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Riprendiamo dal VENERDi' di REPUBBLICA di oggi, 17/10/2014, a pag. 48, con il titolo "Così si fabbrica un jihadista", l'analisi di Giuliano Foschini, Fabio Tonacci.
Giovane e arrabbiato. Solo, con pochissime relazioni all'esterno, ma una grandissima capacità informatica. Soprattutto pronto a morire perché in fondo fa una gran fatica a vivere. Li cercavano così gli jihadisti italiani. Li cercavano ad Andria, in Puglia. A Catania. A Milano, ovunque in Italia. Bussavano ai call center, alle macellerie islamiche, alle moschee abusive, lanciavano esche in ogni anfratto di rabbia, frustrazioni, solitudine: «I soldati del nostro esercito, voi dovrete essere i soldati del nostro esercito» dicevano al telefono, nelle conversazioni intercettate dai carabinieri del Ros. I carabinieri sono rimasti sorpresi dalla quantità di materiale sequestrato nel corso delle indagini: video, profili Facebook o twitter, chat criptate, tutto quello che gli analisti chiamano oggi Cyber Jihad. «Il call center di Andria» spiegano per esempio i giudici baresi che hanno valutato l'indagine «era in realtà una copertura per permettere ai componenti del gruppo di consultare i numerosi siti gestiti da gruppi simpatizzanti jihadisti, da cui estrapolavano documenti (anche audio-video) che avevano ad oggetto le istruzioni ora per la costruzione di ordigni esplosivi ora per l'utilizzo di armi ora per l'impiego di tecniche di sabotaggio e di incursione militare». Agli atti sono finiti così profili Facebook e twitter, ma anche centinaia di video: alcuni sono quelli di predicatori artigianali, altri invece sono quelli prodotti dall'Alhayat Media Center, una delle tre piattaforme di produzione cui il gruppo terroristico di Abu Bakr Al Bagdhadi ha affidato la cura della propria «immagine». Un lavoro «occidentale», a conferma che nell'Isis non c'è nulla di improvvisato: le immagini girate con telecamere di alta qualità, i montaggi sono rapidi e con gli effetti speciali, come fosse un videoclip di Mtv, la traduzione in inglese è sempre in sovraimpressione, così che tutti possano comprendere. E chiaramente inoltrare. «E proprio la condivisione, il concetto basilare del social network, è diventata la forza di questo tipi di gruppi» dicono dall'Intelligence che da anni studiano proprio i flussi che arrivano in Italia da questo tipo di siti. Sono una ventina quelli che controllano stabilmente, insieme con una decina di gruppi di discussione, seppur all'interno del gruppo vengono predilette le chat criptate. Ma non c'è soltanto dottrina. Le indagini hanno ricostruito che intere giornate venivano «dedicate all'addestramento militare dei terroristi»: tecniche di sparo o di confezionamento delle bombe. Studio dei «nemici» (gli ebrei, non a caso tra le contestazioni c'è anche l'odio razziale) e dei territori da occupare. Un particolare: tutte le giornate trascorrevano con un ritornello di sottofondo, Haya haya, haya alal-jihad, cantato tre, cinque, dieci volte, Andiamo, andiamo, andiamo a fare la jihad, mentre sullo schermo scorrevano le immagini di attentati, decapitazioni. Haya haya, haya alal-jihad, eccola, la canzone della jihad. Per inviare la propria opinione al Venerdì di Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante segreteria_venerdi@repubblica.it |
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