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La Stampa Rassegna Stampa
16.05.2013 Siria: Qatar e Arabia Saudita appoggiano i ribelli
cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 16 maggio 2013
Pagina: 15
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Qatar e Arabia Saudita in lotta per conquistare i ribelli anti-Assad»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 16/05/2013, a pag. 15, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "Qatar e Arabia Saudita in lotta per conquistare i ribelli anti-Assad".


Francesca Paci      l'emiro del Qatar         il re dell'Arabia Saudita

Sebbene finora infruttuosa, l’agitazione delle grandi potenze, che su pressione di Mosca e Washington si preparano alla conferenza di pace denominata «Ginevra 2», racconta quanto quella siriana sia ormai assai più di una feroce guerra civile. Mentre l’assemblea Generale dell’Onu condanna il regime di Damasco per i due anni di scontri costati almeno 80 mila vittime e un milione e mezzo di rifugiati (il 51% dei quali minorenni), la paura del contagio si propaga oltre i confini regionali che di fatto sono già parte della crisi.

Tanto per iniziare c’è il Libano, che secondo il consigliere Usa per il Medioriente Gordon sta per essere trascinato nella mischia a causa dell’intervento delle milizie sciite libanesi di Hezbollah a fianco di Damasco. In realtà, un rapporto dell’International Crisis Group mostra che il Paese dei Cedri è da tempo in prima linea e non solo perché nella zona di Tripoli sciiti e sunniti si combattono al di là e al di qua della frontiera. Un milione di siriani, tra profughi registrati e non, significa un quarto della popolazione: una polveriera per il governo di Beirut che tiene insieme sempre meno agevolmente «istituzioni fragili, un delicato equilibrio politico e settario e un’economia in declino».

C’è il Golfo, che sebbene schierato con l’opposizione ne proietta all’esterno le inconciliabili anime (martedì al Cairo i ribelli si sono ulteriormente divisi tra la Coalizione nazionale, dominata dai Fratelli Musulmani, e l’Unione dei democratici). Finora Riad aveva sempre rifiutato di vedere i rappresentanti della Coalizione perché in mano all’invisa Fratellanza e perché legata al Qatar e alla Turchia. Ma la settimana scorsa, a sorpresa, il ministro degli Esteri saudita Saud Al Faisal ha incontrato a lungo il Fratello siriano Mahmoud Farouq Tayfour, una mossa letta dagli analisti alla luce della competizione con Doha che ha già allungato le mani sull’Egitto e Gaza.

Significa che Riad, sponsor storico dei salafiti, smorza i toni? La risposta è piuttosto nella guerra fredda con l’Iran che, secondo il quotidiano «al Hayat», sarebbe pronto a puntellare Assad aprendo un fronte sul Golan israeliano con le milizie dell’amico Hezbollah.

La partita con Teheran è quella che ingloba tutte le altre (per questo Mosca vuole sia iraniani che sauditi a «Ginevra 2»). Lo sta scoprendo il premier turco Erdogan che, dopo essersi duramente schierato contro Assad (accusato da Ankara dell’attentato di Reyhanli), esita sulle prossime mosse, pressato anche dall’opposizione turca contraria al coinvolgimento in Siria. Secondo il sito conservatore «Israel National News», Erdogan, anziché lavorare con israeliani e sauditi in funzione anti ayatollah, è tentato dai Fratelli Musulmani e dalla «soluzione islamica» al post Assad (anche in casa ha firmato il giro di vite sugli alcolici).

L’orizzonte siriano è nebuloso. Anche i due confini rimanenti fremono. Baghdad somma alle tensioni tra il governo sciita filoIran e la maggioranza sunnita l’ansia per l’intesa turco-curda che mira ad allontanare i curdi da Damasco ma rafforza l’indipendentismo del Kurdistan iracheno. Amman, tra i primi ad accogliere i profughi, non ne contiene più il flusso. Soprattutto perché in Siria la guerra infuria: a sud-ovest di Homs, dove grazie a Hezbollah i lealisti riconquistano terreno; intorno alla prigione di Aleppo, assediata dai ribelli (compresi kamikaze) e bombardata dai governativi; al sud; alla periferia di Damasco; ovunque.

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