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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa Rassegna Stampa
15.08.2006 Gianni Vattimo s'indigna con chi aiuta Israele
e invoca l'esercito europeo

Testata: La Stampa
Data: 15 agosto 2006
Pagina: 6
Autore: Gianni Vattimo
Titolo: «Esercito europeo cercasi»
In un articolo pubblicato il 14 agosto 2006 a pagina 6 della STAMPA  Gianni Vattimo inserisce una critica alla Gran Bretagna per aver permesso il transito di armi americane destinate a sostenere la guerra difensiva di Israele contro Hezbollah
L'esercito europeo auspicato da Vattimo dovrebbe dunque servire a permettere una politca indifferente, se non ostile, alla guerra al terrorismo di America e Israele, conformemente alla visione del mondo di Vattimo, che si scandalizza per le armi che gli Usa forniscono a Israele via Gran Bretagna, ma non di quelle (non ha mai scritto nulla in merito) che l'Iran fornisce a Hezbollah via Siria...

Ecco il testo:



SAREBBE bello se il governo potesse seguire tutti e tre i consigli che Lucia Annunziata gli offre nell'editoriale di sabato 12 agosto. Almeno il primo e il secondo di essi - far tornare urgentemente dalla vacanze i membri del CoPaCo, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti; e metter mano alla riforma di questi ultimi d'accordo con l'opposizione, riservando al capo del governo le competenze ora delegate a un sottosegretario - sembrano agevolmente realizzabili. Ma l'essenziale sembra il terzo: la messa in chiaro dei rapporti tra i nostri servizi «segreti» (solo per noi cittadini, a quanto pare) e il nostro più potente alleato, gli Stati Uniti. Su questo punto domina da tempo (dalla firma del patto Nato? Da prima?) una ambiguità che non è affatto limitata all'intelligence, come ora si dice. Si tratta dell'ambiguità che caratterizza sempre più ampiamente la politica dei paesi «secondi», potremmo chiamarli così, quelli che come l'Italia, ma anche la Francia, la Germania, la Gran Bretagna (qui però l'ambiguità e assai meno marcata, anzi quasi non esiste) sono alleati degli Usa e tuttavia anche largamente Usa-dipendenti. Per la difesa, anzitutto, se è vero che una politica militare dell'Unione Europea per ora non esiste ancora, con importanti riflessi anche sul piano dello sviluppo delle tecnologie. Queste, come si sa - un po' analogamente a quello che succede nel rapporto auto da competizione-auto utilitarie - dipendono largamente dalla ricerca a scopi militari. Una riflessione su questo problema dovrebbe finire per condurre anche i più pacifisti fra noi a sostenere in tutte le sedi l'idea di un esercito europeo integrato, capace anche di intervenire autonomamente sui tanti «scacchieri» mondiali nei quali molti paesi d'Europa sono oggi presenti solo «sotto l'egida della Nato» - il cui comando supremo è sempre statunitense. A parte ogni considerazione nazionalistica - dovremmo forse scandalizzarci perché le nostre truppe obbediscono a un generale americano piuttosto che a uno belga o danese? - il punto è che senza una forza militare autonoma l'Europa resta sempre quella che anni fa Kissinger dipinse in una famosa battuta: Se voglio chiamare l'Europa, che numero devo fare? La situazione attuale di (quasi?) completa dipendenza dagli Usa per ciò che riguarda difesa e capacità militari in genere, che del resto costa fior di soldi anche al contribuente americano, non è deprecabile solo per astratto anti-americanismo. La multilateralità anche nella coalizione dei volonterosi che appoggiano la lotta degli Stati Uniti al «terrorismo internazionale» (preferiamo le virgolette, dato che l'espressione è piuttosto ambigua anch'essa) è un valore che lo stesso presidente Bush e la diplomazia americana invocano a ogni pie’ sospinto; che si tratti di un valore di facciata non è solo colpa degli Stati Uniti, ma anche e soprattutto dell'Europa. E' sperabile che episodi come quello di Abu Omar, per l'Italia, o come i tanti altri simili (esempi: la questione dell'uso di aeroporti britannici per rifornimento di armi a Israele, o per le varie renditions della Cia), obblighino prima o poi non solo il governo italiano, ma quelli degli altri paesi interessati e soprattutto le autorità (chiamiamole così) dell'Unione Europea a sciogliere l'ambiguità che continua a vigere su questi temi. Non ci crediamo molto, ma continuiamo ad augurarcelo.

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