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Il Manifesto Rassegna Stampa
25.03.2017 Michele Giorgio: il canarino nella miniera, la cartina di tornasole
Basta capovolgere il messaggio

Testata: Il Manifesto
Data: 25 marzo 2017
Pagina: 12
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Arriva il 'colono' Friedman, il nuovo volto Usa in Israele»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 25/03/2017, a pag.12, con il titolo "Arriva il 'colono' Friedman, il nuovo volto Usa in Israele", il commento di Michele Giorgio.

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Michele Giorgio

Michele Giorgio va visto come il canarino nella miniere di carbone, se avveniva una fuga di gas si metteva a cinguettare disperatamente. Anche il paragone con la cartina di tornasole gli si addice. Nel primo caso, vista l'abbondanza delle menzogne che scrive, il cinguettio è continuo, nel secondo caso, sempre per via delle medesime menzogne, basta interpretare all'incontrario la cartina di tornasole.
Esemplare il pezzo di oggi. Giorgio deve essere un vecchio amico del nuovo ambasciatore americano per scrivere come si comporterà una volta arrivato in Israele. David Friedman è ovviamente un nemico nella mente di Giorgio, il che significa che svolgerà al meglio il suo mandato.
Un capolavoro poi la cronaca soldati/assalitori palestinisti. Questi ultimi dei bravi ragazzi che giocavano con bombe incendiarie, attaccati dai soldati israeliani, cattivi per antonomasia.
Leggere Michele Giorgio è utile, per capire come agisce il lavaggio del cervello  sui lettori del quotidiano comunista.

David Friedman ha la valigia pronta. Destinazione: ambasciata Usa a Tel Aviv, per il momento. Se le cose andranno come si augura l'ex avvocato di Donald Trump, accanito sostenitore della destra israeliana e donatore del movimento dei coloni in Cisgiordania, sarà proprio lui ad inaugurare la sede diplomatica statunitense a Gerusalemme. IL SENATO L'HA CONFERMATO nell'incarico di ambasciatore in Israele con 52 voti favorevoli e 46 contrari e Friedman arriverà in Israele in tempo per prendere parte alle grandiose celebrazioni che, a fine maggio, il governo Netanyahu organizzerà per i 50 anni della "riunificazione" di Gerusalemme, ossia dell'occupazione militare della zona palestinese della città avvenuta con la Guerra dei Sei Giorni.
Nel 1967, non appena le armi tacquero, il settore arabo di Gerusalemme fu proclamato unilateralmente parte dello Stato di Israele. Nel 1981 la città santa venne dichiarata la capitale di Israele, senza però riconoscimento internazionale. Della legalità in Medio Oriente a David Friedman non importa nulla, come dimostrano le sue attività a sostegno della colonizzazione, però davanti al Senato ha promesso di mantenere un profilo più professionale una volta che sarà entrato nell'ambasciata statunitense.
LE COLONIE SARANNO un aspetto importante del lavoro del nuovo rappresentante diplomatico americano in Israele. Il nodo dello sviluppo degli insediamenti ebraici infatti resta irrisolto. I quattro giorni di incontri ad alto livello a Washington tra i delegati israeliani e l'amministrazione Trump non hanno portato ancora a un accordo. Il nuovo presidente americano è un aperto sostenitore di Israele ma il tycoon, nonostante la sua palese ignoranza dei temi di politica estera, ha compreso che dando il via libera a una colonizzazione sfrenata, senza alcun limite, non rimarranno che brandelli di terra per i palestinesi, rendendo impossibile persino la creazione di quello staterello di Palestina (senza sovranità reale) previsto dalla soluzione a "Due Stati'. A quanto si legge sui giornali israeliani, Trump è favorevole a una formula che limiti le nuove costruzioni solo a Gerusalemme e ai grandi blocchi di insediamenti coloniali.
IL GOVERNO ISRAELIANO non è d'accordo e chiede maggiore libertà di manovra pur avendo già permesso nel 2016 un aumento del 40% rispetto all'anno precedente delle nuove costruzioni per i coloni: 2.630 alloggi l'anno scorso, 700 in più rispetto al 2015. Comunque vada, il compromesso tra Usa e Israele avverrà a scapito del diritto internazionale, che vieta agli occupanti di insediare popolazione civile nei territori di un altro popolo occupati militarmente, come la Cisgiordania e Gerusalemme Est.
RESTA OSCURATO IL QUADRO degli avvenimenti nei Territori occupati. Lo stillicidio di giovani vite palestinesi non si arresta. Migliaia di persone hanno partecipato ieri ai funerali di Mohammed Hattab, un 17enne del campo profughi di Jalazon (Ramallah) ucciso giovedì sera dai colpi esplosi da militari israeliani. Tre palestinesi che erano con Hattab sono stati feriti, due dei quali sono in condizioni disperate. Secondo testimoni i militari avrebbero aperto il fuoco contro l'auto con a bordo i giovani da una torretta di avvistamento vicino all'ingresso del campo.
UN PORTAVOCE DELL'ESERCITO ha spiegato che i palestinesi colpiti erano usciti dall'auto per lanciare bottiglie incendiarie verso l'insediamento israeliano di Bet El, non lontano da Jalazon, innescando la reazione dei soldati. I giovani però sono stati colpiti dalle raffiche mentre erano nell'auto — in un video appare crivellata di colpi — e a Jalazon dicono che i militari in cima alla torretta sono rimasti in attesa e hanno sparato a sangue freddo contro i quattro palestinesi che poco prima avevano lanciato le bottiglie incendiarie e si dirigevano verso il campo profughi. Intanto due filmati puntano l'indice contro il comportamento dell'esercito e delle forze di sicurezza israeliane nei confronti di civili palestinesi. Il primo, girato il 19 marzo ad Hebron e diffuso dal centro per i diritti umani B'Tselem, mostra soldati che trascinano con la forza, di casa in casa, un bambino scalzo, Sufiyan Abu Hitah, 8 anni, per farsi indicare i ragazzi che avevano lanciato sassi. Nel secondo, girato a Gerusalemme Est, un agente di polizia aggredisce, sferrando pugni e calci, un camionista palestinese durante un diverbio per un banale tamponamento.

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