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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Manifesto Rassegna Stampa
04.02.2016 Al Manifesto non interessano gli ebrei israeliani ammazzati, ma strizza l'occhio ai terroristi
Un pezzo ignobile di Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 04 febbraio 2016
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Attacco con armi da fuoco alla Porta di Damasco»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 04/02/2016, a pag. 8, con il titolo "Attacco con armi da fuoco alla Porta di Damasco", il commento di Michele Giorgio.

Al Manifesto non interessa se ebrei muoiono, ammazzati da terroristi palestinesi. Anzi, è un quotidiano che aizza esplicitamente all'odio contro gli ebrei d'Israele, chiudendo invece entrambi gli occhi di fronte ai crimini del terrorismo palestinista.

Ieri a Gerusalemme una giovane poliziotta israeliana, Hadar Cohen, è stata uccisa da tre terroristi palestinesi. Come descive i fatti Michele Giorgio? Sostenendo che "Dopo la sparatoria, sul terreno sono rimasti proprio i tre palestinesi - Ahmed Zakameh, Mohamed Kmail e Ahmed Abu Al Rub, con una età compresa tra 20 e 21 anni - uccisi pochi istanti dopo che avevano aperto il fuoco contro una poliziotta" (si noti che dei terroristi vengono riportati nomi, età, non viene citato il fatto che erano, appunto terroristi e si insiste sulla loro "uccisione"), mentre la poliziotta israeliana, semplicemente, "è deceduta". Da sola, ci chiediamo noi? Oppure è stata ammazzata a sangue freddo dai terroristi?

Segue la ricostruzione dei fatti da parte di Giorgio, vero emblema di giornalista disonesto: "
Secondo la versione israeliana, le due poliziotte avevano fermato i tre giovani per un controllo dei documenti. Mentre uno li mostrava, un altro ha estratto una pistola e cominciato a sparare. Il terzo si sarebbe lanciato all'assalto con un coltello. Due poliziotte sono rimaste ferite, una mortalmente. I tre palestinesi sono stati abbattuti poco dopo dalle raffiche esplose da altri agenti". Si noti che viene inserito un dubbio su quanto accaduto ("secondo la versione israeliana", "il terzo si sarebbe lanciato") e che, anche in questo caso, si identifica nell'autodifesa da parte delle due giovani israeliane un'azione violenta, quindi anche criminale, grazie a un linguaggio patetico ("I tre palestinesi sono stati abbattuti poco dopo dalle raffiche esplose da altri agenti").

Giorgio, inoltre, sostiene, mentendo, che l'obiettivo dei "giovani palestinesi" (così definisce i terroristi assassini) siano "soldati, poliziotti e coloni israeliani". Falso, evidentemente falso: sono gli ebrei, israeliani ma non solo, come dimostrano gli attacchi antisemiti che dagli anni Settanta colpiscono ebrei anche in Europa e in Italia.

Infine Giorgio esprime i motivi dell'attacco terroristico, utilizzando i luoghi comuni più ignobili e mendaci: "I giovani palestinesi [...] sono stanchi dell'occupazione, soffrono la mancanza di libertà, sentono di vivere in enormi prigioni". E aggiunge, come se non fosse abbastanza, che "diverse parti, anche internazionali, denunciano queste morti come "esecuzioni extragiudiziali" compiute da militari israeliani che sparerebbero sempre per uccidere". Così Giorgio si associa anche allo strabismo di coloro che vorrebbero la distruzione di Israele e si danno da fare per organizzare un nuovo sterminio degli ebrei.

Non poteva mancare una frase che incolpasse il governo Netanyahu: "Il governo Netanyahu ha reagito con rabbia", scrive Giorgio a coronamento di un articolo che non ha paragoni.

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Michele Giorgio

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E' stata un'azione spontanea di tre giovani, come gli attacchi che da ottobre i palestinesi lanciano contro soldati, poliziotti e coloni israeliani, oppure siamo di fronte a una escalation armata e organizzata dell'Intifada? Era l'interrogativo che molti si ponevano ieri dopo l'attacco compiuto alla Porta di Damasco a Gerusalemme Est, con un'arma automatica, da tre giovani di Qabatiya, una cittadina a pochi chilometri da Jenin, in Cisgiordania. Dopo la sparatoria, sul terreno sono rimasti proprio i tre palestinesi - Ahmed Zakameh, Mohamed Kmail e Ahmed Abu Al Rub, con una età compresa tra 20 e 21 anni - uccisi pochi istanti dopo che avevano aperto il fuoco contro una poliziotta, che li aveva fermati per controllare i documenti, e un'altra agente di polizia. Una delle due israeliane ferite, Hadar Cohen di 19 anni, è deceduta poco dopo il trasporto all'ospedale Hadassah.

