personale credo sia stato di introdurre nuovi modi di concepire il ruolo della memoria come tema centrale di riflessione dell'uomo contemporaneo».
I! Centro Primo Levi è molto attivo?
«Abbiarno circa 15 eventi l'anno, tutti a New York, e vorremmo introdurre la storia degli ebrei italiani nei curricula delle università americane. Oggi uno può conseguire un dottorato in storia italiana senza essersi mai imbattuto negli ebrei. Stiamo cercando di fare si che questo cambi».
(traduzione di Carla Reschia)

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