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La Stampa Rassegna Stampa
03.08.2013 Hitler a Hollywood, un libro rivelatore di Ben Urwand
L'anteprima di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 03 agosto 2013
Pagina: 31
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Così Hollywood si inchinò al volere dei nazisti»

Il rapporto fra Hollywood e il nazismo, almeno dal 1933 in avanti, non è mai stato analizzato a fondo. Arriva ora un libro che dovrebbe illuminare quegli anni bui, tali erano anche negli Usa, dove l'antisemitismo era ancora molto diffuso, presino tra le Major hollywoodiane, malgrado fosse un "Empire of their own", come veniva chiamata Hollywood, nata e sviluppatasi grazie all'imprenditoria ebraica che l'aveva fondata.
Lo anticipa sulla STAMPA di oggi, 03/08/2013, a pag.31, con il titolo" Così Hollywood si inchinò al volere dei nazisti  ", Maurizio Molinari.

 

Maurizio Molinari     la copertina del libro       Ben Urwand

Film censurati e altri cancellati, musiche cambiate, attori sostituiti e copioni stravolti: è la storia inedita della scelta di Hollywood di collaborare con la Germania di Adolf Hitler ad essere protagonista di The Collaboration: Hollywood’s Pact with Hitler , il saggio di Ben Urwand anticipato da Hollywood Reporter in uscita nelle librerie in settembre.

Andando a scavare negli archivi dei produttori Urwand ricostruisce la «Zusammennarbeit» - il termine tedesco per “collaborazione” che spesso Berlino adoperava - indicando la scintilla iniziale in quanto avvenne nella capitale tedesca il 5 dicembre 1930. I nazisti avevano appena 12 dei 107 deputati al Reichtag ma Joseph Goebbels, alle redini della propaganda del partito di Adolf Hitler, scelse la prima di Niente di nuovo sul fronte occidentale per lanciare un attacco a Hollywood. I nazisti comprarono 300 biglietti e, a proiezione iniziata, iniziarono a gridare contro immagini che a loro avviso offendevano i soldati tedeschi in ritirata nella Grande Guerra, lo spettacolo fu interrotto. Goebbels salì sul palco mentre i nazisti in sala lanciavano bombe maleodoranti e liberavano topi in platea scatenando una fuga di massa che fece scalpore e portò, sei giorni dopo, la commissione sulla censura a mettere al bando il film. Goebbels parlò di «Vittoria» vantandosi di «averli messi in ginocchio» e l’impatto sui produttori di Universal Pictures fu tale che il presidente, Carl Laemmle, si rivolse nel 1931 al ministero degli Esteri tedesco per cercare una composizione. Laemmle, nato in Germania ed ebreo, temeva per il mercato tedesco che fino alla Prima Guerra Mondiale era stato il secondo del mondo ed ora veniva considerato in ripresa, di vitale importanza per i film americani. Berlino impose tagli e modifiche drastiche a Niente di nuovo sul fronte occidentale aggiungendo che dovevano essere apportate su tutte le copie in circolazione nel mondo e Laemmle accettò. Nel 1933 Laemmle impegnò importanti risorse per far fuggire almeno 300 ebrei dalla Germania dove Hitler era arrivato al potere ma fece un’altra concessione a Berlino, rimandando il debutto di The Road Back , il seguito di Niente di nuovo sul fronte occidentale , perché giudicato “offensivo” dell’orgoglio tedesco. In un telegramma del ministero degli Esteri tedesco in merito alla marcia indietro si legge: «La collaborazione di Universal non è platonica ma dovuta al loro interesse per il nostro mercato». Il portavoce dei nazisti a Los Angeles era Georg Gyssling, console e iscritto al partito di Hitler dal 1931, che riuscì a piegare anche Rko e Fox facendo leva sull’«articolo 15» del regolamento cinematografico tedesco in base al quale se un produttore distribuiva un film non gradito ovunque nel mondo, i suoi film sarebbero stati proibiti in Germania. Quando nel maggio 1933 il regista Herman Makiewics e il produttore Sam Jaffe iniziarono a lavorare a The Mad Dog of Europe per denunciare l’antisemitismo di Hitler, Gyssling riuscì a bloccarli minacciando la “Motion Picture Producers and Distributors Association” che sarebbero stati banditi tutti i film americani. Will Hays, che presiedeva l’Associazione, si adoperò per rendere impossibile il film. Nel 1936 in Germania restavano solo tre produttori - Mgm, Paramount e 20th Century Fox - con appena 8 film accettati dalla censura ma continuarono a corteggiare il Reich. Paramount scelse come manager Paul Thiefes, nazista convinto, e il capo di Mgm, Frits Strengholt, divorziò su richiesta del ministero della Propaganda dalla moglie ebrea, che venne deportata. La censura continuava a chiedere di cambiare musiche, autori e scene con motivazioni che andavano dall’«impronta ebraica» ai «toni anti-tedeschi» e nel gennaio 1938 20th Century Fox chiese alla segreteria di Hitler «a quali regole dobbiamo attenerci». La risposta fu: «Il Führer rifiuta per principio di esprimere tali opinioni». Nel febbraio 1937 John Cheever Cowdin, nuovo capo di Universal, volò a Berlino per spiegare ai nazisti «che adesso questa azienda non è più ebraica e vuole tornare sul mercato tedesco». Nello stesso anno Gyssling riuscì a convincere Mgm di rimettere mano a Tre camerati , scritto da Francis ScottFitzgerald, per evitare che fosse ambientato nella Germania degli anni Venti denunciandone l’antisemitismo. La collaborazione di Hollywood fu tale che 20th Century Fox regalò 11 film come “contributo al fondo di guerra” dopo l’invasione tedesca della Polonia che diede inizio alla Seconda Guerra Mondiale. La «Zusammenarbeit» finì solo dopo l’attacco a Pearl Harbour, nel dicembre 1941, che spinse gli Usa in guerra contro l’Asse.

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