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La Stampa Rassegna Stampa
07.10.2013 50 shades of Oy Vey, di E.L. Jamesbergstein
la recensione di Elena Loewenthal, in attesa della edizione italiana

Testata: La Stampa
Data: 07 ottobre 2013
Pagina: 29
Autore: Elena Lowenthal
Titolo: «Cinquanta sfumature di eros in salsa yiddish»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 07/10/2013, a pag. 29, l'articolo di Elena Loewenthal dal titolo " Cinquanta sfumature di eros in salsa yiddish ".


Elena Loewenthal      

Come ben si sa, lo yiddish non è una lingua.È un mondo a sé, fatto di parole, gesti, facce.L’espressione Oy Vey, ad esempio, che va pronunciata con gli occhi rivoltati al cielo e un fare tra il minaccioso e il lagnante, non è traducibile in nessun’altra lingua del mondo.Se non in piemontese,dove si dice Ommimì e significa più o meno la stessa cosa (solo in modo più mite). Questa coincidenza lessicale tra un errante mondo ebraicoe la stanziale discrezione pedemontana non dovrebbe stupire più del fatto che la letteratura erotica sia inevitabilmente associata alla parodia - non di rado intrinseca a essa stessa: è difficile, insomma, che un libro tendente al pornografico non faccia, almeno una volta, un effetto vagamente comico. E poi, c’è la parodia estrinseca: non dentro, ma fuori del libro in questione. Così,mentre ancora imperversa la trilogia sfumata con i suoi epigoni, già compaiono le prime avvisaglie di parodia. Fifty Shades of Oy Vey, di E.L. Jamesbergstein (pubblicato nientemeno che da AlfredKnish,NewYork) ne è una riuscita prova in salsa yiddish. Qui il nostro eroe è un panciuto e barbuto quarantenne che risponde al nome di ChaimSilver e ha fatto fortuna aNewYork producendo fragranti ciambelle per tutti i gusti. Naturalmente kosherissime. Almeno quantolui.L’ignaramaarrapatafanciulla che si trasformerà ben presto in una virtuosa (si faperdire)del sesso acrobatico si chiamaAnatevka Stein e deve intervistare il personaggio per un bollettino sinagogale. Naturalmente c’è anche l’immancabile yiddishe mame del nostro eroe che controlla i movimenti nel suo ufficio e non solo lì. In un crescendo di passione ancora tutta da consumare, Chaim conduce la sua bella nella stanza segreta, quella dei macchinari per il piacere. Dove però tutto deve essere in regola, e nella zona alimentare vige una rigorosa separazione tra latte e Cinquanta sfumaturedieros insalsayiddish carne. Con tutte le conseguenze del caso. L’effetto è spassoso. Il racconto, infarcito di parole in yiddish che però si fanno capire anche da chi nonmastica questa lingua, segue passo passo il suo modello bestseller, ma qui al massimo del trasporto carnale scappa un «Oh, mio Dio! È così… ashkenazi!» e l’eros è immerso in un denso brodo (di pollo) ebraico newyorkese. Come se non bastasse, con un ritmo incalzante che giova certamente al plot erotico più delle 500 e rotte pagine dell’originale (per parlare solo del primo volume).

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