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Il Manifesto Rassegna Stampa
22.09.2020 5 Paesi islamici pronti alla pace con Israele: Oman, Comore, Mauritania, Sudan, Gibuti
Michele Giorgio rovescia in negativo una notizia che non gli piace

Testata: Il Manifesto
Data: 22 settembre 2020
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Cinque paesi verso Israele, non c'è Riyadh divisa a metà»
Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 22/09/2020, a pag.10, con il titolo "Cinque paesi verso Israele, non c'è Riyadh divisa a metà" il commento di Michele Giorgio.

L'articolo di Michele Giorgio - il cui tono è come sempre ostile a Israele - è ricco però di informazioni che non sono riportate da altri quotidiani. Sono cinque i Paesi musulmani che sembrano pronti a firmare accordi con Israele sulla scia di quelli già realizzati da Emirati e Bahrein. Giorgio rovescia in negativo la notizia, che è invece ottima per chi ha a cuore pace, stabilità e sicurezza in Medio Oriente. L'opposto del quotidiano comunista

Ecco l'articolo:

Risultati immagini per michele giorgio il manifesto
Michele Giorgio

the Dry Bones Blog: The new Israeli UAE alliance
Vignetta di Dry Bones, di Yaakov Kirschen:
Israele e gli Emirati, una nuova alleanza per combattere i mullah iraniani?

Oman, Comore, Gibuti, Mauritania e Sudan. Sono questi i cinque paesi arabi o a maggioranza musulmana di cui, senza farne i nomi, Trump nei giorni scorsi aveva parlato come impegnati a negoziare, con la sua Amministrazione, la normalizzazione in tempi stretti dei rapporti con Israele e a seguire il percorso di Emirati e Bahrain. Li cita esplicitamente l'Autorità nazionale palestinese. «Israele pensa che sia possa fare la pace con Sudan, Oman, Comore, Gibuti, Mauritania e altri senza fare la pace con i palestinesi. Ma questa non è la pace, è solo una illusione di pace», ha detto il ministro degli affari sociali, Ahmed Majdalani, intervistato dall'emittente israeliana Kan.

QUALCHE GIORNO FA l'Oman appariva sul punto di dare il via libera all'annuncio dalla Casa Bianca del terzo accordo tra Israele e un paese arabo in poco più di un mese. Il sultano Qabus, scomparso a gennaio, aveva accolto a Muscat a braccia aperte, un paio di anni fa, il premier israeliano Netanyahu facendo parlare di intesa vicina. Il nuovo sultano Haitham bin Tariq Al Said, cugino di Qabus, ha adottato una linea più prudente che tiene conto delle buone relazioni che l'Oman mantiene con l'Iran. Muscat prende tempo, teme le reazioni di Tehran che vede nella normalizzazione tra Israele e i paesi arabi la costituzione di un blocco anti-iraniano. E gli Emirati, scrive l'autorevole sito d'informazione Axios, non solo hanno allacciato rapporti pieni con Israele ma sono impegnati, con gli Usa, a persuadere il Sudan a unirsi alla normalizzazione. Rappresentanti del Sudan, degli Emirati e americani terranno un incontro decisivo domenica ad Abu Dhabi. In cambio dell'intesa con Israele, aggiunge Axios, il regime militare di Khartoum chiede aiuti alimentari tra 1,2 miliardi e due miliardi di dollari e un prestito da restituire in 25 anni. Più di tutto vuole la rimozione del Sudan dalla lista del Dipartimento di Stato dei paesi che sarebbero sponsor del terrorismo internazionale e il ritiro della richiesta Usa di un risarcimento da 300 milioni di dollari per le famiglie delle vittime di attacchi armati. A caldeggiare la normalizzazione con Israele sarebbe lo stesso presidente del Consiglio della sovranità sudanese, il generale Abdel Fattah Burhan, che ha visto Netanyahu a febbraio.

the Dry Bones Blog: The Start of Peace
Israele e Emirati, inizia una nuova era di amicizia, stabilità, pace in Medio Oriente

MA IL COLPO PIÙ GROSSO, l'accordo tra Israele e Arabia saudita, resta fermo in canna, inesploso. Donald Trump sta facendo di tutto per convincere Riyadh ad annunciare la svolta prima delle presidenziali Usa. E Israele è pronto a discutere un ruolo di primo piano della monarchia saudita nella gestione della Moschea di al Aqsa a Gerusalemme (a danno della storica custodia giordana). Ma la famiglia reale saudita è spaccata sul possibile abbraccio con Israele, con cui comunque mantiene strette relazioni in segreto da diversi anni.

FAVOREVOLE ALL'ACCORDO immediato è il giovane e potente erede al trono, Mohammed bin Salman (MbS), che più volte ha fatto intendere di non tenere in alcun conto i diritti dei palestinesi sotto occupazione militare e di avere in mente solo il blocco arabo-israeliano contro l'Iran. Il padre, l'84enne re Salman, è in disaccordo: ritiene che la normalizzazione ufficiale dovrebbe avvenire quando i palestinesi avranno il loro Stato indipendente. Stando al Wall Street Journal, quotidiano vicino all'Amministrazione Trump, MbS avrebbe tenuto il padre all'oscuro delle intenzioni degli Emirati di andare a piene relazioni con Israele. Così, una volta annunciato l'accordo tra Tel Aviv e Abu Dhabi, re Salman ha ordinato al ministero degli esteri di riaffermare l'impegno del regno per la creazione di uno Stato palestinese, senza menzionare la normalizzazione.

IL COMPROMESSO tra padre e figlio è stato, a quanto pare, quello di suggerire, o meglio di intimare, al piccolo Bahrain (di fatto un protettorato saudita) di accordarsi con Israele. Ma il tempo è dalla parte di Netanyahu. Riyadh l'accordo lo farà, ma dovrà aspettare che re Salman si convinca a dare la sua benedizione o che passi a miglior vita lasciando il trono all'ambizioso MbS.

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