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La Stampa Rassegna Stampa
09.06.2005 Botta e risposta tra Maurizio Piperno Beer, Presidente della Comunità ebraica di Torino e Gianni Vattimo
sul quotidiano torinese

Testata: La Stampa
Data: 09 giugno 2005
Pagina: 51
Autore: Maurizio Piperno Beer - Gianni Vattimo
Titolo: «Piperno Beer: Vattimo inqualificabile su Israele - Vattimo: chi critica Sharon non è per forza antisemita»
Riprendiamo da LA STAMPA di giovedì 9 giugno 2005 una lettera del presidente della Comunità ebraica di Torino sulle dichiarazioni di Gianni Vattimo su Israele, rilasciate a seguito del "caso Santus", e la risposta dello stesso Vattimo

Ecco i testi:

Egregio direttore,
ho aspettato alcuni giorni ad esprimere il mio pensiero in quanto volevo verificare le reazioni e il clamore che avrebbe suscitato l'inqualificabile intervista di Gianni Vattimo a La Stampa pubblicata il 24 maggio scorso. A tutt'oggi un silenzio assordante.
Dice Vattimo: il governo israeliano sta portando avanti una politica razzista e disumana, una vera e propria guerra di sterminio che pare destinata a finire solo con l'annientamento dell'altro. Silenzio.
Dice Vattimo: all'università di Torino si legge il «Mein Kampf» e si può fare lezione su ciò che si vuole, ma a diplomatici statunitensi o israeliani e agli ultrà nazisti (solo se ultrà, i nazisti semplici vanno bene) si può vietare l'ingresso all'università. Nessuna reazione.
Ritenevo che politici, uomini di cultura, accademici, semplici cittadini avrebbero almeno messo in discussione le ignobili equiparazioni (palesi o sottintese) di questo «maestro» del pensiero debole, o che avrebbero cercato di promuovere analisi e approfondimenti su una materia complessa che non si può liquidare enunciando degli slogan. Non è accaduto nulla.
Mi è stato chiesto più volte se percepivo in questo paese e in questa città un clima antisemita e ho sempre risposto di no. Continuo a rimanere dello stesso parere, ma certamente questa vicenda ci ha fatto capire che esiste un muro invisibile di indifferenza che ha fatto ignorare affermazioni gravi e lesive della memoria di molti, affermazioni che contribuiranno ad alimentare pregiudizi e che, proprio perché il protagonista è un cosiddetto «maestro», daranno una dignità a tutti i suoi emuli e a coloro che vorranno spingersi ancora più avanti.
Rimane la delusione, lo sconforto e anche la preoccupazione.

Maurizio Piperno Beer

Presidente Comunità
ebraica di Torino


Caro direttore,
sono in grande imbarazzo nel rispondere alla lettera del presidente della Comunità Ebraica di Torino; prima di tutto perché sono consapevole dei tragici motivi che spiegano la suscettibilità della comunità che egli rappresenta, e che ha subito nel corso della storia le sanguinose persecuzioni che tutti ricordiamo e deprechiamo. Ma c'è un secondo motivo di imbarazzo: ed è il tono inutilmente insultante di alcune espressioni di questa lettera, che io certo non mi sono permesso nei confronti suoi né dei suoi correligionari. Non lo chiamerò dunque «cosiddetto» presidente della Comunità Ebraica, come il suo tono mi indurrebbe a fare.
Per il resto, mi aspetto che egli promuova quell'analisi adeguata che invoca. Io vedo in Palestina una lotta impari tra un popolo a cui viene strappato ogni giorno un nuovo pezzo della terra che secondo i deliberati dell'Onu dovrebbe essergli lasciata per costruirsi lo stato a cui ha diritto e che sarebbe la condizione della pace. Il muro stesso che Sharon continua a costruire è solo una ferita in più alla popolazione palestinese che deve affrontare gravi difficoltà aggiuntive per andare a lavorare ogni mattina nel territorio israeliano. Non ignoro le ragioni che hanno condotto Israele a misure così estreme; anche se abbattere interi quartieri di case solo perché da una di esse proveniva l'ultimo kamikaze mi sembra un orrore niente affatto minore delle rappresaglie naziste. Trovo comunque politicamente riprovevole la strategia del governo Sharon; spero che questo non sia equiparato ad antisemitismo viscerale. Poiché questa strategia mi sembra condurre solo allo sterminio di massa (di entrambi i contendenti, certo), sono favorevole a iniziative politiche «dal basso», che segnalino energicamente al governo israeliano la disapprovazione della comunità internazionale. Una iniziativa di questo genere è il rifiuto di accogliere rappresentanti ufficiali di quel governo da parte di istituzioni accademiche, che hanno il diritto di decidere democraticamente se praticare o no questa forma di «sanzioni»: alcune università inglesi mi risulta lo abbiano fatto. Sanzioni di questo genere (ben diverse dall'embargo su cibi e medicinali praticato contro Saddam Hussein) hanno un carattere esclusivamente simbolico, producono poco danno ma costringono a pensare.
Naturalmente, l'università di Torino può decidere di non metterle in atto; è però lecito che le propongano coloro che hanno a cuore proprio la pace in Palestina, e che vedono in esse un piccolo contributo alla rivendicazione di diritti umanitari violati. Quanto alle «ignobili equiparazioni» le lascio alla fantasia del dottor Piperno. Sharon, o il suo amico Bush, se fanno una politica nazista vanno chiamati con il nome appropriato. O dovremmo risparmiarglielo perché l'uno è ebreo e l'altro è un «cristiano rinato»? Grazie dell'ospitalità
Gianni Vattimo
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