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La Stampa Rassegna Stampa
24.12.2007 Turisti a Betlemme, ma residenti sempre meno,La chiesa non dice perchè, i media lo stesso
un reportage di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 24 dicembre 2007
Pagina: 13
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Miracolo a Betlemme, ritornano i pellegrini»

Non può che far piacere che i pellegrini ritornino numerosi a Betlemme per le festività. Ma il problema principale, che viene ignorato in quasi tutti gli articoli, rimane sempre lo stesso, i cristiani se ne vanno dai territori amministrati dall'Autorità palestinese. Per saperne i motivi basta chiederlo ai cristiani che ancora vivono a Betlemme. si conoscerebbe una verità che sui nostri giornali, quelli cattolici in particolare, viene regolarmente omessa. Dalla STAMPA di oggi, 24/12/2007, a pag.13, riportiamo il reportage di Francesca Paci, dal titolo "Miracolo a Betlemme, ritornano i pellegrini":

Visto Di Pietro in prima fila quant’era commosso? Questo Natale a Betlemme lo racconto finché campo», giura Franca all’uscita dalla chiesa di Santa Caterina dopo il «Concert for Life and Peace», la prova generale della Messa della Vigilia. Piazza della Mangiatoia luccica di comete gialle e rosse, il cielo terso accende le stelle come il fondale di un presepe di cartapesta, un vento freddo agita le palme che collegano idealmente la basilica della Natività all’antistante moschea di Omar.
Franca si stringe nel piumino bianco e affretta il passo verso il pullman Amiel Tours che l’aspetta per rientrare a Gerusalemme. Quarant’anni, single, insegnante elementare, è venuta da Ancona con una trentina di marchigiani per il suo primo viaggio «nei luoghi di Gesù»: «Costa 500 euro, metà del mio stipendio, ma ne vale pena». Sabato sera erano tutti invitati a Betlemme alla performance dei Solisti Veneti organizzata da Comuni, Province e Regioni italiane. La presenza del ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro accompagnato dai due figli, ammette Franca, l’ha rilassata: «Ci avevano spiegato che la situazione è tranquilla, ma il check point, i militari israeliani, la polizia palestinese così nervosa, insomma mi sono distesa solo quando ho visto i nostri politici».
I pellegrini tornano in Terra Santa: motivati, chiassosi, in ordine sparso dietro alla guida che, invece dell’ombrello, impugna un cero liturgico. Dopo il silenzio grave seguito alla seconda Intifada, i kamikaze, la costruzione del muro tra Israele e Cisgiordania, le strade di Betlemme, Gerusalemme, Nazaret, traboccano ora di stranieri devoti, parchi frequentatori di ristoranti ma fanatici del gadget sacro, dal rosario in legno d’ulivo alla corona di spine con tanto di certificato di garanzia. Che sia l’onda lunga del riavvicinamento tra israeliani e palestinesi culminato tre settimane fa ad Annapolis o un risveglio religioso globale in chiave antipolitica, il ministro del turismo israeliano, Yitzhak Aharonvitch, attende il pienone nei prossimi giorni: «Sessantamila turisti cristiani, il doppio del 2006». Un controesodo iniziato a Pasqua: il 31 dicembre l’aeroporto Ben Gurion, il passo di Allenby e quello di Taba, in Egitto, raggiungeranno quota un milione d’ingressi, il 30 per cento in più rispetto allo scorso anno.
«C’è gente, d’accordo, è già qualcosa», concede Mustafà, proprietario d’una piccola bottega di souvenir lungo Manger street, un paio d'isolati dalla Natività. Ma resta un Natale magro: «Pochissimi pranzano o cenano a Betlemme, figurarsi dormire qui, dentro il muro. Da me comprano soprattutto presepi in miniatura, croci, bambinelli, cose da 15 euro al massimo». Un robusto abete decorato con palle in vetro di Hebron e fili d’argento oscilla ogni volta che si apre la porta con l’insegna Sancta Maria, sventolando l’offerta speciale, 400 shekel, circa 70 euro: «Ne ho venduti due, nemmeno chi abita a Gerusalemme viene volentieri a fare acquisti oltre cortina, eppure siamo a un quarto d’ora d’automobile».
Sollecitato dal rappresentante del Quartetto Tony Blair, grande sponsor della via economica alla soluzione del conflitto israelo-palestinese, il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha predisposto un passaggio speciale riservato ai pellegrini diretti a Betlemme, una sorta di corsia preferenziale per attraversare il check point senza grosse difficoltà. Una giovanissima soldatessa etiope con il mitra a tracolla sfoglia rapida i passaporti stranieri e sorride: sembra che funzioni.
«La Chiesa è la nostra risorsa economica», commenta Victor Batarseh, sindaco cristiano di Betlemme eletto in una lista civica insieme ad Hamas. È un maestro d’equilibrismo: da quando governa con il partito islamico radicale difende il dialogo interconfessionale fin quasi a negare i problemi tra palestinesi musulmani e palestinesi cristiani, maggioranza assoluta della popolazione di Betlemme nel 1948 e oggi appena uno su dieci. Eppure stavolta mister Batarseh si sbilancia: «Il futuro della città è legato al ritorno dei pellegrini». Che di sicuro non amano essere perquisiti al check-point, ma meno ancora apprezzano l’eco del muezzin avvolgere il centro mitico della cristianità.
«Un Natale unico, però quante moschee e quante donne velate in giro, molte più di noi», nota Franca. Questo, aggiunge, non lo racconterà alle colleghe di Ancona. Il pullman avanza lento lungo al-Qubba, i tavoli del popolare ristorante Abu Eli, tempio dell’agnello alla griglia, sono tutti occupati. Qualcuno, soprattutto personale internazionale e operatori umanitari, sfida il tabù, i pellegrini ancora no. Il prossimo 25 dicembre, magari. Insciallah.

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