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La Stampa Rassegna Stampa
15.11.2010 Scienziati tedeschi che collaborarono col nazismo migrati in Usa
Ben diverso dalla fuga dei criminali nazisti con passaporti vaticani nei Paesi arabi e in America Latina

Testata: La Stampa
Data: 15 novembre 2010
Pagina: 16
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Nazisti negli Usa con l’aiuto della Cia»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 15/11/2010, a pag. 16, l'articolo di Francesco Semprini dal titolo " Nazisti negli Usa con l’aiuto della Cia ".


Werner von Braun

La notizia non è nuova, si tratta di scienziati e ricercatori che hanno collaborato con il regime nazista che hanno poi trovato asilo in Usa prendendo parte a ricerche scientifiche.
Ben diverso dalla fuga dei criminali nazisti con passaporti forniti dal Vaticano in America latina, in Egitto, nei Paesi arabi.
Ecco l'articolo di Francesco Semprini:

I servizi segreti statunitensi hanno garantito rifugio e protezione a diversi esponenti o collaboratori del regime nazista. Il nuovo capitolo oscuro della storia del secondo dopoguerra emerge da un rapporto del Dipartimento di Giustizia americano - tenuto nascosto per oltre quattro anni - che ricostruisce i tratti salienti della caccia a un paio di dozzine di affiliati al regime tedesco. Nelle 600 pagine del dossier, che ha richiesto sei anni di lavoro, si ripercorrono le tappe principali di questa vicenda, come la caccia al dottor Josef Mengele, conosciuto come «l’angelo della morte» di Auschwitz, un pezzo del cui scalpo sarebbe conservato in uno degli archivi del governo Usa. O l’omicidio di un ex soldato delle SS, avvenuto in New Jersey negli Anni 80. O lo scambio di identità tra John Demjanjuk e la guardia del campo di Treblinka, nota come Ivan il terribile.
Si tratta insomma di un catalogo dei successi e dei fallimenti compiuti dagli esperti dell’Ufficio per le indagini speciali (Osi), creato nel 1979 dal dipartimento di Giustizia per dare la caccia e deportare tutti i criminali nazisti ancora in circolazione. Da allora ne sono stati identificati oltre 300. Ma l’aspetto «più inquietante» del dossier - spiega il New York Times, che lo ha visionato integralmente - è il coinvolgimento della Cia nella fuga di alcuni esponenti nazisti. Lo stesso Osi parla di «collaborazione del governo con i persecutori», alcuni dei quali «furono fatti entrare nel Paese, anche se si aveva piena consapevolezza del loro passato e delle loro responsabilità».
«L’America è sempre stata orgogliosa di essere un rifugio sicuro per i perseguitati – prosegue l’Osi –, in alcuni casi però ha dimostrato di esserlo anche per i persecutori». Uno di questi è Otto Von Bolschwing, uno degli assistenti di Adolf Eichmann, che contribuì a mettere a punto il piano per «liberare la Germania da tutti gli ebrei». Dal 1954 Bolschwing diventa un uomo della Cia e alcuni funzionari dell’intelligence si chiedono, come risulta dai memo raccolti, «come comportarsi nel caso emergesse il passato del loro collaboratore tedesco».
Venuto a conoscenza dei suoi legami col regime, nel 1981 il Dipartimento di Giustizia americano tenta di deportare l’ex nazista, che morirà poco dopo, a 72 anni.
Un altro caso rilevante è quello di Arthur L. Rudolph, uno scienziato esperto di missili che nel 1945 viene portato negli Stati Uniti dove lavorerà per la Nasa nell’ambito dell’Operation Paperclip, un programma che prevede il reclutamento di scienziati che avevano operato con il regime nazista, ed è considerato il padre del missile Saturno V. Il suo reclutamento era un fatto di «interesse nazionale», spiega un memo del dipartimento di Giustizia del 1949 secondo cui lasciar tornare lo scienziato in patria, dopo che si era rifugiato in Messico, «avrebbe compromesso la sicurezza degli americani» e per questo era meglio assoldarlo.
Ancora più celebre è il caso di Werner von Braun, l’ingegnere tedesco che, dopo aver portato qualche centinaio di missili V2 su Londra durante la seconda guerra mondiale, portò l’America nello spazio: prima con il lancio in orbita del satellite artificiale Explorer 1 poi con la missione sulla Luna dell’Apollo 11.
Ora però lo scottante dossier voluto nel 1999 da Mark Richard, avvocato di lungo corso del dipartimento di Giustizia, rischia di trasformarsi in una patata bollente per il presidente Barack Obama.

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