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La Stampa Rassegna Stampa
31.08.2009 C'è il petrolio dietro la libertà per il terrorista al-Megrahi
Analisi di Mattia Bagnoli

Testata: La Stampa
Data: 31 agosto 2009
Pagina: 4
Autore: Mattia Bagnoli
Titolo: «C'è il petrolio dietro la libertà per al-Megrahi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 31/08/2009, a pag. 4, dal titolo " C'è il petrolio dietro la libertà per al-Megrahi ".

 il terrorista al-Megrahi al suo arrivo in Libia

Il caso Lockerbie continua a tenere banco in Gran Bretagna. Il giallo sulle vere cause che hanno portato alla liberazione di Abdelbaset al-Megrahi - l’ex agente libico condannato all’ergastolo per la strage del volo PanAm - si sta infatti arricchendo di nuovi dettagli. Primo: alcuni documenti ufficiali dimostrano come il governo britannico abbia ceduto alle pressioni dei libici e abbia incluso al-Megrahi nel trattato sullo scambio dei carcerati siglato per «schiaccianti interessi nazionali». Secondo: vertici dell’establishment britannico, compreso il principe Carlo, si sono dati segretamente da fare con i libici per perorare la causa del colosso petrolifero anglo-olandese Shell. Una ragnatela d’interessi che pare fin troppo vischiosa per essere solo una coincidenza.
Tutto ha avuto inizio con l’ormai celebre visita di Tony Blair a Muammar Gheddafi. Era il marzo del 2004. La Libia, con l’abbandono delle sue ambizioni nucleari, diventa improvvisamente terreno di conquista per le aziende britanniche. «Il declino delle riserve di greggio nel mare del Nord e il cambiamento climatico convincono il Regno Unito a migliorare le relazioni con la Libia per sfruttare il suo gas e il suo petrolio», analizza il domenicale Observer. Unico ostacolo al Rinascimento commerciale è al-Megrahi, recluso in una prigione scozzese. I libici puntano al suo rientro in patria. I due paesi iniziano a discutere un trattato che regoli lo scambio dei detenuti. La Gran Bretagna, sulle prime, fa «melina». In una lettera datata 19 dicembre 2007, scritta dal ministro alla Giustizia britannico Jack Straw al suo omologo scozzese Kenny MacAskill, si legge: «Ho riconosciuto l’importanza per la Scozia della questione al-Megrahi e ho detto che avrei cercato di escluderlo dall’accordo». Poi l’ammissione. «Ma non sono riuscito ad ottenere un’esplicita esclusione». La lettera, pubblicata dal Sunday Times, prosegue: «Gli ampi negoziati in corso con la Libia stanno raggiungendo un punto critico, e visti gli schiaccianti interessi nazionali della Gran Bretagna ho accettato che l’accordo di scambio dei detenuti sia in forma standard e non menzioni nessun individuo».
«Liberato in cambio di petrolio», titola in prima pagina il domenicale del Times. Le cose, però, non sembrano così semplici. Straw ha negato che l’accordo sui detenuti fosse legato ai contratti petroliferi, ma che puntasse a migliorare i rapporti tra i due paesi. «Tutto questo - ha detto poi Straw - è puramente “accademico”, visto che il governo scozzese ha liberato al-Megrahi per motivi umanitari e non in base al trattato di scambio». Pure Alex Salmond, primo ministro scozzese, ha smentito ogni dietrologia: «Non crediamo che il caso Lockerbie debba essere collegato ai contratti petroliferi». Che però ci sono stati. Quello che per Salmond si tratta di una «coincidenza» per l’Observer diventa «una campagna commerciale orchestrata da funzionari, mandarini e membri della famiglia reale». «Almeno una dozzina d’incontri sono stati organizzati a Londra e a Tripoli tra alti funzionari del Foreing Office e top-manager della Shell», scrive l’Observer. Tra i vari «ambasciatori» della Shell in Libia figurerebbero anche «David Miliband e il principe Carlo». La Shell, dice il domenicale del Guardian, «sta portando il suo rigassificatore di Marsa el-Brega a una capacità di 3,2 milioni di tonnellate e ha iniziato a trivellare il primo di 12 pozzi». La BP, poi, ha siglato nel 2007 un accordo di esplorazione petrolifera da 900 milioni di dollari che avrebbe un ritorno economico nell’ordine dei miliardi. Che ad al-Megrahi sia stato diagnosticato il cancro, sembra quasi un atto della Divina Provvidenza. E infatti, anche su questo punto, iniziano a farsi largo le prime speculazioni. «Megrahi sta migliorando», titolava ieri il Sunday Express. Secondo i familiari, infatti, Abdelbaset si sta riprendendo «giorno dopo giorno», e sperano ora in una «completa guarigione». Fosse vero sarebbe difficile spacciarla come un miracolo.

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