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Il Manifesto Rassegna Stampa
07.08.2018 Gaza: il progetto israeliano di una barriera marina per bloccare terroristi e flottiglie
Ma Michele Giorgio continua la propaganda contro Israele

Testata: Il Manifesto
Data: 07 agosto 2018
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Un muro 'marino' a Gaza, Israele frena sulla tregua»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 07/08/2018, a pag.8, con il titolo "Un muro 'marino' a Gaza, Israele frena sulla tregua", il commento di Michele Giorgio.

Michele Giorgio torna dalle vacanze con il consueto articolo totalmente sbilanciato contro Israele. A corto di argomenti, Giorgio scrive della minaccia ai "poveri palestinesi" di Gaza portata da un "muro marino" israeliano. Giorgio è d'altronde l'unico a riportare la notizia - anche se la commenta facendo passare come al solito Israele per aggressore - e per questo motivo lo riprendiamo. Speriamo che la notizia del progetto di una barriera marina sia vera e che venga edificata al più presto, per bloccare le infiltrazioni terroristiche via mare e fermare le "Flottiglie" di occidentali filo-terroristi.

Ecco il commento:

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Michele Giorgio

No alla tregua a lungo termine con Hamas, niente progetti infrastrutturali per la popolazione palestinese e costruzione a tappe forzate di un «muro» sottomarino volto a rafforzare la chiusura della Striscia di Gaza. Questo l'esito della riunione del consiglio di difesa israeliano, riunitosi domenica per decidere sull'accordo per un cessate il fuoco permanente con il movimento islamico, mediato da Egitto e Onu. Con un comunicato stringato, il premier Netanyahu ha fatto sapere solo che l'esercito «è pronto per qualsiasi scenario».

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Gaza: quello che Michele Giorgio nasconde

MOTIVO PRINCIPALE di questo ulteriore irrigidimento (dopo che venerdì e sabato si era parlato di una tregua di cinque anni a portata di mano), la pressione della maggioranza degli israeliani contraria a qualsiasi allentamento dell'assedio di Gaza fintanto che Hamas non avrà restituito i resti di due soldati caduti durante l'offensiva del 2014 e i due civili israeliani (un ebreo etiope e un beduino) detenuti nella Striscia. Gli israeliani preferiscono, per ora, rischiare una nuova guerra piuttosto che andare a una tregua di lungo periodo, peraltro a condizioni molto favorevoli per loro visto che ai palestinesi di Gaza garantisce solo aiuti umanitari. «Non c'è alcun processo verso un accordo», ha ribadito ieri il ministro Galant.

ISRAELE FRENA SULLA TREGUA e accelera sulla realizzazione di una barriera all'altezza della spiaggia di Ziqim, vicino a Gaza. Questo nuovo «muro» avrà una base in parte sommersa larga 50 metri e lunga 200 — or mai quasi completata — e una emersa alta sei metri su cui saranno installati sistemi di sorveglianza elettronica. Lo scopo ufficiale del progetto è sventare «infiltrazioni» da parte degli uomini-rana di Hamas. «Ogni giorno che passa Hamas perde le proprie capacità di colpire Israele», commentava ieri il ministro della difesa Lieberman. L'effetto immediato sarà una morsa che si stringe ancora di più su Gaza. Proprio nel fine settimana la Marina militare israeliana ha bloccato in acque internazionali la seconda imbarcazione della Freedom Flotilla verso Gaza e l'ha trainata fino al porto di Ashdod. I 12 passeggeri e membri dell'equipaggio a bordo sono stati arrestati e detenuti. Ieri Israele ha cominciato ad espellerli. La delusione tra la gente di Gaza è palpabile. Per la popolazione civile, stremata da 12 anni di blocco israeliano (molto più di un embargo economico come talvolta viene scritto), al quale contribuisce l'Egitto con la chiusura del valico di Rafah, la tregua vuol dire evitare una nuova offensiva militare israeliana e avviare importanti progetti infrastrutturali che potrebbero generare tanti posti di lavoro. Ma è un colpo anche perla leadership politica di Hamas, da giorni riunita a Gaza alla presenza di dirigenti giunti dall'estero per esaminare le proposte giunte dall'Egitto.

DAL LIBANO È ARRIVATO a Gaza anche Saleh Aruri, un importante comandante militare (sulla lista nera di Israele) allo scopo di persuadere il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam, a non bocciare l'intesa. Da Israele però non è giunta la risposta che palestinesi, Egitto e Onu si attendevano. I comandanti militari di Hamas hanno reagito subito mettendo in chiaro che se Israele afferma che il suo esercito «è pronto per qualsiasi scenario», le Brigate Ezzedin al Qassam sono «in grado di infliggere al nemico perdite che il suo governo e le sue retrovie nemmeno immaginano».

MUKRAIM ABU SAADA, docente universitario e analista politico di Gaza, non condivide il pessimismo generale. «Una tregua limitata può essere un inizio— ci diceva ieri — Israele vuole la fine delle tensioni lungo le linee di confine e dei lanci di palloni incendiari (da parte dei palestinesi, ndr). Hamas ha bisogno di soluzioni immediate da offrire alla popolazione e della riapertura dei valichi con Israele e Egitto». Secondo Abu Saada, Netanyahu starebbe tentando di ottenere il massimo dei suoi obiettivi: la restituzione dei corpi dei soldati morti e dei due prigionieri senza liberare, in cambio, detenuti politici palestinesi. «Ma anche Israele dovrà accettare i termini di un compromesso, o l'unica alternativa sarà la guerra».

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