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Il Manifesto Rassegna Stampa
18.04.2017 Libri di testo unilaterali e terroristi palestinesi 'come Mandela': le menzogne di Michele Giorgio
Odio contro lo Stato ebraico sul quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 18 aprile 2017
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Guerra dei libri di testo, sotto tiro c'è anche l'Onu - Barghouti in sciopero della fame. Punito per un articolo sul Nyt»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 18/04/2017, a pag. 8, con il titoli "Guerra dei libri di testo, sotto tiro c'è anche l'Onu", "Barghouti in sciopero della fame. Punito per un articolo sul «Nyt»", due commenti di Michele Giorgio.

Gli articoli di Michele Giorgio rappresentano la punta della diffusione di odio contro lo Stato ebraico in Italia.

Nel primo articolo Giorgio sostiene che i libri di testo utilizzati nelle scuole israeliane siano faziosi e parziali, e non contengano una visione equilibrata del conflitto. Anziché scrivere dell'accondiscendenza dell'Onu e dell'Unrwa verso Hamas e il terrorismo palestinese in genere, Giorgio sparge menzogne contro Israele.

Nel secondo articolo Giorgio si unisce al lamento dei terroristi palestinesi detenuti in Israele, tra cui Marwan Barghouti, pluriassassino condannato a 5 ergastoli che Giorgio non esita a definire "il Mandela palestinese".

Ecco gli articoli:

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Michele Giorgio

"Guerra dei libri di testo, sotto tiro c'è anche l'Onu"

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L'Unrwa, un'arma puntata contro Israele dal 1948

È scontro aperto tra il ministero dell'istruzione palestinese e l'Unrwa dopo l'intenzione annunciata dall'agenzia dell'Onu, che assiste i profughi palestinesi, di riformare i libri di testi usati nelle sue scuole in Cisgiordania e Striscia di Gaza. Le rassicurazioni giunte dall'Unrwa - i cambiamenti nei testi non saranno sostanziali - non hanno convinto il ministero, che denuncia la volontà dell'Unrwa di voler imporre ai palestinesi la narrazione storica e culturale che fa Israele. «Qualsiasi distorsione del curriculum palestinese è una flagrante violazione delle leggi dello Stato ospitante», un «tradimento della nostra storia» e «del popolo palestinese che è sotto occupazione», era scritto qualche giorno fa in un comunicato ripreso dall'agenzia di stampa dell'Anp Wafa.

I CAMBIAMENTI che l'Unrwa avrebbe intenzione di apportare prevedono la revisione delle mappe per escludere richiami a città ora in Israele e, secondo alcune fonti, anche frasi nei libri di storia e di educazione civica che sarebbero «prive di obiettività» o inciterebbero «alla violenza contro Israele». Per i palestinesi l'Unrwa si piegata non solo alle pressioni israeliane — l'agenzia dell'Onu spesso è stata accusata dai dirigenti dello Stato ebraico di essere sbilanciata a favore dei palestinesi se non addirittura collusa con «attività terroristiche» - ma anche a quelle dell'Amministrazione Trump che si è data il compito di mettere fine a quelle che definisce le «posizioni anti-Israele» al Palazzo di Vetro. Di recente gli Usa hanno bloccato la nomina a inviato speciale dell'Onu in Libia dell'ex premier palestinese Salam Fayyad. «Ai vertici delle Nazioni Unite - spiegava ieri al manifesto un funzionario delle Nazioni Unite a Gerusalemme che ha chiesto l'anonimato - è forte il timore che Trump possa tagliare i fondi Usa all'Onu e tutti si sono fatti più cauti. E questo spiega almeno in parte la decisione di emendare i testi nelle scuole dell'Unrwa in Cisgiordania e Gaza». L'Unrwa nega di agire sotto pressione di qualcuno. Tuttavia devono aver avuto un impatto le critiche israeliane successive alla pubblicazione, lo scorso gennaio, di un'indagine svolta da due ricercatori, Anion Gross e Ronni Shaked, del Truman Institute presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. I due denunciano la mancanza nei libri di testo palestinesi di riferimenti al legame degli ebrei alla Terra di Israele e a Gerusalemme.

