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La Stampa Rassegna Stampa
12.09.2014 Solo una doppia guerra, militare e ideologica, può sconfiggere il terrorismo
Intervista di Paolo Mastrolilli a Michael Walzer

Testata: La Stampa
Data: 12 settembre 2014
Pagina: 11
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «'Non è una crociata americana: serve una larga coalizione'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/09/2014, a pag. 11, con il titolo " 'Non è una crociata americana: serve una larga coalizione' ", l'intervista di Paolo Mastrolilli a Michael Walzer, politologo e professore all'Università di Princeton.


Paolo Mastrolilli               Michael Walzer


"Combattere i terroristi senza combattere l'ideologia che li guida e li nutre... è come scacciare le mosche senza preoccuparsi della spazzatura che le attira".

Abbiamo due battaglie da combattere, secondo Michael Walzer, entrambe buone: «La prima è quella militare indicata dal presidente Obama, che serve a fermare l'Isis, e io la sostengo. La seconda è quella ideologica, per affrontare invece il problema che si trova alla radice di questa crisi, e cioè l'emergere in tutto il mondo di un fenomeno di follia religiosa estremistica, che sta colpendo diverse fedi e minaccia la stabilità globale». Walzer, professore emerito all'Institute for Advanced Study di Princeton, e condirettore emerito della rivista «Dissent», è una delle coscienze storiche della sinistra laica americana.
Lei si era opposto all'intervento in Iraq: perché adesso è favorevole a quello contro l'Isis? «E una minaccia che va fermata. Se l'operazione sarà davvero condotta attraverso una coalizione internazionale, non una crociata americana, va sostenuta».
Obama nel discorso di mercoledì ha esaltato la leadership unica che gli Usa forniscono al mondo, ma questo ruolo sembra basarsi soprattutto sulla potenza militare. «E la verità: noi abbiamo investito molto nelle forze armate, possediamo l'esercito più potente del mondo, e ciò ci offre la possibilità di usarlo come ha indicato il Presidente. Questa non può essere una battaglia solo americana: i nostri alleati europei, e quelli arabi, devono essere coinvolti. Se però gli Usa possono fornire la leadership che avvia la risposta alla minaccia, è un fatto positivo».
La crisi di oggi è frutto dell'invasione decisa da Bush, o delle scelte compiute poi da Obama? «Se non avessimo invaso l'Iraq, probabilmente l'Isis non sarebbe esistito. Le ragioni della sua esistenza però erano comunque presenti, e si sarebbero manifestate in qualche altra forma».
La soluzione del problema è militare? «No, ma la forza ne è parte. La verità è che dall'11 settembre in poi siamo stati impegnati in una lotta contro l'estremismo religioso, e bisogna distinguere fra le varie risposte. L'intervento in Afghanistan è stato giusto, quello in Iraq sbagliato. E' giusto quello che abbiamo fatto in Africa occidentale, in Sudan, ed è giusto quello che hanno fatto i francesi in Mali. Ora è giusto intervenire contro l'Isis, per fermare questa follia, ma la soluzione di lungo termine si dovrà trovare solo sul terreno».
Come? «Con una battaglia ideologica per contrastare l'estremismo religioso. In questo caso specifico i sunniti moderati devono sconfiggere i sunniti estremisti, e poi trovare un modo di convivere con gli sciiti. In generale, però, dobbiamo fronteggiare e battere la follia religiosa. Noi laici di sinistra abbiamo il grave torto di non aver capito questo fenomeno, quando stava nascendo, perché non era nelle nostre corde. Ora però è venuto il momento di riconoscerlo e affrontarlo, sul piano intellettuale».
È un'emergenza globale? «L'Islam è la fede che sembra più colpita da questo estremismo religioso, ma se guardiamo bene il problema è più ampio. C'è il nazionalismo esploso all'interno dell'induismo, il giudaismo fanatico, persino il buddismo in Paesi come la Birmania, è caduto nei comportamenti intolleranti. Bisogna contrastare questa follia sul piano ideologico, e dobbiamo farlo tutti insieme».
Sta richiamando gli europei? «La maggior parte degli stranieri che si sono uniti all'Isis sono venuti dal vostro continente: sarebbe ora che cominciaste a chiedervi il perché».

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