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L'Unione Sarda Rassegna Stampa
23.03.2004 Sembra tratto dal libro Cuore
ma rimane grave ugualmente, è una dichiarazione d'amore verso Yassin

Testata: L'Unione Sarda
Data: 23 marzo 2004
Pagina: 1
Autore: Carlo Lo Re
Titolo: «Così si uccide la pace»
L'Unione Sarda non è un giornale a diffusione nazionale, ma viene letto in Sardegna. Cosa hanno fatto di male i sardi per meritarsi un giornale simile? Si legga il compitino (non ci sentiamo di definirlo articolo) in memoria del defunto sceicco. L'abbiamo tratto dal sito on line.
Occorreranno almeno dieci anni per riparare i danni di questo giorno assurdo, per rimediare ad un errore strategico che più grande è difficile ipotizzare da parte israeliana. Di tutte le sciocchezze possibili, il governo Sharon ha fatto la peggiore, riportando la questione israelo-palestinese indietro nel tempo di qualche decennio, certo prima di Oslo, fors’anche prima di Camp David. Dolorosamente tocca constatare come le conseguenze della morte dello sceicco Yassin saranno tremende per Israele e per il mondo intero. Mai come oggi la pace in Terra Santa è lontana. Ben più che lontana, è morta e sepolta.
Mohammed Yassin era nato intorno al 1937/38 e da giovane aveva subito un incidente sportivo, pare durante una partitella di calcio fra ragazzi, che l’aveva inchiodato ad una sedia a rotelle. Minuto come non mai, lo sceicco era adorato dalla sua gente, che vedeva nella sua fragilità fisica il simbolo vivente delle sofferenze del popolo palestinese. Avvicinatosi al movimento integralista egiziano dei Fratelli Musulmani, Yassin ne creava una cellula a Gaza negli anni Settanta, accarezzando il sogno di una Palestina interamente retta dal Corano. Nonostante tali propositi radicali, in un primo momento lo sceicco è stato stoltamente supportato nella sua opera di proselitismo dalle autorità israeliane. Negli anni Settanta ed Ottanta, infatti, Tel Aviv tentava in ogni modo di erodere consensi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina di Yasser Arafat, anche sostenendo l’oltranzismo islamico fra i palestinesi. Da Washington, ovviamente, nulla da ridire. Al marxismo professato da nutrite frange dell’Olp era preferibile il radicalismo religioso. Quanto tale strategia fosse miope ed irresponsabile è ormai sotto gli occhi di tutti.
E quando nel 1987 Yassin fondava Hamas (in arabo letteralmente "zelo", acronimo di Movimento di Resistenza Islamica) era ormai troppo tardi. Era sorto un nemico dello Stato d’Israele ben più feroce e determinato dell’Olp, più carico d’odio, fanatico ed oltranzista come il laico movimento di al-Fatah non è mai stato. Dall’87 ad oggi migliaia le vittime della follia stragista di Hamas, che ha inaugurato la tragica stagione degli attentati suicidi, contro i quali difendersi è impossibile. Certo è, però, che l’uccisione di Yassin non risolverà il problema. Tutt’altro. Davvero per Israele adesso si spalancano le porte dell’inferno, come enfaticamente proclamato da Abdel Aziz Rantisi circa sei mesi fa, subito dopo un fallito tentativo israeliano di uccidere la guida spirituale di Hamas.
Ma perché un simile errore da parte di Gerusalemme? L’operazione, interamente supervisionata da Ariel Sharon, appare come l’ennesima mossa tragicamente sbagliata di una destra planetaria che non ne azzecca una da anni. Per incapacità, per arroganza, per convenienza politica, per l’ignoranza abissale della sua leadership. Che questa destra continui a condurre la cosiddetta guerra al terrorismo è esiziale per l’umanità intera. Speriamo solo che l’esempio spagnolo si diffonda e che a novembre il democratico Kerry riesca nel miracolo di conquistare la Casa Bianca. Non sarà Wilson o Roosevelt, ma è pur sempre meglio di Bush jr.Tra l’altro, sapendo che prima o poi gli israeliani sarebbero riusciti ad uccidere Yassin, Hamas da tempo aveva organizzato una leadership parallela in clandestinità pronta a sostituire lo sceicco alla guida del movimento in poche ore. La morte di Yassin, quindi, non indebolisce affatto Hamas, al contrario. D’ora in avanti sia il movimento palestinese che la stessa al-Qaeda potranno giustificare agli occhi del mondo arabo qualsivoglia infamia nel ricordo dell’anziano sceicco, un "martire" che proprio non era il caso di consegnare alla spregiudicatezza dell’Islam radicale.
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