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Il Premio "World Press Photo" ha scelto quale foto dell'anno quella che viene definita "un'istantanea scattata a Gaza a novembre" dal fotografo svedese Paul Hansen, nella quale si vede un corteo di uomini con in braccio i cadaveri di alcuni bambini. La STAMPA di oggi, 16/02/2016, a pag.20/21 pubblica l'immagine, preceduta e seguita da due articoli che hanno dll'incredibile. Non una parola sulle vere stragi di questo ultimo anno (80.000 vittime solo in Siria, con migliaia di bambini !), in tutti gli stati arabo-musulmani sono in atto repressioni sanguinarie, ignorate totalmente. il World Press Photo sceglie una foto scattata a Gaza- sulla quale non mettiamo la mano sul fuoco, ben sapendo quante immagini in stile photoshop sono state spacciate per vere !- perchè così può criminalizzare Israele, in una azione che tutto il mondo ha ritenuto difensiva. Marco Belpoliti: " L'urlo e l'innocenza nella foto dell'anno" Un funerale di soli uomini. Là dove il compianto è sempre quello delle donne, Paul UHansen ci offre invece il dolore e l’urlo degli uomini di Gaza con in braccio i due corpi di bambini in primo piano, immagine straziante. Lo sguardo si sposta dai volti degli uomini, giovani e anziani, a quello delle piccole creature dentro i lenzuolini bianchi, immagine d’innocenza. Ma è anche una manifestazione politica quella che avanza tra gli stretti muri del vicolo, tra le grida e le mani levate. È proprio l’assenza delle donne a fare specie. Gaza è diventata un luogo di martirio, ma anche una piccola miniera di scatti fotografici. Cosa vuole comunicarci la giuria del World Press assegnando la palma di foto dell’anno all’immagine di Hansen? Che il dramma della guerra, sempre rimosso in Occidente, è un segno permanente dell’umanità contemporanea? Che i bambini sono le prime vittime? Che la politica torna così di attualità attraverso l’immagine? Che l’estetica è decisiva? Si tratta di una fotografia che rinvia all’elemento religioso, all’iconografia ben piantata nella nostra memoria e nel nostro immaginario cristiano. Guardando le altre foto segnalate e prescelte quest’anno, si capisce che l’orientamento del premio è segnato dalla guerra, dal dolore, dalla sofferenza. Guarda fuori dai confini dell’Europa, e dell’Occidente in generale. Si ferma là ove i conflitti, le torture, le repressioni, tengono il campo. Una scelta legittima, senza dubbio, che tuttavia manifesta un’idea della fotografia come registrazione della realtà legata al dolore e alla morte. Il «punctum» sono i visi dei bambini: addormentati, lontani. Uno più disteso, l’altro - in primo piano - contratto. Sono visivamente allineati. Sono l’assenza presente in questo corteo funebre che urla tra le pareti grigie della città palestinese. Quel bianco che è simbolo di purezza colpisce più di ogni grida di vendetta che si leva dal coro degli uomini. Francesca Paci: " Tutta la storia sta dentro uno scatto È appena terminata una notte di bombe, vetri rotti, sirene, quando a Gaza si diffonde la notizia dell’intera famiglia Hijaz sepolta sotto le macerie nel campo profughi di Jabalya. Per inviare una e-mail a Mario Calabresi, cliccare sull'indirizzo sottostante direttore@lastampa.it |
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