giovedi` 28 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
21.09.2014 La specialità della politica estera Usa: scambiare per amici i nemici
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 21 settembre 2014
Pagina: 9
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Washington corteggia Teheran e respinge l'aiuto di Assad»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/09/2014, a pag. 9, con il titolo "Washington corteggia Teheran e respinge l'aiuto di Assad" la cronaca di Paolo Mastrolilli sul caravanserraglio guidato dagli Usa per allargare la coalizione anti-Isis.  Specialità della politica estera americana è la confusione dei ruoli, i nemici diventano amici e viceversa.

Ecco l'articolo:


Paolo Mastrolilli            il nemico alle spalle, ma Obama non lo vede

La crisi scatenata in Iraq e Siria dall'offensiva dell'Isis è al centro dei lavori dell'Assemblea Generale dell'Onu, con almeno tre obiettivi: dare l'avallo del Palazzo di Vetro alla coalizione guidata dagli Usa per distruggere il gruppo terroristico, aumentare il numero dei paesi disposti a partecipare all'intervento militare, e coinvolgere l'Iran, nella speranza che possa ripetere con Assad l'operazione già riuscita con al Malild. Venerdì sera il ministro degli Esteri italiano Mogherini ha incontrato a cena i due inviati dell'Onu in Siria e Iraq, Staffan De Mistura e Nikolay Mladenov, proprio perché secondo Roma possono facilitare una soluzione politica, mediando dove i paesi occidentali non possono al momento arrivare. De Mistura ha appena visto Assad e conosce meglio di altri le sue posizioni più recenti. Damasco ha subito approfittato della crisi dell'Isis, per ribadire la propria linea secondo cui nella guerra civile ha solo difeso il paese dagli estremisti islamici. I nemici di Assad pensano che sia vero il contrario, e cioè che lui abbia favorito l'ascesa di questo gruppo, per giustificare le sue violenze contro gli oppositori. Gli Usa, almeno in pubblico, hanno rifiutato le offerte di aiuto venute da Damasco, e Obama ha detto che l'obiettivo è armare e addestrare l'opposizione più moderata, affinché possa combattere tanto l'Isis, quanto Assad, con l'aiuto dei raid aerei Usa. Lo stesso segretario di Stato Kerry, però, ha sollecitato l'Iran a sostenere gli sforzi in corso per fermare lo Stato islamico. Teheran si è già mobilitata in Iraq, dove ha interesse a difendere il governo sciita in carica. E più prudente in Siria, però, dove è schierata con Assad, e teme che la campagna di Washington si trasformi alla lunga in una operazione per farlo cadere. La speranza della diplomazia occidentale è che l'Iran accetti di svolgere a Damasco lo stesso ruolo avuto a Baghdad con Maliki, spingendo Assad ad accettare una soluzione politica e quindi una uscita di scena che gli permetta di salvare la faccia. La creazione di un nuovo governo inclusivo, come è accaduto in Iraq, aprirebbe poi la strada ad una campagna più intesa sul terreno e condivisa per debellare l'Isis. Nel discorso radiofonico del sabato, Obama ha ribadito che «non esisteremo ad agire contro questi terroristi in Iraq o in Siria». Nello stesso tempo però ha ribadito che non manderà truppe sul terreno, perché «sarà più efficace aiutare i nostri partner ad assicurare il futuro dei loro paesi». Quindi raid aerei, armamenti e addestramento, nell'ambito di un'ampia colazione: «Qui non è l'America contro l'Isis. E la gente della regione contro l'Isis. Il mondo contro l'Isis». Lo ripeterà il 24, quando presiederà una riunione del Consiglio di Sicurezza finalizzata ad ottenere una risoluzione per combattere meglio il terrorismo, e in particolare il fenomeno dei jihadisti stranieri come quelli affluiti in Siria. Ieri però ha ricevuto una critica dall'ex capo del Pentagono e della Cia, Panetta, che gli ha rimproverato due cose: «Siamo andati via troppo presto dall'Iraq, e in Siria saremmo dovuti andare prima ad armare l'opposizione».

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT