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Il Manifesto Rassegna Stampa
10.03.2017 Il mondo rovesciato di Michele Giorgio
Israele, Putin, Hezbollah: una situazione delicata

Testata: Il Manifesto
Data: 10 marzo 2017
Pagina: 12
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Contro l'Iran a Israele serve Putin, non Trump»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 10/03/2017, a pag. 12, con il titolo "Contro l'Iran a Israele serve Putin, non Trump", il commento di Michele Giorgio.

Scrive Michele Giorgio: "A poche centinaia di metri dai reticolati israeliani, iI movimento sciita libanese Hezbollah e la guardia rivoluzionaria iraniana — alleati dell'esercito siriano nella lotta ai jihadisti sunniti — avrebbero allestito avamposti di osservazione e, sostiene sempre Israele, potrebbero presto mettere in piedi anche postazioni con razzi e missili". Hezbollah per Giorgio è un "movimento", non un'organizzazione terroristica, i reticolati (chiaro segno di uno stato di guerra) li ha Israele soltanto, le postazioni dei terroristi sono "avamposti di osservazione" e il fatto che Hezbollah possa predisporre al lancio di missili è una ipotesi dello Stato ebraico. Una serie di menzogne in fila cui Giorgio ci ha ormai abituato.
Lavora in Israele, pur essendo un feroce divulgatore di menzogne non gli è mai stato interdetto l'ingresso o comminata una espulsione. Ma che cattivi, questi israeliani!

Ecco l'articolo:

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Michele Giorgio

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Vladimir Putin con Bashar Al Assad

Benyamin Netanyahu non ha scelto a caso di partire per Mosca durante la festività ebraica dei Purim. Questo ricorrenza ha permesso al prima ministro israeliano, di fronte al presidente russo Putin, di fare un parallelo tra la narrazione biblica del libro di Ester, sul pericolo corso dagli ebrei in Persia e il brutale Aman che aveva decretato il loro sterminio, e l'Iran di oggi che — ripete ad ogni occasione Netanyahu —intenderebbe eliminare lo Stato ebraico. «Duemilacinquecento anni fa nell'antica Persia c'è stato un tentativo di spazzare la nazione ebraica che non ha avuto successo e che viene ricordato con questa festa [Purim, ndr]. Oggi nel successore della Persia, l'Iran, c'è un altro tentativo di cancellare lo Stato ebraico. Lo dicono nel modo più chiaro possibile. Lo scrivono sui loro missili balistici".

Quale sia stato l'effetto di quelle parole sull'enigmatico Putin non si sa. Certo è che il presidente russo, che gioca un ruolo da protagonista in Medio Oriente, sa che deve tenere conto anche delle pressioni israeliane. E l'interesse di Netanyahu è quello di cooptarlo, almeno in minima parte, nella offensiva internazionale anti-Tehran che Israele tenta di rilanciare da quando Donald Trump ha preso il posto del "filo-iraniano" Barack Obama alla Casa Bianca.

L'obiettivo immediato è il futuro della Siria, una partita dove Israele non passerà la mano. Netanyahu ha elogiato i progressi nella lotta al terrorismo islamista radicale di matrice sunnita guidato dall'Isis e da Al Qaida fatti grazie all'intervento militare russo a sostegno di Bashar Assad. Il premier israeliano quindi riconosce la legittimità del ruolo di Putin nella regione. In cambio vuole da Mosca la promessa che farà in modo di impedire all'Iran di allestire basi militari stabili nel sud della Siria, a ridosso delle Alture del Golan, un territorio siriano che Israele occupa da quasi 50 anni.

A poche centinaia di metri dai reticolati israeliani, iI movimento sciita libanese Hezbollah e la guardia rivoluzionaria iraniana — alleati dell'esercito siriano nella lotta ai jihadisti sunniti — avrebbero allestito avamposti di osservazione e, sostiene sempre Israele, potrebbero presto mettere in piedi anche postazioni con razzi e missili. «Contro il terrorismo — ha detto Netanyahu appena giunto a Mosca— la Russia ha dato un grande contributo in questo senso». Ma "non vorremmo" che questo «fosse sostituito dal terrorismo islamista radicale di matrice sciita sotto la leadership dell'Iran». Russia e Israele hanno già un coordinamento militare in Siria. Netanyahu nell ultimo anno è andato un paio di volte a Mosca strappando a Putin un'intesa che permette a Israele di agire indisturbato contro i combattenti di Hezbollah e i presunti convogli di armi diretti in Libano. L'aviazione israeliana appena qualche giorno fa ha colpito a pochi chilometri da Damasco senza incontrare alcun ostacolo.

In sostanza i russi rendono inattivo il loro modernissimo sistema di difesa antiaerea, che hanno predisposto a protezione delle loro basi, non appena Tel Aviv comunica l'intenzione di bombardare in Siria. Cosa farà Putin lo sa solo lui. Tuttavia il presidente russo non può ignorare le pressioni di Israele mentre cerca di ristabilire relazioni più serene con Washington dopo gli anni di tensione con la presidenza Obama, ora che alla Casa Bianca c'è Donald Trump alleato di ferro dello Stato ebraico e non ostile verso la Russia.

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