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La Stampa Rassegna Stampa
21.01.2015 Yemen in balia dei terroristi filo-iraniani
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 21 gennaio 2015
Pagina: 10
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Assalto al palazzo, lo Yemen in mano ai ribelli»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/01/2015, a pag. 10, con il titolo "Assalto al palazzo, lo Yemen in mano ai ribelli", la cronaca di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari


Terroristi yemeniti

I ribelli houthi assaltano il palazzo presidenziale di Sanaa ed assumono la guida dello Yemen consegnando all’Iran un successo sui rivali sauditi nel duello sul controllo della regione del Golfo.
L’attacco degli houthi, seguaci dello zyadismo di origine sciita in una nazione a maggioranza sunnita, è scattato all’alba di ieri con un massiccio bombardamento di artiglieria, seguito da incursioni di guerriglieri e dal controllo del palazzo di Abdrabbuh Mansour Hadi che però non è stato arrestato e sarebbe protetto - secondo fonti locali - da fedelissimi in una «zona sicura». Per i ministri in carica, come scrive Nadia Sakkaf via twitter, «è colpo di Stato». Al termine della battaglia il leader dei ribelli, Abdel Malek al-Houthi, ha parlato in tv rivendicando la legittimità dell’attacco «per scongiurare un complotto contro il governo», chiedendo «riforme costituzionali» e «scelte militari» a favore della minoranza sciita ma adoperando ancora la definizione di «presidente» per Hadi.

Rifornimenti dall’Iran
Ciò lascia supporre che i ribelli sciiti, provenienti dalla regione settentrionale di Saada, puntino ad assumere il controllo del governo di unità nazionale mantenendo per ora Hadi in carica. Ma il cambiamento di equilibri è netto: la resa della III brigata, le guardie del palazzo, agli houthi segna il passaggio di mano di 380 tank russi di ultima generazione simbolo del controllo di Hadi, e dei sunniti, sullo Yemen. A 11 anni dall’inizio della rivolta a Saada e a 12 mesi dall’entrata delle milizie a Sanaa, gli houthi assumono le redini dello Yemen assegnando a Teheran una vittoria nella regione del Golfo perché il governo yemenita da tempo affermava che «armi e istruttori iraniani hanno consentito agli houthi di trasformarsi in esercito». «Le prove» del coinvolgimento iraniano vengono, per il governo di Hadi, dalla cattura nel 2013 della nave «Jihan 1» carica di «armi iraniane destinate agli houthi»: katiusha, missili terra-aria, lanciagranate e artiglieria.

Addestrati da Hezbollah
Altre fonti yemenite, citate dalla tv Al-Arabiya, aggiungono che gli Hezbollah libanesi avrebbero addestrato gli houthi su ordine di Teheran in maniera analoga a quanto avviene in Siria come le milizie filo-Assad. Proprio il timore dell’Iran lungo i suoi confini meridionali spinse nel 2009 l’Arabia Saudita ad una prolungata operazione anti-houthi, a sostegno degli yemeniti, senza tuttavia riuscire a cogliere successi. Sebbene Abdel Malek al-Houthi continui a negare legami con Teheran, almeno cento houthi nel 2014 si sono recati in Iran e l’alto esponente houthi Salah al-Sammad spiega il sostegno degli ayatollah con «la volontà comune di ostacolare i piani di Washington». La cattura del palazzo di Sanaa significa che gli alleati dell’Iran sono riusciti a cogliere in Yemen il risultato che inseguono in Siria e Iraq: la sconfitta degli alleati di Riad.

Incognita islamista
Resta tuttavia da vedere come gli houthi affronteranno «Al Qaeda in Yemen» ovvero l’organizzazione jihadista sunnita - mandante della strage di Parigi contro «Charlie Hebdo» - che ha le roccaforti nelle regioni centrali e meridionali a maggioranza sunnita. «Al Qaeda in Yemen» ha messo a segno più attacchi contro gli houthi - arrivando a colpire l’ambasciata iraniana - ed ora potrebbe essere tentata da assumere il controllo dei territori dove opera. Puntando a dividere lo Yemen proprio come le milizie jihadiste - Al Qaeda, Isis e Al Nusra - hanno fatto in Siria, impossessandosi delle aree desertiche, in prevalenza sunnite. È uno scenario che incute timore a Washington e spiega perché Londra ha chiesto la convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

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