«Credo che nei prossimi giorni o settimane vedremo altri attacchi di questo tipo», prevede Hamada Jaber, analista del "Palestinian Center for Policy and Survey Research" di Ramallah. «È una evoluzione logica. Perché la situazione politica è paralizzata, mancano segnali diplomatici rilevanti» spiega Jaber «Israele prosegue le sue politiche di occupazione e l'Autorità nazionale palestinese è incapace di trovare alternative concrete alla sua linea del dialogo giudicata inutile un po' da tutti». I giovani palestinesi, aggiunge l'analista, «sono stanchi dell'occupazione, soffrono la mancanza di libertà, sentono di vivere in enormi prigioni. Ma sono insoddisfatti anche dell'atteggiamento dell'Anp. In questi anni peraltro sono caduti nel vuoto gli appelli all'unità tra Fatah e Hamas e ciò aumenta la frustrazione generale (i rappresentanti dei due movimenti s'incontreranno a giorni per negoziare la riconciliazione, ndr)».

Morta una poliziotta Israellana
Ieri tutto è accaduto in pochi attimi davanti alla Porta di Damasco, il principale degli ingressi nella città vecchia di Gerusalemme, luogo frequentato anche dai turisti e dove passano molti israeliani: gli ebrei ortodossi che vanno a pregare al Muro del Pianto e i coloni insediati nel cuore del quartiere islamico. Secondo la versione israeliana, le due poliziotte avevano fermato i tre giovani per un controllo dei documenti. Mentre uno li mostrava, un altro ha estratto una pistola e cominciato a sparare. Il terzo si sarebbe lanciato all'assalto con un coltello. Due poliziotte sono rimaste ferite, una mortalmente. I tre palestinesi sono stati abbattuti poco dopo dalle raffiche esplose da altri agenti. Nella zona sarebbero stati trovati alcuni ordigni esplosivi rudimentali. Non è escluso che fosse un altro l'obiettivo dell'attacco, forse all'interno della città vecchia. I tre potrebbero aver cambiato il loro piano quando sono stati fermati dalla polizia. Poco dopo sono divampati scontri quando la polizia ha cominciato a disperdere i palestinesi che si erano radunati nell'area della Porta di Damasco. Gli agenti hanno lanciato granate assordanti e fatto uso di spray al peperoncino. Decine di persone sono state fermate e perquisite.

I tre venivano da Jenin
Sono oltre 160 i palestinesi uccisi dallo scorso ottobre e fra questi almeno cento sono stati colpiti dalle raffiche dei militari dopo aver tentato o compiuto attacchi. Tuttavia diverse parti, anche internazionali, denunciano queste morti come "esecuzioni extragiudiziali" compiute da militari israeliani che sparerebbero sempre per uccidere. Il governo Netanyahu ha reagito con rabbia all'accusa e parla di "reazione proporzionata alla minaccia". Sono almeno 26 invece gli israeliani uccisi dall'inizio della nuova Intifada.

Diverse formazioni palestinesi, a cominciare dal movimento islamico Hamas, hanno applaudito all'attacco alla Porta di Damasco. Per il Fronte popolare per la liberazione della Palestina «l'accaduto dimostra che l'Intifada non è affatto destinata ad esaurirsi». Secondo Hamada Jaber non è escluso che una o più fazioni palestinesi siano dietro gli ultimi attacchi, incluso quello di domenica scorsa quando un poliziotto dell'Anp ha aperto il fuoco e ferito tre soldati al posto di blocco di Bet El (Ramallah). «Leggiamo sui social che i tre giovani intendevano vendicare un loro amico ucciso dagli israeliani ad un posto di blocco. È possibile ma a mio avviso l'attacco (di ieri a Gerusalemme) è stato pianificato. Per tre ragazzi che venivano dalla lontana Jenin, senza permesso, non era facile entrare in città armati superando posti di blocco e controlli israeliani», spiega Jaber «In ogni caso — conclude l'analista - chiunque sia dietro questa azione armata non la rivendicherà, per non essere bersaglio della reazione delle forze di sicurezza di Israele e dell'Anp».

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