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Il Manifesto Rassegna Stampa
10.11.2020 'Pompeo avvelena i pozzi': il peggiore degli stereotipi antisemiti sul Manifesto
In un pessimo pezzo di Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 10 novembre 2020
Pagina: 11
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Pompeo avvelena i pozzi: sanzioni all'Iran per uccidere il dialogo»
Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 10/11/2020, a pag.11, con il titolo "Pompeo avvelena i pozzi: sanzioni all'Iran per uccidere il dialogo" il commento di Michele Giorgio.

Per presentare il pezzo di Michele Giorgio - come sempre ostile a Israele e alla pace - il Manifesto riprende una delle più note accuse antisemite diffuse nel medioevo e in età moderna: l'avvelenamento dei pozzi. Non serve sottolineare che questa accusa rivolta per secoli agli ebrei fosse completamente falsa. Quello che invece è interessante - e inquietante - è l'utilizzo spregiudicato che il quotidiano comunista ne fa.

Ecco l'articolo:

Risultati immagini per michele giorgio il manifesto
Michele Giorgio

Pompeo puts 12 demands on Iran: 'carte blanche' in the Middle East is over  - The National
Mike Pompeo

Si annuncia un'ondata di sanzioni americane contro Tehran nei prossimi 70 giorni, per schiantare l'Iran e per impedire che torni in vita il Jcpoa, l'accordo internazionale sul programma nucleare iraniano del 2015 silurato dall'Amministrazione Trump. Era stata decisa prima delle presidenziali americane del 3 novembre e si è fatta più urgente dopo la vittoria del democratico Joe Biden che, stando alle anticipazioni di un suo consigliere, Amos Hochstein, intenderebbe recuperare il Jcpoa persuadendo gli iraniani a fare concessioni. Con questo obiettivo il 18 novembre il segretario di Stato Mike Pompeo giungerà a Gerusalemme per poi proseguire verso Emirati e Arabia saudita, monarchie del Golfo che hanno sostituito Egitto e Giordania nel ruolo di principali alleati arabi degli Usa e di Israele. Non è solo il colpo di coda in Medio Oriente di Donald Trump che a gennaio dovrà lasciare la Casa bianca. È un piano elaborato da tempo per impedire che lo scontro nella regione sia risolto sulla base del dialogo tra le parti in conflitto.

IN QUESTE ORE la missione di Pompeo viene preparata nei minimi dettagli da Elliott Abrams, rappresentante speciale di Trump per Iran e Venezuela e uno dei falchi più noti della politica estera americana. Due giorni fa Abrams è stato ricevuto dal premier Netanyahu e dal consigliere per la sicurezza nazionale Ben Shabbat e ha avuto colloqui con il ministro della difesa Gantz e col ministro degli esteri Ashkenazi. Pompeo, anticipavano ieri i media israeliani, metterà a punto con Netanyahu e gli alleati arabi una lista di obiettivi iraniani da colpire con nuove restrizioni, più pesanti di quelle introdotte negli ultimi anni e che stanno strangolando economicamente Tehran e milioni di iraniani. Non saranno collegate al programma nucleare ma prenderanno di mira tutte le relazioni dell'Iran nella regione con la motivazione di colpire «il terrorismo» e difendere i «diritti umani» Tehran non ha reagito alle indiscrezioni. Però con un tweet il ministro degli esteri Zarif ha lanciato un ammonimento e, allo stesso tempo, un segnale di distensione ai suoi vicini arabi. «Tra 70 giorni Trump se ne sarà andato ma noi resteremo per sempre — ha scritto Zarif - Scommettere sugli estranei (Usa e Israele, ndr) per garantire la sicurezza non è mai una buona puntata. Porgiamo la mano ai nostri vicini per avviare un dialogo per risolvere le differenze. Solo insieme possiamo costruire un futuro migliore per tutti». Tehran resta cauta e per il momento non lancia al presidente Usa eletto segnali troppo concilianti. «Osserveremo certamente da vicino le azioni e le parole della prossima amministrazione degli Stati uniti», ha spiegato il portavoce del ministero degli esteri Khatibzadeh, chiarendo subito a Biden che non ci sarà spazio per rinegoziare l'accordo del 2015: «Ciò che il suo consigliere ha detto sul Jcpoa per noi non è un criterio. Gli Usa hanno violato la risoluzione 2231 e si sono ritirati, causando gravi danni al popolo iraniano. Pertanto, gli Stati uniti ne devono rispondere».

Per inviare al Manifesto la propria opinione, telefonare: 06/687191, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

redazione@ilmanifesto.it

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