LA NEGAZIONE DELL'ALTRO in realtà avviene anche nelle scuole israeliane. L'anno scorso, ad esempio, il ministero dell'istruzione guidato dal nazionalista religioso Naftali Bennett ha diffuso il nuovo libro di testo di educazione civica che contiene poche righe sull'esistenza dei palestinesi in Israele e sull'occupazione militare di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Nel libro i palestinesi sono quasi del tutto ignorati. Si legge che «la versione palestinese (della guerra del 1948, ndr) sostiene che la maggior parte dei rifugiati sono stati espulsi con la forza ma in Israele è ormai comunemente accettato che la maggior parte dei profughi sono fuggiti».

IL TESTO FORNISCE NUMERI sui rifugiati decisamente inferiori rispetto a quelli ufficiali dell'Onu. Gli autori non mettono in alcuna relazione gli arabo israeliani (i palestinesi in Israele) e i palestinesi in Cisgiordania, quasi tacciono sull'occupazione che dura da 50 anni e non fanno alcun riferimento agli insediamenti coloniali costruiti nei Territori occupati in violazione delle leggi internazionali. E infatti nel libro è scritto che c'è una «disputa»: i territori che Israele catturò nel 1967 sono «occupati» o «liberati»? La docente universitaria Nurit Peled Elhanann, nel suo libro La Palestina nei testi scolastici di Israele spiega che gli arabi sono rappresentati come profughi in strade e luoghi senza nome. «Nessun libro di testo contiene foto di esseri umani palestinesi - continua - e tutti li rappresentano in icone razziste o immagini classificatorie avvilenti come terroristi, rifugiati o contadini primitivi».

"Barghouti in sciopero della fame. Punito per un articolo sul «Nyt»

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Marwan Barghouti, "il Mandela palestinese" secondo Giorgio

Marwan Barghouti, promotore dello sciopero della fame che da ieri osservano circa 1500 detenuti palestinesi, è stato trasferito dal carcere di Hadarim e chiuso in isolamento in un altro penitenziario. Ufficialmente la sanzione segue la pubblicazione «non autorizzata' di un suo articolo sul New York Times che ha provocato forte irritazione nel governo israeliano. Barghouti ha scritto che gli arresti di massa condotti da Israele per decenni non sono riusciti ad indebolire i palestinesi. Questo sciopero — ha scritto - dimostra una volta di più che il movimento dei prigionieri è la bussola che guida la nostra lotta per la libertà e la dignità...i prigionieri palestinesi stanno soffrendo torture, trattamenti degradanti e inumani e negligenza medica, alcuni sono stati uccisi in custodia».

Immediata la replica del ministero degli esteri israeliano secondo il quale, i palestinesi in carcere gnon sono prigionieri politici ma terroristi condannati ed assassini. Il ministro dell'intelligence Israel Katz ha twittato: "Mentre i parenti degli (israeliani) uccisi ricordano e soffrono, c'è una sola soluzione: pena di morte per i terroristi». Per Israele anche Barghouti è un terrorista, condannato a 5 ergastoli per aver organizzato attentati contro civili. Accusa che al processo il dirigente di Fatah ha respinto. Per i palestinesi invece Barghouti è il nuovo Mandela. L'inizio dello sciopero della fame, nel "Giorno del prigioniero", al quale stanno prendendo parte detenuti di varie fazioni politiche e non solo quelli di Fatah - Hamas ha espresso sostegno al digiuno ad oltranza ma finora non ha ordinato ai suoi membri reclusi di parteciparvi è stato segnato da manifestazioni di protesta in varie città della Cisgiordania, in particolare a Ramallah e a Betlemme.

I soldati israeliani hanno arrestato cinque dimostranti palestinesi e ferito almeno 15. Secondo dati dell'ong Addameer, sono circa 6500 i prigionieri politici in Israele. Di essi, 478 scontano l'ergastolo. Altri 300 sono sotto ai 18 anni. Il presidente dell'Anp Abu Mazen ha espresso solidarietà ai detenuti e invocato un intervento internazionale in loro favore. Allo stesso tempo guarda con attenzione all'evoluzione delle proteste che potrebbero estendersi mettendolo di fronte al dilemma di reprimerle o assecondarle con conseguenze politiche in entrambi i casi. Questo mentre si prepara all'incontro con il presidente americano Trump.

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