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Rassegna Stampa
02.09.2009 Continuare ad umiliarsi davanti alla Libia o all'Iran non aiuterà a mantenere la pace
L'analisi di Michael Sfaradi

Testata:
Autore: Michael Sfaradi
Titolo: «E adesso un'Europa libera unita contro il dittatore»

Riportiamo da LIBERAL di oggi, 02/06/2009, a pag. 5, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " E adesso un'Europa libera unita contro il dittatore ".

 Michael Sfaradi

È da un po'di tempo che Hassan Nasrallah, il capo di Hetzbollah o Mahmud Ahmedinejad, il presidente dell'Iran, non lanciano il loro anatemi contro Israele. Questo perché forse il primo è molto impegnato a riempire i suoi arsenali di missili iraniani, e il secondo perché è molto occupato a far arrestare e torturare coloro che hanno avuto il coraggio di contestare i risultati delle elezioni farsa che lo hanno riconfermato alla guida del paese. A riempire questo vuoto di propaganda demonizzatrice nei confronti di Israele ci ha pensato ieri il colonnello Gheddafi durante il suo discorso all'apertura del summit dell'unione africana. Il leader libico ha dichiarato che è proprio Israele che si cela dietro i conflitti africani, accusando il governo di Gerusalemme di essere il burattinaio delle crisi in Darfur, Sud Sudan e Ciad. Tutto questo per poter meglio sfruttare le ricchezze di quelle aree. La risposta dal ministero deg li esteri israeliano non si è fatta attendere e Yigal Palmor, il suo portavoce, ha rilasciato alla stampa una dichiarazione al vetriolo: "Quel circo equestre itinerante che è Gheddafi è divenuto da tempo uno show tragicomico che imbarazza chi lo ospita e la nazione libica che ne paga il conto. Mi chiedo se vi sia ancora qualcuno al mondo che prende seriamente ciò che dice quest'uomo. Noi comunque siamo certi che nessuno stato darà peso alle azioni teppistiche di questo bulletto." Ad ascoltare le parole del leader libico c'erano diversi tiranni e dittatori, fra gli altri Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe (nazione cacciata dal Commonwealth, è anche persona non gradita negli Stati Uniti e nell'Unione Europea) e il presidente del Sudan Omar al Bakiri, sul quale pende un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra in Darfur. Dopo anni di isolamento Gheddafi sta riuscendo, forzando la mano a tutti, a sdoganare la Libia e a farla ridiventare una nazione partner dell'Occidente. Per prima cosa ha siglato con l'Italia l'accordo per il pagamento dei danni relativi al periodo della colonizzazione, Roma ha così staccato un assegno di oltre 5 miliardi di dollari per pagare questo debito storico. Dopo un contenzioso dovuto all'arresto di uno dei suoi figli, arrestato in territorio elvetico per maltrattamenti a due suoi domestici, Gheddafi è riuscito a mettere in ginocchio la Svizzera che, oltre ad essersi vista tagliare le forniture di petrolio, ha anche subito la fuga di diversi miliardi d i petrodollari libici dalle casse delle sue banche verso altre mete. La situazione era così grave che il presidente della confederazione elvetica Hans-Rudolf Merz si è dovuto scusare. Ma non finisce qui, perché il successo più importante Gheddafi lo ha ottenuto dal governo scozzese che ha liberato, per motivi "umanitari" Al Megrahi, il terrorista responsabile dell'attentato di Lockerbie, che stava scontando l'ergastolo per l'uccisione di 270 persone. Solo all'indomani del suo arrivo in Libia, accolto come un eroe, si sono sbloccati alcuni contratti con il Regno Unito che erano "congelati" da tempo. Ora la British Petroleum può sondare vaste zone di deserto libico alla ricerca di nuovi giacimenti da sfruttare, qualche milione di barili di oro nero in cambio della giustizia e del rispetto verso coloro che sono rimaste vittime del terrorismo. Ma il culmine del successo si è avuto con le celebrazioni della rivoluzione, quando alla presenza di molti capi di Stato, in maggioranza africani ed asiatici venuti ad onorare il leader libico, si sono svolti i festeggiamenti per i 40 anni di un regime che ha imprigionato, torturato, esiliato e fatto sparire centinaia di oppositori. I leader europei, nonostante i loro bravi scheletri negli armadi, hanno avuto il buon senso di tenersi lontano, soprattutto dopo l'accoglienza da eroe ad Al Megrahi al rientro in patria, accoglienza che ha scatenato cori di disapprovazione nella comunità internazionale. Gordon Brown, cercando di salvare la sua faccia di bronzo, aveva addirittura avvertito Tripoli che l’eventuale presenza di Al Megrahi alle celebrazioni avrebbe provocato un incidente diplomatico. Davanti a situazioni di questo tipo che somigliano molto ad uno dei gironi danteschi dove anziché remare tutti insieme si affonda ognuno per conto suo, viene spontaneo chiedersi quando l'Europa con i suoi governi di destra e di sinistra, gli Stati Uniti di Obama che cercano un dialogo e non trovano interlocutori e il mondo occidentale più in generale, capiranno che continuare ad umiliarsi davanti alla Libia e al suo petrolio o all'Iran e al suo nucleare, o a chi ci tiene sotto scacco con minacce di tutti i tipi, da quella terroristica a quella energetica, non è certo la soluzione ideale per progredire e mantenere la pace. Viene spontaneo chiedersi quando le nazioni occidentali capiranno che solo un atteggiamento unitario potrà restituire dignità alle nostre deboli democrazie.

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